Divorziare con stile, l’ultimo lavoro di Diego De Silva. Solidità di pensiero, vitalità e leggerezza.

Condividi su

di Daniela Di Palma

Ascoltare Diego De Silva in intervista ribadisce quel senso di solidità del pensiero e al tempo stesso di vitalità e leggerezza che traspare normalmente dai suoi racconti e che rinnova la naturale simpatia che provi per i personaggi che hai imparato a conoscere perché decisamente l’ autore è travolgente nella simpatia come nella capacità di trascinarti a riflettere su tutto ,anche nel giro di un’ ora e mezza .

A presentare “ Divorziare con stile”, tono pacato, paziente, senza sbavature, scorrevole nel pensiero come nelle parole, dritto al punto pur divagando piacevolmente qua e là come spesso accade nei suoi romanzi. Segui il filo senza perdere un tratto e ti interrompi solo a sorridere o a riflettere e partecipare emotivamente al fluire solido del suo pensiero. Non ti aspetti che ti darà conto alla fine della presentazione e invece poi succede che guarda in faccia tutti i suoi lettori uno ad uno mostrando considerazione e disponibilità a capire cosa ognuno si aspetta in quel momento e quale piccola soddisfazione vorrebbe trarre dall’ incontro che ha realizzato con l’ autore che finalmente si è materializzato.

Quando mi avvicino per la dedica e scambio qualche battuta, mi accorgo che ha scritto ‘ A Donatella’ e anche che un attimo dopo rimedia al malinteso con una simpatica postilla che arricchisce la mia dedica di una fortunata attenzione in più per il lettore! Questo momento di incontro col lettore si svolge un po’ come avviene nella genesi dei suoi romanzi : non c’ è un progetto iniziale , tutto segue un corso inaspettato, il gesto della scrittura diventa un atto di rivelazione di sè a se stesso , i pensieri si chiarificano , diventano solidi e, come dice lui stesso, ‘ scrivo per scoprire come la penso, non so mai dove andrò a finire ma seguo questo atto liberatorio e, alla fine, devo restare anche colpito da quello che scopro’.

La straordinarietà della scrittura, sento, sta in questo senso estremo di libertà di decidere la forma e il senso che avrà la tua pagina vuota , quella che alla fine asseconda compiutamente solo il tuo slancio soggettivo con pochissime regole e tantissima passione. In questo nuovo romanzo, quello che colpisce come sempre è lo stile,  la dialettica pronta e onesta senza mezzi termini e diretta che si perde nelle divagazioni descrittive,attratta com’ è  dai dettagli insignificanti che assumono agli occhi del lettore una amplificazione inaspettata.

Dettagli dai quali la voce narrante sembra trascinata suo malgrado ( “ E comunque non era dei tassisti che volevo parlare….”) e che suo malgrado asseconda con grande naturalezza come se fosse l’ unica via possibile. Si realizza ancora una volta l’ effetto di un lungo flusso di coscienza dove tuttavia il personaggio narratore fa continui espliciti riferimenti all’ atto stesso della narrazione  dando per scontato che stia interagendo con qualcuno che  ascolta seduto, che chiede di continuo e di continuo  ha bisogno di chiarimenti. Tale dialogo serrato col lettore contiene stralci esilaranti di una ironia quasi imbarazzante ( “ Dovrei saper trattare lo sporco senza macchiarmi – che metafora, dite la verità “).

Non è nuovo di De Silva ridurre al minimo i fatti perché preponderante è lo sciame di impressioni espresse d’ istinto da Vincenzo  Malinconico che prendono il sopravvento su un plot che si riesce a  riagganciare solo dopo decine di pagine scorse tra vicoli secondari…come se tutto il racconto più che una storia fosse in realtà un lungo punto di vista. Il protagonista sembra realizzare lo stesso percorso dell’ autore : mentre vive cerca di capire come la pensa e per questo motivo si perde in divagazioni filosofiche non richieste da nessuno e che lui sciorina da solo ragionando a voce alta con se stesso. Analizza benissimo i problemi senza risolverli e ci illumina con passaggi significativi mentre ci strappa molte sane risate.

In questo ultimo lavoro Malinconico e la sua voce si imbattono in sole due situazioni : il risarcimento del naso di suo zio andato a sbattere contro il  vetro di un tabaccaio e la causa di separazione della bellissima Veronica Starace da suo marito Ugo accusata di tradimento virtuale tramite messaggi. L’ avvocato , anche lui da anni nella grande famiglia dei separati, sarà coinvolto più del previsto in questa vicenda ostentando un atteggiamento di indifferenza e distacco nei confronti della smaliziata e sensuale signora Tarallo.

E separati sono pure tutti i vecchi compagni di classe riuniti per la tipica rimpatriata in uno psicodramma collettivo dai toni esilaranti. Insomma poco succede fuori perché tutta  la narrazione si condensa nei racconti infiniti che la mente di Malinconico tesse e ricava dagli eventi stessi suggerendoci semplicemente che la vita è fatta di separazioni ricorrenti e che lo stile di separarci dalle cose ci aiuta a capire veramente chi siamo.

Questa alla fine è la prospettiva che emerge, una trama poco ricca lascia il posto all’ occhio gettato sulla realtà, sui dettagli insignificanti,sui gesti degli uomini nelle situazioni cui mai sogneremmo di dare un nome o di materializzare in un contenitore descrittivo come fa l’autore. Ed è questo che fa anche la letteratura , come spiega De Silva, ti mette davanti a te stesso, a degli aspetti reali della tua vita e a ciò che sai di te ma che non sapevi come dire prima di leggere. La soddisfazione che un lettore ha alla fine di una buona lettura sta nel fatto che quel racconto ha dato un nome alle cose, ha legittimato un’ esperienza che era dentro di noi e stava lì depositata e in silenzio, e, averla trovata in un testo,è come se ci liberasse dal ‘ senso di colpa di non saperla raccontare’. Il lettore alla fine cerca un libro che gli parli non un infingimento stilistico, leggiamo per sapere di noi per ritrovare aspetti che ci appartengono e che non sappiamo di poter raccontare.

Quando succede questo, sentiamo di non essere più soli ma di essere parte di una comunità che condivide impressioni mentre, contemporaneamente, abbiamo la sensazione di vivere molte vite attraverso quelle percepite dai personaggi di una storia. In fin dei conti quello cui aspiriamo quando ci accingiamo alla lettura di una storia è la verità, il riverbero della nostra coscienza che si scuote nella riflessione, nella risata, nell’ emozione, nel dire “ sì,volevo dire proprio questo”oppure “ si, è vero…adesso che ci penso”oppure ancora “ non ci avevo ancora pensato, ma è così “. Alla fine, io credo, la lettura come evasione è soltanto un pretesto perché quello cui aneliamo veramente  è rimanere proprio nel nostro mondo, piccolo e senza fronzoli, è quel momento fatale di impatto con noi stessi mentre trasudiamo di nuda e cruda realtà, è ascoltare la voce fuori campo che dà suono alla nostra e ce la consegna chiarificando molte cose che ci siamo impigriti a pensare da soli.

Il "Domenicale News" fondato e diretto da Pasquale D'Anna nel 2011, nasce dall'idea e dai bisogni di un gruppo di persone che attraverso il giornale e l'Associazione culturale Kasauri, editrice dello stesso, concretizzano la voglia e l'aspirazione di un desiderio di informazione libera, indipendente e generalista. Resta immutata la volontà di rivolgerci ad un pubblico che dalle idee è incuriosito perchè "Il Domenicale" è soprattutto frutto di una idea.