I limiti del processo di unificazione europea

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di Rosario Pesce

È indubbio che il processo di unificazione europea accusi dei limiti evidenti.

In primis, la vera unità – quella politica – non si è mai compiuta, visto che gli Stati nazionali si sono ben guardati dal cedere fette di sovranità all’Unione Europea, se non nel ristretto ambito della moneta unica.

E questo dato non può che essere un fattore di freno, che ha contribuito alle sorti – finora – non felici del processo di unificazione monetaria.

Peraltro, non sfugge a nessuno che la Francia ed, in particolare, la Germania del post-crollo del Muro di Berlino hanno interpretato, finora, la parte del leone a detrimento del mondo anglosassone (non è un caso fortuito la Brexit) e dell’Europa del Mediterraneo, che rimane sempre più emarginata, correndo il rischio di divenire parte di un nuovo continente (quello euro-africano) che poco ha in comune con i Paesi che si affacciano sul Mar del Nord.

Invero, mettere insieme gli Stati dell’ex-blocco atlantico con quelli dell’ex-Patto di Varsavia non è stato facile, non solo in termini meramente finanziari, ma solo alcuni Paesi hanno vinto a pieno la loro scommessa.

È il caso, appunto, della Germania: chi visita oggi Berlino, con fatica riesce a distinguere la parte orientale che governavano i Sovietici da quella occidentale che era sotto l’egida degli Stati Uniti d’America, a dimostrazione che, quando entrano in gioco gli interessi tedeschi, le cose si fanno sempre bene.

Ma, quanto è costata agli Europei l’unificazione della Germania?

Quali danni rischia di subire il Sud del nostro continente, visto che per i Tedeschi diviene prevalente l’interesse espansivo verso Est piuttosto che il riallineamento economico dell’Europa mediterranea rispetto agli standard – produttivi e finanziari – di quella del Nord?

Sono questi interrogativi essenziali, sui quali nei prossimi anni il ceto dirigente europeo deve riflettere: costruire, come di fatto sta avvenendo, un’Europa con centralità nordica significa, di fatto, rinunciare al Mediterraneo e, dunque, ad un mondo che – invece – con insistenza bussa alla porta di noi Occidentali.

Forse, si vuole costruire un’Europa a due velocità?

Forse, si vuole rinunciare a Roma, Madrid ed Atene per enfatizzare il ruolo di Parigi e Berlino?

Se questo fosse il progetto, l’Europa sarebbe già giunta al più clamoroso fallimento della sua storia recente, prima ancora di avviarsi lungo il proprio percorso di crescita e di consolidamento politico ed istituzionale.

 

Dirigente scolastico, dapprima nella secondaria di primo grado e, successivamente, nella secondaria di II grado. Gli piace scrivere di scuola, servizi, cultura, attualità, politica. I suoi articoli sono stati già pubblicati da riviste specialistiche, cartacee ed on-line, e da testate, quali: Tecnica della scuola, Tuttoscuola, Edscuola, Ftnews, Contattolab.