Referendum 8-9 giugno: il valore della partecipazione, oltre ogni schieramento

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di Giosuè Di Palo

A poco meno di un mese dal voto referendario dell’8 e 9 giugno, il dibattito pubblico si accende non tanto sui contenuti dei quesiti, quanto sull’opportunità stessa di recarsi alle urne. A suscitare particolare attenzione sono state le dichiarazioni dell’onorevole Ignazio La Russa, Presidente del Senato, il quale ha affermato apertamente che farà pubblicità affinché i cittadini scelgano di non votare. Una presa di posizione netta, che va oltre la classica distinzione tra il “sì” e il “no”, per spingersi verso una delegittimazione implicita dello strumento referendario stesso.

Al di là delle opinioni personali sui singoli quesiti — sulle quali non è qui il caso di soffermarsi — ciò che merita di essere sottolineato è la centralità del referendum abrogativo nel nostro ordinamento. Si tratta di uno degli strumenti più diretti di partecipazione democratica previsti dalla Costituzione, che consente ai cittadini di incidere su leggi già approvate dal Parlamento. È, in altre parole, un momento di cittadinanza attiva che permette alla società civile di farsi sentire, di manifestare un consenso o un dissenso che va oltre la mera delega elettorale.

Invitare all’astensione non è un gesto neutro: significa di fatto svuotare di senso uno dei pochi spazi in cui il cittadino ha voce diretta sul processo normativo. La soglia del quorum, che impone la partecipazione della metà più uno degli aventi diritto, rende il non voto una strategia politica. Ma non dovrebbe mai diventare una prassi istituzionale. Se persino le più alte cariche dello Stato si fanno promotrici dell’astensione, il rischio è quello di erodere progressivamente la fiducia nelle forme di partecipazione popolare.

Il referendum non è solo uno strumento giuridico, ma un termometro del rapporto tra cittadini e istituzioni. Disertarlo per principio significa accettare una democrazia passiva, dove la politica è prerogativa esclusiva delle élite e il popolo viene chiamato a esprimersi solo quando “conviene”. Partecipare, invece, anche solo per esprimere un dissenso o un’incertezza, è già un modo per rivendicare il proprio ruolo all’interno della Repubblica.

Il voto referendario, pur nei suoi limiti, resta un’occasione preziosa per riaffermare il diritto — e il dovere — di contribuire al destino normativo del Paese. Non importa in quale direzione si scelga di votare: ciò che conta, oggi più che mai, è farlo. Con consapevolezza, spirito critico e senso civico.

La mia maestra alle Elementari diceva sempre la solita frase che a ogni ragazzo, un po’ svogliato e con la testa già proiettata al dopo, si dice: “suo figlio è intelligente, ma non si applica”. Ne ho fatto uno stile di vita. Studente di giurisprudenza presso la Federico II e di recitazione cinematografica in CinemaFiction. Appassionato di scrittura e di cinema. Scrivo opinioni, non richieste, su tutto ciò che a mio avviso merita di essere raccontato e discusso. Perché nella vita ho imparato che è sempre meglio avere un opinione che subire passivamente il corso delle cose.