“E che mi frega a me, che so’ Pasquale io!”

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di Pasquale Di Fenzo

I genitori che impongono questo nome ai loro figli dovrebbero essere avvertiti come si fa coi delinquenti all’atto dell’arresto: “Ogni parola potrà essere usata contro di voi”, Spesso Pasquale viene imposto a un bambino per perseguire una tradizione famigliare, l’usanza di “suppontare” il nome del nonno al nipote maschio.

Altrimenti perché diavolo un genitore dovrebbe mai rovinare l’esistenza al nascituro chiamandolo Pasquale, uno dei fardelli più difficili da portare. Specialmente a Napoli. Oscar Wilde ci aveva informati sull’importanza di chiamarsi Ernesto. Io molto più modestamente vi vorrei dettagliare sulle difficoltà che dobbiamo sopportare noi che ci chiamiamo, molto più prosaicamente e umilmente, Pasquale.

Fin da bambini ci sentiamo dire che ‘e Pascale so’ tutti fessi. E non è che te lo sbattono in faccia in modo che tu possa in qualche modo reagire. No, te lo porgono sotto forma di innocente domanda: “Pasca’,  ma è overo ca ‘e Pascale so’ tutti fessi?”. E non ti puoi nemmeno appellare al quinto emendamento, come immagino facciano i colleghi Pasquali che vivono in America. A Napoli ti puoi solo avvalere della facoltà di non rispondere, sennò qualsiasi cosa tu dica rischi di aggravare la tua posizione. Quando cominci a crescere poi, senti dire che “quindici Pasquali e quindici Nicola non furono cazzi di cacare il cazzo al sindaco di Nola”. Che significa? Mi immagino questo povero Cristo di amministratore locale che magari nel bel mezzo di un’importante riunione di giunta si senta avvertire dal suo solerte segretario: “Sindaco, ci stanno giù al Municipio i soliti trenta coglioni che vorrebbero tentare di cacarla il cazzo. Che faccio li faccio passare?”.

E mica è finita qui. Se pensate che i luoghi comuni sul nostro nome siano esauriti vi sbagliate. E di grosso. Il bello deve ancora venire. In età ormai avanzata, non manca mai il tipo spiritoso che vi mette la mano sull’addome, ma guarda invece verso i paesi bassi e vi apostrofa: “Don Pasca’ fa acqua ‘a pippa!”. Vorresti rispondere che la tua pippa tira ancora e pure bene, e se ha una sorella giovane, magari potresti pure dare una dimostrazione pratica. A lei naturalmente, non a lui. Ma rischi di passare per scontroso e ti limiti ad ammiccare, mentre avresti voluto volentieri dargli un morso dietro la nuca. Rimuovi la sua mano dalla tua pancia, prendendola con due dita ed allontanandola delicatamente ma con malcelato sdegno, mentre avresti usato volentieri i morsetti a pinza di un caricabatteria, non prima di aver collegato l’altra estremità appunto a una batteria di tremila volts. “Se Napoli se ne cade, la mantengono i Gennari ed i Pasquali”.

Ma perché cazzo dovremmo sottoporci a questo sforzo improbo? Chi è morto e l’ha rimasto detto? Anche se siamo in molti, e tale immane fatica sarebbe comunque divisa tra tanta gente. Approfitto dell’occasione per esprimere tutta la mia solidarietà anche ai Gennari. Ricordo che una volta, mentre lasciavamo lo stadio, una marea di gente si avviava in un’unica direzione verso l’uscita. Qualcuno da dietro gridò: “PASCA’!!!” Chissà chi cercava quel tizio, non l’ho mai saputo. So solo che contemporaneamente circa tremila di noi girammo la testa per vedere chi ci aveva chiamato. Secondo l’assioma che ci perseguita fin da bambini, si trattava di tremila fessi. Comunque per la cronaca, il fesso che cercava quell’anonimo urlatore alle nostre spalle, non ero io. “E che so’ Pasquale, io?”.

Pure Totò ci si è messo contro di noi! Dio non voglia poi che i vostri genitori, dopo avervi appioppato questo fardello, nel tentativo vano di indorare la pillola, volessero in qualche modo porre  rimedio che risulterebbe sicuramente peggiore del male. Paki? Più adatto a un cane, preferirei appunto essere chiamato con un fischio. Paquino? Sa di pomodoro. Paquito? Se qualcuno vi chiama al bar rischia che il cameriere gli porti un superalcolico tropicale..Mo però mi raccomando, se avete qualche amico che si chiami Pasquale, (e non potete non averne) cercate almeno voi di non infierire, visto che avete dimostrata estrema pazienza e solidarietà arrivando fino in fondo a questo mio  sbariamiento.
Di Fenzo orgogliosamente Pasquale

Pasquale Di Fenzo, PDF per gli amici, tifoso di Napoli prima che del Napoli. Non lesina critiche a Napoli e al Napoli, ma va “in freva” se qualcuno critica Napoli e il Napoli. Pensa di scrivere, ma il più delle volte sbarèa. L’obiettività è la sua dote migliore. Se il Napoli perde è colpa dell’arbitro. O della sfortuna. Sempre. Se vince lo ha meritato. Ha fatto sua una frase di Vujadin Boskov, apportando però una piccola aggiunta: “è rigore quando arbitro fischia, a favore del Napoli”. E’ ossessionato da Michu che, solo davanti alla porta del Bilbao passa la palla ad Hamsik invece di tirare in porta. Si sveglia di notte in un bagno di sudore gridando “Tira! Tira!”.