La scoperta in uno studio dell’Ingv: lo strato debole si trova tra i 3 e i 4 km di profondità e potrebbe spiegare il sollevamento del suolo e l’attività sismica
Un recente studio dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), pubblicato sulla rivista scientifica Agu Advances, ha identificato una zona più fragile del previsto nella crosta terrestre sotto la caldera dei Campi Flegrei, una delle aree vulcaniche più attive e complesse d’Europa. Secondo i ricercatori, questo strato debole si trova a una profondità compresa tra i 3 e i 4 chilometri e potrebbe spiegare fenomeni come il sollevamento del suolo e l’attività sismica che, periodicamente, interessano l’area flegrea.
Lo studio, condotto nell’ambito del progetto Love Cf (https://progetti.ingv.it/en/love-cf) finanziato dall’Ingv, nasce da una collaborazione tra l’Ingv, Università di Grenoble Alpes e Università di Bologna, e si basa su analisi approfondite di campioni rocciosi estratti da un pozzo geotermico profondo circa 3 km. I ricercatori hanno utilizzato tecniche avanzate di laboratorio e immagini tridimensionali ad alta risoluzione del sottosuolo fino a 4 km per “osservare” cosa accade sotto i nostri piedi.
“Abbiamo individuato un’importante transizione a circa di 2,5-2,7 km di profondità, dove si osserva un indebolimento degli strati crostali. Al di sotto di questa soglia, la crosta appare più porosa e permeabile del previsto, e quindi meno resistente, favorendo l’accumulo di fluidi magmatici”, spiega Lucia Pappalardo, ricercatrice Ingv e coautrice dello studio. “Questi fluidi, intrappolati, aumentano progressivamente in volume e pressione, innescando – spiega Pappalardo – deformazioni del suolo e attività sismica”.
“Abbiamo individuato un’importante transizione a circa di 2,5-2,7 km di profondità, dove si osserva un indebolimento degli strati crostali. Al di sotto di questa soglia, la crosta appare più porosa e permeabile del previsto, e quindi meno resistente, favorendo l’accumulo di fluidi magmatici”, spiega Lucia Pappalardo, ricercatrice Ingv e coautrice dello studio. “Questi fluidi, intrappolati, aumentano progressivamente in volume e pressione, innescando – spiega Pappalardo – deformazioni del suolo e attività sismica”.
La scoperta conferma quanto sia importante continuare a studiare in profondità il sistema dei Campi Flegrei e mantenere alto il livello di attenzione attraverso un monitoraggio continuo e multidisciplinare. La scoperta conferma quanto sia importante continuare a studiare in profondità il sistema dei Campi Flegrei e mantenere alto il livello di attenzione attraverso un monitoraggio continuo e multidisciplinare.
Agenzia DIRE – La Redazione – 06/05/2025 – www.dire.it