Brutta malattia l’ingratitudine, la peggiore

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di Christian Sanna

Non voglio che questo articolo finisca davanti ad uno specchio a vantarsi per le belle parole o la fluidità di pensiero. Desidero che questo scritto devasti la coscienza di chi si crede più furbo di altri o si sente immune da forme di umiltà e riconoscenza. L’ argomento che sto per trattare intende riscattare tutte quelle persone che hanno dato tanto a qualcun altro venendo ripagate con l’ingratitudine e l’indifferenza.

È chiaro che il mondo non è popolato solo da ingrati e che nel corso di una vita spesso si incontra gente riconoscente, ma il dato inquietante che più fa riflettere riguarda questa particolarità: ciò che dovrebbe rientrare nell’ordinarietà diventa straordinario, nel senso che è più probabile imbattersi nell’ingratitudine che nella riconoscenza.

Lancio una provocazione: forse è per questo che mediamente l’uomo vive di più rispetto alla maggior parte degli animali. Gli animali non fanno le cose con cattiveria, seguono l’istinto. L’unico animale crudele e spietato è l’uomo a cui evidentemente non basta vivere settanta ottanta o novanta anni per imparare a vivere. Ditemi che se ne fa un cane di una vita così longeva, quando viene al mondo già “imparato” con una capacità d’amare ed un senso di gratitudine congeniti. L’ingrato è uno che ti fa le scarpe alla prima occasione; l’ex disperato a cui hai dato un’opportunità, ma soprattutto la tua fiducia. E lui come ti ricambia? Con l’ipocrisia ed il tradimento.

Forse c’è da capirlo un profilo del genere senza cadere nella giustificazione: spesso si tratta di gente insicura, vissuta all’ombra di qualcun altro probabilmente più geniale e comunicativo. Gli insuccessi, quando non solo analizzati a fondo e compresi, possono generare in taluni un sentimento di rivincita che è più vicino alla rabbia e al risentimento che al riscatto personale.

A nessuno piace perdere o meglio ancora non ho conosciuto qualcuno a cui non interessa avere successo, ma questa smania di arrivismo non deve essere tossica e avvelenare il fegato. Se uno vale davvero ed è consapevole delle proprie qualità tende ad ammirare chi ha talento respingendo i primi assalti dell’invidia. La fortezza resiste a tutti gli attacchi se c’è solidità nella difesa, viceversa si lascia tagliare come burro dalla lama affilata della gelosia.

C’è un proverbio napoletano che calza a pennello Ccà nisciuno è fesso e significa che io gentiluomo, io uomo dal carattere dolce ed altruista non sono stupido, ma ti ho sgamato. Tu non sei più scaltro o più figo, ma semplimente più solo ed infelice, perchè sia chiaro: l’anima nobile ogni cosa capisce e per ogni sfumatura soffre e se talvolta lascia cadere una questione è perchè è stata portata dall’ingrato ad un livello davvero basso.

E quando si sprofonda lo spirito sensibile è animato da uno strano pudore: si vergogna maledettamente per le figure di merda di altri. Chi è ingrato possiede una memoria contemporanea, in poche parole ha la memoria corta: riconosce solo chi nel presente può rappresentare un’utilità per il futuro, esempio: questo mi serve perchè attualmente siede nel consiglio di amministrazione di quell’azienda, quello può essere utile perchè sta in politica e mi può fare un favore. L’ingrato non si muove spinto da reale stima verso colui che ha deciso di “idolatrare” (ci sarebbe un termine più calzante, anzi più intonato), ma si “indigna” per convenienza, ai fini di un tornaconto personale, un premio o una promozione.

Quindi, si può affermare che l’ingrato è anche e forse soprattutto un opportunista che coglie l’occasione della vita e nel momento in cui raggiunge una posizione di rilievo si scorda di chi lo ha aiutato quando in lui non ci credeva nessuno. Non riuscirò mai a capire perchè un gran numero di persone dia tutto per scontato, questa convinzione unita alla superficialità spinge questi soggetti a non credere nel valore del ringraziamento. Per Alfred Painter ” Dire grazie non è solo una questione di buone maniere, ma una questione di buona spiritualità”,  Miguel de Cervantes sosteneva che “L’ingratitudine è figlia della superbia”.

Cosa vuole dimostrare chi è incapace di dire grazie: Sta tentando di dirci che ce l’ha fatta da solo mentendo sapendo di mentire o  semplicemente svela al mondo una cazzimma tenuta troppo tempo repressa? Una volta ad una festa o ad un convegno (non ricordo di preciso) mi lasciai andare ad una frase ad effetto. Volevo fare colpo sulle donne presenti (in fondo è per questo che scrivo, da questo scopo ricavo la mia dottrina per cercare le parole più belle, i pensieri più intensi), la frase era: “Io folle ed estroso Mozart del pensiero, assediato da una moltitudine di Salieri”.

Fui sgraziato nei confronti di Salieri che possedeva una grazia musicale incredibile e fui presuntuoso (almeno non fingo la modestia) paragonandomi a Mozart, ma ad uno che deve fare colpo non si può chiedere di essere monocorde. In fondo l’amore è un bene che tende ad esagerare. “Ho capito che amare significa ringraziare l’altro di esistere”, lo diceva  Alejandro Jodorowsky che in quanto a saggezza e profondità può insegnare ed essere d’esempio.

Questo articolo è per tutti coloro che hanno fatto del bene ed hanno ricevuto indifferenza, ma è anche per chi si è montato la testa o ha dimenticato in fretta, ma voglio chiuderlo con una punta di “romanticismo”, nostalgia ed amarezza sulla coda che non ha un preciso destinatario (non c’è gossip da offrire) e chiunque si può rivedere, magari aiutati da non facili esercizi di onestà intellettuale.

A te che non sapevi fare la lettera O col bicchiere ed ora ti senti scienziato/a.

A te che non credevi in te stesso/a ed allora io ho dovuto credere per due.

A te che ti sei preso le mie idee, le mie intuizioni, i miei meriti. Non li avrei richiesti indietro, ma almeno potevi riconoscermeli.

A te che non avevi mai viaggiato e con me hai scoperto di essere viaggiatrice e non semplice turista.

A te a cui ho regalato tutti i giorni tulipani fuori stagione e l’unico giorno in cui non li ho trovati dopo aver girato diversi negozi mi dicesti: Sei cambiato, non mi pensi più!

A te che ogni volta che ho conseguito un successo un pò ci sei rimasto/a male perchè in fondo speravi in una disfatta.

A te che mi dai con scarsi risultati lezioni (o meglio cerchi di darmi) su come vivere, amare, scopare.

A te che forse è arrivato il momento di dire GRAZIE, perchè non è mai troppo tardi ed ancora ti puoi riscattare.

Provo a descrivermi in una frase, ma è un pò come rinchiudere il mare in un bicchiere. Allora potrei definirmi "Un solitudinista visionario animale sociale ed un cercatore di spiritualità, tutto occhi ed inquietudine, perdutamente innamorato dell'Idea che non è ancora riuscito ad afferrare, col cuore di cristallo. Fregato dai sentimenti". Ritengo superfluo aggiungere i titoli di studio conseguiti, i lavori svolti, gli eventi culturali organizzati e presentati, gli impegni nella politica e nel sociale. E se a qualcuno sta balenando in mente l'idea ( sbagliata) che io possa essere un insopportabile presuntuoso, sappia che è appena caduto nella rete che ho preparato. Io voglio che a parlare per me siano gli articoli; i lettori più attenti ci troveranno frammenti d'anima.