Il pianto di un galantuomo

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di Gianluca Spera

C’è qualcuno che porta allo stadio quegli striscioni, non c’entrano i dirigenti della Juve che sono persone eccezionali, ma quello stadio va chiuso“. Le parole di Sandro Mazzola, rotte dalle lacrime di chi non può dimenticare la tragedia che gli ha portato via il padre, sono come un pugno nello stomaco. Risultano così potenti, anche nella loro profonda tenerezza, che provocano rabbia a cui si somma l’indignazione suscitata dal modo in cui quegli striscioni infami sono entrati nello Juventus Stadium, cioè con il beneplacito del responsabile della sicurezza della società bianconera più preoccupato di scongiurare lo sciopero del tifo che “una figura di merda”.

Peraltro, il suo interlocutore era Raffaello Bucci, ultras poi morto suicida e, a quanto pare, confidente dei servizi segreti proprio sugli oscuri rapporti tra la curva juventina e la criminalità calabrese. Insomma, siamo quasi di fronte a un intreccio tra spy story e malaffare se non fosse che la realtà è poco romanzata perché c’è di mezzo una vittima e tanti misteri irrisolti.

Quella che, invece, appare chiarissima è proprio la vicenda degli striscioni indecenti sulla strage di Superga. Forse, dopo la messa in onda della puntata di Report (al di là della prudenza del conduttore della trasmissione e degli “anticorpi” che ha evocato), Mazzola avrà avuto modo di ricredersi sulle responsabilità della dirigenza bianconera in ordine alla presenza in curva di quegli scarabocchi ignobili.

All’epoca, Andrea Agnelli aveva censurato con un tweet “gli striscioni canaglia”. Peccato che oggi quelle parole appaiano del tutto ipocrite visto e considerato che lo stesso D’Angelo, capo della sicurezza, ha ammesso di aver fatto “una porcheria” essendosi attivato per far eludere i controlli e permetterne l’ingresso allo stadio.

Ecco, allora, che più delle intercettazioni imbarazzanti, delle inchieste, delle parole registrate che non si possono più negare, dell’occhio vigile delle telecamere di sicurezza che hanno ripreso l’episodio, è proprio il pianto di un galantuomo come Mazzola a inchiodare ciascuno alle proprie responsabilità. Irridere un dramma come quello di Superga è da mentecatti, roba ideabile solo da gente che ha una discarica abusiva al posto della coscienza.

Come e perché la Juventus, la cui curva ha appena subito una giornata di squalifica per i cori contro Napoli e a favore dell’eruzione del Vesuvio, non riesca a prendere le distanze da questo tifo radioattivo è un enigma. Uno dei tanti di questa brutta storia.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.