Eroi nel Paese della Mafia

Condividi su

di Maria Rusolo

Eroi nel Paese della mafia di Luigi Anzalone edizione Pensa

Storie Italiane: Impastato, Ambrosoli, Falcone e Borsellino, Don Puglisi.

Eroi nel Paese della mafia, è un titolo emblematico e forte. E’ come se si volesse con durezza dire a chi legge, a chi guarda la copertina, l’Italia nella sua storia è stata ed è un paese Mafioso, e non possiamo più fare finta di nulla, non possiamo voltare le spalle dinanzi dalla crisi endemica che ha divorato lo scheletro politico, civile e sociale della nostra Nazione. Non è un dato geografico ne limitato ad un’area specifica del Paese e del Mondo, o non si può ridurre tutto al Mezzogiorno, seppure la Questione meridionale deve essere al centro di qualsiasi discussione politica che voglia intraprendersi oggi nei partiti. E non è solo un fattore storico, o sociologico, che affonda le sue origini nella notte dei tempi, è molto di più!!

 E’ come la Politica e lo Stato decidono di affrontare le questioni centrali della nostra economia materiale: occupazione, investimenti, bonifiche, tutele del territorio, recupero delle periferie, scuola e servizi e la nostra economia immateriale: diffusione della educazione, e della cultura della legalità, arte e bellezza. E’ possibile ricostruire il nostro Paese, il racconto di Anzalone, è in tal senso un grido di dolore ma denso e carico di speranze, dell’uomo che ha vissuto e partecipato ai processi, ma che ha sempre come punto di riferimento preciso l’opera di Moro e di Berlinguer.

E’ chi sa bene che non è più rinviabile la discussione sulla Questione Morale, nel nostro partito e nel nostro Paese. L’Italia deve sentire l’appartenenza fortissima alla Comunità Europea con i suoi valori di solidarietà, di crescita umana e sociale e di accoglienza, uscendo dalle politiche dell’austerity che ci consegnano classi sociali sempre più povere, ci restituiscono emarginati, che sono manovalanza della criminalità organizzata. Le mafie si nutrono di povertà, di ignoranza, di abbandono scolastico, di giovani persi e privi di sogni e di speranze. La bellezza e la cultura possono essere vie di fuga, lo aveva capito bene Don Pino Puglisi, che in un quartiere completamente ostaggio della mafia, e dei clan aveva capito che bisognava ripartire dai giovani, occuparsi di questi, sottraendoli ai tentacoli della piovra, affidando ad essi le chiavi del proprio futuro.

E che attese la sua morte, accogliendo il killer che lo freddò con  il sorriso sulle labbra. Accettare il proprio destino senza scappare, continuando il percorso per cui si era nati. Il racconto di eroi parte dalla vita e dalla tragica morte di un giovane, come me e come noi, Peppino Impastato, che in un piccolo paese della Sicilia ostaggio della Mafia, decise di sfuggire alle logiche in cui era cresciuto e che aveva vissuto per poter diventare un trafficante di parole, e di idee, come qualcuno lo ha definito. Era un ragazzo qualunque a cui piaceva scrivere, leggere ed ascoltare musica, che dinanzi ad una storia così complessa e corrotta, non sentì l’esigenza di voltarsi dall’altra parte, ma al contrario pensò fosse giusto offrire un nuovo modo di vivere e di sognare, di sperare che quella terra poteva vivere oltre le ruberie, e le logiche della Famiglia e delle cosche.

Pensò che in fondo il vento della rivolta non lo si può trattenere nelle mani e che quando arriva prima o poi cresce e travolge tutto con una forza inaudita. Pensò che la lotta parte dalla difesa degli ultimi, degli oppressi, da quelli che non hanno voce e che la Mafia e la Criminalità organizzata, fagocitano, divorano e sputano. La lotta accanto ai contadini in occasione dell’esproprio delle terre per la costruzione dell’Aereoporto, nasce e si  sviluppa in questa direzione. Reagiva a quella visione che mirabilmente Tomasi di Lampedusa aveva descritto nel suo Gattopardo, Cambiare tutto per non cambiare nulla. Reagiva alla logica dell’estetica e dell’apparenza, in fondo la Mafia ha dimostrato grazie alla Politica che può anche essere molto altro oltre le stragi e gli omicidi, ed in questo ha saputo fare un salto di qualità rispetto alla Camorra.

E la voce di Peppino correva libera nell’etere con la sua Radio, libera e fastidiosa. Perché gli uomini liberi, quelli che come lui o come Don Peppino Puglisi non hanno paura della morte, sorridono come il prete di Brancaccio dinanzi ad essa spaventano, terrorizzano, perché li puoi uccidere, ma avranno con il loro operato creato un solco profondo che avrà pero bisogno di braccia forti cha arino e possano seminare speranze. Il racconto del Professore Anzalone ha questo merito, non racconta solo vite esemplari, uomini che sono passati alla storia per il coraggio, per la competenza, per l’essere giganti in un’epoca di nani e ballerine, no ha a mio avviso un altro merito molto più importante: spinge all’emulazione, innesta nelle vene di chi legge il seme della speranza, della possibilità, ci mette dinanzi al nostro futuro con la faccia e gli occhi aperti, ci chiede cosa vogliamo fare e che tipo di cammino vogliamo percorrere e con quali forze e con quali modalità. Lascia a noi la scelta se essere ignavi e corresponsabili di quanto accade o se rimboccarci le maniche ed avviare un cammino, che a me a dirla tutta sembra inesorabile.

Lo scenario descritto nell’opera del Professore Anzalone turba, sino alle lacrime, leggere le pagine su Ambrosoli, le parole contenute nella lettera alla moglie, presagio di un destino infausto, spezza il cuore e le vene, ma la malinconia lascia subito il posto alla rabbia, ad una rabbia che però non può più essere solo furia rivoluzionaria, ma che deve essere energia incanalata e finalizzata  a mutare lo scenario che viviamo nel nostro Paese. Il libro è una occasione importante per riflettere sulla necessità di recuperare uno spirito di appartenenza, il senso civico, il rispetto della legalità come baluardo, nella collettività, e nelle formazioni sociali ove quotidianamente operiamo e realizziamo la nostra personalità. Un’occasione che non possiamo perdere e, da cui non possiamo scappare, schiacciati dalle nostre paure e dalle storture di un sistema, a tratti criminale che ci sembra insormontabile. Lo dobbiamo a noi stessi ed alle future generazioni che sognano un Paese Moderno, libero, ed Europeo, in cui saremo riconosciuti come Patria del diritto e della legalità, della bellezza e dell’accoglienza. Non ci resta che spezzare le catene che ci tengono ostaggi da troppo tempo e diventare tutti insieme ”EROI DEL QUOTIDIANO”.foto2

Il "Domenicale News" fondato e diretto da Pasquale D'Anna nel 2011, nasce dall'idea e dai bisogni di un gruppo di persone che attraverso il giornale e l'Associazione culturale Kasauri, editrice dello stesso, concretizzano la voglia e l'aspirazione di un desiderio di informazione libera, indipendente e generalista. Resta immutata la volontà di rivolgerci ad un pubblico che dalle idee è incuriosito perchè "Il Domenicale" è soprattutto frutto di una idea.