C’era una volta il VAR

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Il minuto che può cambiare la storia del campionato non è l’ultimo di Lazio-Juventus, bensì è il sessantatré quando il difensore bianconero Benatia, con un intervento da karate, abbatte il centrocampista avversario Leiva. A occhio nudo, il fallo sembra macroscopico. Non ci sarebbe nemmeno la necessità di consultare lo strumento elettronico per ottenere un verdetto inappellabile. Al contrario, l’arbitro della partita, il livornese Luca Banti, sorvola sull’azione senza neppure consultarsi con il suo collega addetto al VAR. Insomma, Banti, che era in ottima posizione per giudicare, non ritiene di sanzionare l’entrata di Benatia e ne è così convinto da assumersi una responsabilità enorme. Naturalmente, le immagini censurano in maniera pesante l’operato del direttore di gara. Non c’è nessun dubbio, al di là della prudenza dispensata con la consueta riverenza nei salottini televisivi nazionali: era rigore chiaro, netto, indiscutibile.

Ora, al di là dell’incidenza – pure notevole – che ha avuto l’episodio sull’esito della partita, quello che dovrebbe indurre a una riflessione seria è il dato politico: praticamente, nel girone di ritorno, sono stati neutralizzati gli effetti del VAR. Quello dell’Olimpico non è il primo episodio che lascia perplessi circa l’uso discrezionale del supporto televisivo e la sostanziale impunità concessa a interventi che avrebbero meritato di essere sanzionati. Era già successo a Cagliari, a Firenze e nel derby di Torino. Il comune denominatore (ma sarà semplicemente una sfortunata coincidenza) è sempre la Juventus che ha beneficiato di diverse decisioni favorevoli.

Tuttavia, oggi, alla luce dei fatti, non si può non ripensare al fastidio espresso all’inizio del campionato da autorevoli rappresentanti del club bianconero. Era il 26 agosto, quando Buffon, capitano della Juventus e della Nazionale, liquidò il VAR palesando tutta la sua avversione: non mi piace, sembra di giocare a pallanuoto. Più che altro, il calcio potrebbe assomigliare al football americano nel quale il supporto tecnologico viene utilizzato in maniera impeccabile e non lascia adito a recriminazioni. Avrebbe potuto citare anche il tennis ma la pallanuoto non c’entrava proprio nulla. Eppure al di là della frase a effetto su cui si sono poi soffermati i titolisti, il compagno di Ilaria D’Amico aveva detto qualcosa di molto più interessante che, alla luce di quanto sta accadendo, contiene qualcosa di profetico: Quando gli arbitri riusciranno ad adoperarlo con parsimonia e a calibrarne l’uso, secondo me sarà un ottimo ausilio. In questo momento, sicuramente ci sta che faccia fare meno errori, anche se poi non è così in fondo in fondo. Ma si perdono due cose. La valutazione dell’arbitro e la sensibilità che ha un arbitro nel gestire la gara perché chiaramente ogni contatto in area non significa che sia rigore, come potrebbe essere dalle fredde immagini.

La valutazione e la sensibilità dell’arbitro, dice Buffon. Tradotto: meglio la discrezionalità che l’aiuto della tecnologia. Dopo Bergamo, eravamo nel mese di ottobre, l’allenatore della Juventus, Allegri (livornese come Banti ma pure questa è solo un’altra coincidenza), rincara la dose: Se vogliamo far diventare il calcio uno sport che non è più sport, usiamo la VAR anche sugli episodi soggettivi. Il fatto è che la VAR andrebbe usata solo negli episodi oggettivi: se un fallo è dentro o fuori area, se era fuorigioco e cose simili. Per il bene del calcio, bisogna pensarci (per il bene del calcio?).Insomma, Allegri fa una distinzione importante tra episodi, a suo dire, oggettivi ai quali si potrebbe applicare il VAR e episodi soggettivi (la cui casistica diventa davvero aleatoria) rispetto ai quali non si può che lasciare la decisione alla valutazione (e alla “sensibilità”) dell’arbitro in campo.

Insomma, il pensiero bianconero è così chiaro che non c’è bisogno di interpretazioni o ulteriori commenti. Resta solo da registrare un’ultima coincidenza: la classe arbitrale, preoccupata di recuperare la discrezionalità sulle decisioni controverse, ha in qualche modo depotenziato lo strumento tecnologico (utilizzato in maniera rigorosa, peraltro, durante alcune partite del Napoli per misurare i millimetri più che i centimetri – altra coincidenza?), proprio come invocato da Buffon prima e Allegri poi.

Così, mentre la Fifa annuncia trionfalmente che ai prossimi mondiali sarà utilizzato il VAR, in serie A la tanto invocata “moviola in campo” è considerata un fastidio, qualcosa di “disumano”, uno strumento potenzialmente rivoluzionario che, secondo una logica orwelliana, va messo sotto controllo, eliminandone la pericolosità e rendendolo di fatto innocuo. Resta solo da chiedersi: a chi giova tutto questo?

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.