Giornalismo: da dove viene? E dove sta andando?

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Chi sceglie questa strada lo fa per passione. Chi sogna di diventare o è già diventato un giornalista è mosso da un’irrefrenabile voglia di spiegare alla gente qualcosa che prima non sapeva o, in caso contrario, di spiegargliela meglio: «Il giornalismo consiste principalmente nel dire che “Lord Jones è morto” a persone che non hanno mai saputo che Lord Jones fosse vivo», così sintetizzava perfettamente verso la fine dell’Ottocento lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton.


Il giornalismo contemporaneo si trova anch’esso all’interno di quel turbine provocato dalla rivoluzione tecnologica attualmente in atto e come molti altri settori ne uscirà strutturalmente trasformato. Web, blog, digitalizzazione, interazione, condivisione istantanea: il giornalista del presente assomiglia sempre meno alla classica figura seduta davanti ad una macchina da scrivere col posacenere pieno di cicche, che fino a ieri aveva avuto essenzialmente un ruolo di ricerca, di scelta e di mediazione delle notizie,e che oggi, invece,ha la possibilità di ritagliarsiun nuovo ruolo nell’organizzazione dell’informazione,nella ricerca e nell’assemblaggio di informazioni difficilida raggiungere in tempi rapidi e, infine, nella gestionedel dialogo col lettore. Il suo ruolo si rovescia: non piùofferta di un servizio giornalistico alla rete, bensì offertadell’informazione della rete al suo lettore, al cittadinodella sua area diffusionale.

L’anno della svolta fu il 1992, quando negli Stati Uniti alcune piccole testate decisero di pubblicare i propri articoli sul web al fine di ottenere maggiore visibilità: era nato il giornalismo on-line. I principali giornali internazionali arrivarono in rete l’anno successivo non riscuotendo però, in un primo momento, successo. In Italia la prima testata a farlo fu L’Unione Sarda nel 1994. Col passare degli anni, giocoforza, ogni redazione ha dovuto pian piano adeguarsi, arrivando all’attuale situazione che ormai vede la maggioranza dell’utenza preferire le versioni digitali a quelle cartacee. Il sociologo statunitense Philip Meyer ha pronosticato che entro il 2043 le prime avranno completamente rimpiazzato le seconde.

Poter sfogliare le pagine di un giornale direttamente dal proprio telefono: un’azione che ormai fa parte sempre più del nostro quotidiano ma inconcepibilea immaginarsi solo pochi anni fa. Ma come si è arrivati a tutto questo? Ecco, adesso vi annoierò con un po’ di storia del giornalismo.

I primi esempi di diffusione pubblica di eventi politici e sociali si possono riscontrare già all’epoca dell’antica Roma: a partire dal 59 a.C. sotto Giulio Cesare nascono, infatti, gli “acta diurna”, gli antenati dei primi giornali; all’epoca erano scolpiti a mano su delle pietre bianche da parte degli “actuarii”, ovvero dei giornalisti incaricati dal Senato col compito di raccogliere e riferire i fatti sulle notizie politiche, processi, matrimoni, decessi, ecc.

Ovviamente, la vera e propria storia del giornalismo inizia nel 1447, quando il tedesco Johann Gutenberg inventò la moderna stampa. Fino al Quattrocento le notizie venivano scritte da monaci e cronisti; con la diffusione della stampa si manifestarono invece i prodromi di una vera e propria cultura della notizia: nel XVI secolo a Venezia si diffusero i “foglia avvisi”, fogli manoscritti di piccolo formato che venivano redatti mensilmente per incarico del governo; oltre ad essere distribuiti in città (al prezzo di due soldi), alcune copie raggiungevano anche le province marittime della Repubblica Veneta. A Venezia la moneta da due soldi era chiamata la “gaxeta”, da cui il nome “gazzetta”.

Dal Seicento in poi si diffusero le prime gazzette a stampa, con i primi articoli realizzati da professionisti, contenenti notizie commerciali ed economiche. La periodicità però era ancora irregolare e solo il potenziamento del servizio postale poté garantire una maggiore diffusione. Gli abitanti delle province iniziarono ad informarsi sempre più sugli eventi della città e una maggiore domanda significò maggiore offerta: a Lipsia, nel 1660, fece così la sua comparsa il primo quotidiano della storia su cui appariva la seguente dicitura: «Notizie fresche degli affari della guerra e del mondo». Durante il Settecento la stampa si perfezionò sempre di più e in Inghilterra cominciarono a essere redatti i primi giornali serali per garantire un’informazione sempre più completa e aggiornata.

Ed ecco arrivare la Rivoluzione industriale che conferì al giornalismo un decisivo slancio in avanti verso il perfezionamento qualitativo e quantitativo. Il mondo stava cambiando, il popolo cominciava a redimersi e il bisogno d’informazione cresceva a dismisura. Le redazioni avevano sempre più bisogno di notizie fresche per riempire le pagine che i lettori andavano successivamente a ‘divorare’: nacquero così le prime agenzie di notizie; la prima fu fondata nel 1825 a Parigi. Con la seconda metà dell’Ottocento arrivarono anche le prime immagini per corredare quanto riportato nei pezzi.

Si arriva quindi al Novecento e qui evito di tediarvi ulteriormente, più o meno la storia la conoscete un po’ tutti: nuovi media, digitalizzazione, abbattimento delle categorie di spazio e tempo, giornalismo partecipativo, blog, crisi della carta stampata e chi più ne ha più ne metta. Insomma, i nostalgici delle mani sporche d’inchiostro nero dovranno arrendersi: la multimedialità, ormai sempre di più, è la strada da percorrere. Ovviamente i pericoli sono sempre dietro l’angolo e bisogna stare molto attenti a districarsi nella galassia del web al fine di non incappare in bufale,  notizie distorte o di cadere in psicosi infondate che argomenti come terrorismo, epidemie, crisi economica, ecc, possono facilmente generare.

Comunque sia – aldilà dei pericoli – la storia ci sta mettendo a disposizione una grande occasione e sarebbe, quindi, un vero e proprio peccato non sfruttarne pienamente tutte le sue potenzialità,anche perché – come affermato dallo scrittore statunitense John Naisbitt«la nuova forma di potere non è il denaro nella mani di pochi, ma l’informazione nelle mani di molti».

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