Le capitali dell’incultura

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La cosa più fastidiosa del razzismo che impesta la maggior parte degli stadi italiani non è la manifestazione idiota di idee strampalate ma la generale tolleranza e la totale impunità di cui godono i responsabili.

Ieri, a Bergamo, in uno stadio che spesso e volentieri si contraddistingue per questo tipo di episodi, il bersaglio – al di là delle solite litanie su colera e terroni che ormai vengono derubricate come semplici sfottò da stadio – è stato Kalidou Koulibaly, il cui colore della pelle non ha trovato il gradimento degli ultras atalantini. Per cui, nella mente deviata di questi mascalzoni mascherati da tifosi, è stato giusto offenderlo e poi provare a colpirlo con una bottiglietta poi raccolta da Allan e mostrata all’arbitro Orsato.

Sarebbe ridondante e pure superfluo censurare ancora una volta questi atti piuttosto meschini e soprattutto sintomo di evidente analfabetismo culturale. Più che altro, nel silenzio delle televisioni a pagamento (per non parlare della stampa nazionale) che pure sborsano un po’ di quattrini per trasmettere le partite e preferiscono dedicarsi alla geometria durante le interminabili discussioni serali, bisogna constatare come nessuno dei candidati alla poltrona di presidente della Figc abbia sollevato il problema o abbia inserito nel programma elettorale la risoluzione di questa piaga ideologica che, nel resto d’Europa, non sarebbe affatto permessa.

Dall’elegante “scimmie” dedicato ai giocatori del Napoli a Verona fino alla bottiglietta di Bergamo (che tanto ricorda la monetina che colpì Alemao nel 1990), i vertici del calcio hanno deciso ancora una volta di non decidere, di soprassedere, di rassegnarsi a questa colonna sonora stonata e indecente che accompagna il campionato di serie A. Il dramma è che si sono talmente assuefatti all’ascolto che non ci fanno nemmeno più caso.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.