Scene di guerra

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L’immagine del bambino siriano, immobile ed interamente coperto di polvere e sangue dopo il bombardamento della sua città Aleppo, è la scena che, meglio di altre, sintetizza il dramma della guerra, che colpisce sempre i più deboli ed, in particolar modo, vecchi, donne ed appunto il mondo dell’infanzia.

bambinoUno scatto fotografico simile dovrebbe muovere i sentimenti migliori degli esseri umani, visto che la guerra in Siria, come molte altre d’altronde, pur svolgendosi in un posto lontano del Medioriente, interroga tutto l’Occidente, perché entrambi i fronti in combattimento vengono armati, finanziati e foraggiati dai Paesi europei e dagli Stati Uniti d’America, attraverso canali ufficiali e, molto più spesso, per canali non ufficiali.
Siamo tutti responsabili dei crimini, che vengono commessi a molti chilometri di distanza dalle nostre spiagge, dove si sta consumando, invece, il rito conclusivo dell’estate.
Eppure, nonostante i valori di tolleranza e di inclusione, che l’Occidente dovrebbe custodire da secoli, ci dimostriamo sempre più freddi e cinici verso fatti, che colpiscono sia la ragione, che i sentimenti.
Diversamente, ci dimostreremmo molto sensibili, qualora analoghe scene – crude e raccapriccianti – dovessero interessare i nostri Paesi, a dimostrazione di un atteggiamento egoistico, che a volte ci contrassegna in modo fin troppo manifesto.
Ma, così facendo, ignoriamo che i morti di una parte del mondo, ineluttabilmente, determinano i morti dell’altra parte, visto che l’Occidente non sarà mai effettivamente pacificato, se non saranno eliminate le ragioni dell’odio e della violenza in quelle regioni, asiatiche ed africane, dove si muore nell’indifferenza generale da decenni.
Non è un caso se Occidente ed Oriente – e, quindi, le rispettive religioni – conferiscono un valore molto diverso alla vita: per noi, unica e preziosa, mentre altrove è considerata alla stessa stregua di quella di qualsiasi altro animale.
È questo stesso spirito, invero, che induce i giovani musulmani ad immolarsi in nome del loro Dio, dal momento che, nell’ottica islamica, il suicidio-omicidio dà valore ad una vita, altrimenti, fatta solo di stenti e di indicibili sofferenze.
Ma, la vita non è sempre nobile e degna di essere vissuta a pieno?
I bambini orientali hanno diritto a vivere la loro età in modo sereno, così come fanno i nostri figli?
L’umanità, al netto delle differenze razziali, culturali e religiose, non è la stessa?
L’uguaglianza non è un valore che dovrebbe accomunare tutti gli individui di una medesima specie?
Fino a quando la vita o il pianto di un bambino siriano avranno un valore specifico differente da quello di un coetaneo francese o statunitense?
L’umanità su tali quesiti dovrebbe invero interrogarsi, visto che, in tempi di globalizzazione, diventa merce comune non solo il denaro, ma anche il sangue ed il terrore, che ne conseguono, tanto più quando i media immortalano scene, che fanno molto male alla nostra coscienza di padri, figli, educatori.
Quando l’umanità migliorerà, per davvero, sul piano morale e su quello politico?
Forse, quando ogni bambino, orientale ed occidentale, avrà perso la gioia ludica della sua età e sarà divenuto maturo, fin troppo rapidamente e violentemente?

Dirigente scolastico, dapprima nella secondaria di primo grado e, successivamente, nella secondaria di II grado. Gli piace scrivere di scuola, servizi, cultura, attualità, politica. I suoi articoli sono stati già pubblicati da riviste specialistiche, cartacee ed on-line, e da testate, quali: Tecnica della scuola, Tuttoscuola, Edscuola, Ftnews, Contattolab.