TAC spirale, l’ultima frontiera della ricostruzione di immagine mediche

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di Gemma Delle Cave

Nell’immaginario collettivo, parole come “raggi X” e appellativi come “nucleare”, strettamente correlati all’evoluzione tecnologica della diagnostica e della medicina, generano apprensione e diffidenza. In realtà, sebbene radiazioni elettromagnetiche oltre determinate frequenze, chiamate radiazioni ionizzanti, siano dannose dopo esposizioni prolungate, esistono norme di sicurezza che regolano i parametri fisici dei macchinari, per salvaguardare la salute sia dei pazienti che del personale sanitario.

Tra le varie tipologie di esami diagnostici, la TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) con tecnologia a spirale, rappresenta una delle metodologie di ricostruzione delle immagini biomedicali più accurata, grazie a cui si riescono a visualizzare tridimensionalmente i tessuti molli e i vari organi della sezione corporea interessata.

Il fascio di raggi utilizzato risiede nella banda frequenziale dei raggi X ed è generato dal cosiddetto tubo radiogeno, ovvero un’ampolla di vetro sottovuoto sottoposta ad una forte differenza di potenziale, al cui interno sono presenti un catodo e un anodo. Il catodo è percorso da corrente, che per eccitazione termica genera ricombinazione delle coppie lacuna-elettroni nel conduttore, emettendo fotoni, che impattano sull’anodo e producono un fascio di raggi X.

Il paziente è disteso sul lettino porta-paziente all’interno della macchina ed è sottoposto alla radiazione elettromagnetica. Il principio su cui si basa la visualizzazione delle immagini è quello che qualsiasi materiale, compresi i tessuti biologici, assorbono i raggi X secondo una legge che lega l’intensità del fascio con il coefficiente di attenuazione lineare del tessuto, producendo sui rilevatori delle corrispondenti tonalità di grigio.

Nella TAC a spirale, le immagini sono acquisite attraverso una sorgente di raggi X che ruota, concordemente ai rilevatori, attorno al paziente, che allo stesso tempo è spostato linearmente sull’asse perpendicolare alla direzione del fascio, creando un’acquisizione continua dei dati secondo una geometria elicoidale. Successivamente le immagini sono ricostruite attraverso il processo di retroproiezione filtrata, basato sul fatto che ogni pixel visualizzato può essere ricostruito dettagliatamente a partire dalle relative proiezioni sul piano del rilevatore.

In questo modo, si riescono ad ottenere delle rappresentazioni fedeli delle sezioni anatomiche visualizzate, in ogni direzione dello spazio, con velocità di acquisizione molto elevate e dosi di radiazione sempre minori, a vantaggio della salute dei pazienti e della qualità delle diagnosi.

Adora l’arte e i viaggi, cui si dedica appena ho del tempo libero. Parla due lingue, inglese e francese, e sta imparando la terza. Leggere è il suo pane quotidiano: ha una piccola libreria piena di grandi classici, una continua fonte di ispirazione per lei. Dipingere è la sua passione da sempre, tanto che si può dire sia nata con matite e pennelli in mano e non avrebbe mai immaginato che, a breve, sarebbe diventata un ingegnere chimico…