07.03.2017 Alla fine, saranno solo applausi.

Condividi su

Se pensate davvero di leggere queste righe, sappiate che ci troverete dentro solo retorica.
Perciò fermatevi, siete ancora in tempo.
Altrimenti sarà la cosa più stucchevole e vomitevole che abbiate mai letto in vita vostra.
Più andrete avanti, più sarà peggio.
Se non vi piacciono le cazzate che si dicono quando si è innamorati, smettete istantaneamente di leggere.
Era l’ultimo avviso.
Avete deciso di continuare?
Bene.
Allora, da qui in poi, è solo subconscio.
Come dicono Di Caprio e company in “Inception”, parlando dell’ultimo livello di sogno raggiungibile, “laggiù c’è solo subconscio; puro, infinito subconscio”.
Questo è il mio, venuto fuori nelle ore in cui non ho dormito stanotte (come immagino sia successo a quasi tutti i Napoletani sparsi per il mondo).

Io sapete che farei?
Entrerei negli spogliatoi qualche minuto prima della gara.
Starei zitto per un minuto o due, per far avvertire ai giocatori l’attesa che si respira lì fuori, l’incredibile atmosfera creatasi per una partita di calcio che non è soltanto una partita di calcio.
Poi gli parlerei, ai calciatori del Napoli.
Gli direi che la maglia che portano addosso non è una maglia qualsiasi; rappresenta un popolo intero, rappresenta un legame con la città che non esiste da nessun’altra parte.
È per questo che ci odiano tutti.
È perché ci invidiano.
Loro non lo sanno che vuol dire stare così.
Gli altri tifano per le squadre di calcio come se fossero soltanto squadre di calcio, e le sostengono da 400, 500, 600 km di distanza.
Noi no.
Noi siamo la maglia del Napoli.
La maglia del Napoli siamo noi.
Questo gli direi, sì.
Continuerei, poi, parlando di un ragazzo che giocava, una volta, nella squadra che ci troveremo di fronte di lì a poco.
Già si vedeva che aveva le potenzialità e i piedi per fare qualsiasi cosa.
Un giorno, poi, è arrivato da noi.
Per lottare con i deboli contro il calcio dei potenti, contro il “palazzo”.
Ha fatto il record di gol in serie A, l’ha fatto con una rovesciata senza criterio in una notte di quelle che non si dimenticano.
Però non abbiamo vinto.
Abbiamo perso, e lui all’epoca si lamentava del “palazzo”.
Da lì, il buio.
Il ragazzo passa dalla parte del nemico, ci volta le spalle e va a giocare con i potenti, proprio con quel “palazzo” che tanto odiava.
E viene da pensare che l’abbia fatto con la consapevolezza che le favole non esistono, che il calcio dei deboli rimarrà sempre dei deboli, che non c’è modo di sovvertire le cose.
Non c’è possibilità di sognare.
Nessun rancore per quel ragazzo, non stasera perlomeno.
Stasera pensiamo a noi, soltanto a noi.
A dimostrare a noi stessi che le favole esistono.
Che siamo un popolo martoriato dalla storia e che la nostra squadra ci rappresenta in pieno in tutte le nostre contraddizioni, nei martiri che abbiamo subìto, nei voli pindarici che abbiamo provato a fare, ma che nessuno può toglierci il diritto di credere in qualcosa che vada oltre i soliti schemi.
La storia ci dice che siamo condannati, che non abbiamo speranze.
Ma, insieme, cari ragazzi, possiamo fare tutto.
Insieme possiamo dimostrare a quel ragazzo che si è sbagliato, che non sempre vince chi è più forte con i denari, ma a volte ha la meglio chi è più forte col cuore.
E il nostro batte forte.
Batte da sempre, in attesa di momenti come questi.
In attesa delle nostre rivincite, della realizzazione di tutti i nostri sogni.
Sono passati anni e anni e anni (qualcuno dirà circa 150) da quando ci hanno spiattellato in faccia una verità che noi facciamo fatica ad accettare, e cioè che la storia la fanno i vincitori.
I potenti.
Sarà così o no, non importa.
L’unica verità che conosco, che dobbiamo conoscere, è che nessuno ci ha mai regalato nulla nella nostra storia.
E nessuno ci regalerà mai niente.
Nessuno può regalarci questa storia, se non noi stessi.
Perciò prendiamocela, ora!
Sentite l’urlo della folla.
Tirate fuori gli occhi della tigre.
Combattete.
Alla fine, saranno solo applausi.
Forza ragazzi!

Sì, lo so.
Il mio subconscio fa schifo.
Però tifa Napoli.

Sono un ingegnere aerospaziale di 28 anni, appassionato di lettura, viaggi e malato del Napoli e di Napoli. La passione per la scrittura e per i viaggi mi ha permesso di aprire la mente, di non avere pregiudizi, di considerare la vita in maniera non convenzionale, e di immaginarla come un immenso viaggio tra le culture di ogni parte del mondo.