I deltaplani di Hamas dopo 30 anni di accordi falliti: cosa è successo fino a ora tra Israele e i palestinesi

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I deltaplani di Hamas sono atterrati nel deserto del Negev pochi giorni dopo il trentesimo anniversario degli Accordi di Oslo, le intese tra Israele e l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp) che avrebbero potuto favorire la pace in Medio Oriente.

Il 13 settembre scorso la ricorrenza delle firme apposte da Yasser Arafat e da Yitzak Rabin è in realtà passata quasi sotto silenzio: un segno dei tempi, di quello che era stato e soprattutto di quello che sarebbe accaduto, all’alba del 7 ottobre di Israele.

COSA SONO GLI ACCORDI DI OSLO

Messi a punto per un anno con una trattativa segreta in Norvegia, gli Accordi di Oslo furono in realtà siglati a Washington. La foto che li ricorda è stata scattata nel Giardino delle rose: il presidente americano Bill Clinton è al centro, con le braccia aperte ad accogliere da un lato Arafat e dall’altro Rabin.
Sia il capo dell’Olp sia il primo ministro di Israele sembrano far fatica a sorridere. Dopo la fine della Guerra fredda e l’invasione del Kuwait da parte dell’Iraq di Saddam Hussein, Arafat poteva contare meno che in passato sul supporto dei Paesi arabi. Dall’altra parte c’era Rabin, un laburista, che era riuscito a mandare all’opposizione il Likud, partito contrario a ogni tentativo di dialogo fino a punire per legge chi aveva contatti con esponenti dell’Olp.

Gli Accordi di Oslo erano un tentativo di compromesso: si fondavano sull’idea che la pace fosse possibile solo creando accanto a Israele, nato il 14 maggio 1948, uno Stato di Palestina (sia pur esteso su appena il 35 per cento del territorio della Palestina sotto il mandato britannico).
Le intese del 1993 sancivano la nascita dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), incaricata di assumere progressivamente il controllo dell’amministrazione civile e della sicurezza nei Territori occupati da Israele con la guerra del 1967, vale a dire Cisgiordania, Striscia di Gaza e Gerusalemme est: la capitale designata del nuovo Stato. Gli Accordi erano anche il tentativo di far rispettare una risoluzione dell’Onu, che chiedeva da 26 anni il ritiro delle forze di Tel Aviv da quelle regioni.

UN ACCORDO NON RISPETTATO, QUASI DA SUBITO

Le intese non sarebbero state rispettate. I segnali negativi erano peraltro cominciati quasi subito. Nel febbraio 1994, quattro mesi dopo la cerimonia alla Casa Bianca, Baruch Goldstein, un militante religioso emigrato da New York, entrò armato nella moschea della Tomba dei patriarchi, nella città di Hebron: uccise 29 fedeli in preghiera e ne ferì altri 125. Quaranta giorni più tardi, passato il lutto, entrò in azione Hamas, compiendo due attentati. L’organizzazione politico-militare era nata nel 1988 con la promessa di “innalzare la bandiera del jihad di fronte agli oppressori”.

LA SFIDA POLITICA DI HAMAS

Quella di Hamas era in realtà una sfida politica: contestava non solo il diritto all’esistenza di Israele ma anche le scelte dell’Anp e del partito nazionalista Fatah che la guidava.
Pochi mesi dopo, in una piazza di Tel Aviv, fu assassinato Rabin. L’attentato fu compiuto durante una manifestazione in sostegno della pace, contestata dal Likud e dal suo giovane dirigente Benjamin Netanyahu, che due anni dopo sarebbe divenuto per la prima volta capo di governo.

NETANYAHU E IL ‘NO’ AI DUE STATI

L’ostilità nei fatti verso la soluzione dei due Stati ha continuato a essere fino a oggi il segno distintivo delle politiche di Netanyahu e del suo partito. A distinguersi per radicalità di posizioni sono stati negli ultimi mesi due ministri, quello per la Sicurezza nazionale, Itamar Ben-Gvir, e quello delle Finanze, Bezalel Smotrich: entrambi in prima fila nel sostegno all’ampliamento delle colonie israeliane in Cisgiordania, in aree che dovrebbero essere o diventare parte dello Stato di Palestina.

PIÙ PALESTINESI CHE ISRAELIANI

Un po’ di numeri aiutano a capire. Secondo stime Onu, a oltre mezzo secolo dalla guerra del 1967 e dall’inizio dell’occupazione da parte dei militari di Tel Aviv, in Cisgiordania i coloni israeliani sono oltre 475mila. In alcuni casi gli insediamenti sono riconosciuti dall’esercito in modo unilaterale, in altri non lo sono. In entrambi i casi sono protetti dai check-point.
Una situazione ad alta tensione, in una regione del mondo dove vivono due popoli. Lo ha ricordato di recente il primo ministro dell’Anp, Mohammed Shtayyeh: “Per la prima volta dal 1948 nella Palestina storica il numero di palestinesi ha superato quello degli israeliani con un rapporto che è adesso di circa sette milioni e 300mila a sette milioni”.

Agenzia DIRE – 09/10/2023 di Redazione –  www.dire.it

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