Il nostro incubo ricorrente

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di Gianluca Spera

La Champions League per il Napoli è come la fiera delle beffe: ogni anno scopre un modo sempre più crudele per abbandonare la competizione tanto prestigiosa. L’altra sera, ad Anfield Road, più che a una partita di calcio, si è assistito a uno psicodramma collettivo che ha coinvolto sia i pochi fortunati che erano riusciti ad acciuffare il biglietto sia quelli in trepidazione davanti agli schermi. Ha fatto il giro del web la foto del tifoso in lacrime sulle gradinate di Anfield subito dopo il gol di Salah: mancava ancora tanto tempo alla fine della gara ma lui aveva già capito che era in agguato l’ennesima fregatura.

L’11 dicembre, peraltro, non è propriamente una data propizia per la squadra azzurra: nel 2013, il Napoli di Benitez uscì dalla Champions dopo aver totalizzato dodici punti. Quest’anno la storia si è ripetuta e, sul filo di lana, Hamsik e compagni sono stati costretti ad abbandonare il palcoscenico dei sogni che per il Napoli si tramuta in una sorta di incubo ricorrente.

Come dimenticare, il gol fallito da Maggio (o il salvataggio sulla linea di Ashley Cole, dipende dai punti di vista) durante la gara di andata tra Napoli e Chelsea del 2012 cui seguì un rocambolesco ritorno con eliminazione della truppa di Mazzarri ai tempi supplementari.

Corsi e ricorsi, ma anche ricordi brucianti, imprecazioni agli dei del calcio, serate amare che non possono essere giustificate solo da una gigantesca iella. Peraltro, come si sa, la fortuna è alleata degli audaci e forse, in questo senso, tante sessioni di mercato fin troppo prudenti non hanno mai permesso al Napoli di effettuare il salto di qualità che trasforma una grande squadra in una squadra vincente.

Forse il confine fra le due fasi è sottile ma è pur vero che tre indizi fanno più di una prova. Il percorso di crescita del Napoli delaurentisiano è stato esponenziale. Si è partiti dai gironi infernali della serie C e si è diventati un club di vertice. Solo che è sempre mancato il coraggio (o la volontà?) di osare, di sforare il deficit, di investire per poi incassare anche qualche trofeo importante.

Nemmeno uno dei migliori allenatori al mondo come Carlo Ancelotti può fare i miracoli. Si può tenere testa a corazzate come PSG e Liverpool ma poi, a conti fatti, per tagliare il traguardo serve un po’ di qualità in più.

Tra l’altro, De Laurentiis aveva detto prima della partita che non sarebbe stato un dramma uscire dalla Champions, ricalcando le improvvide dichiarazioni di Benitez prima di Bilbao. Ancelotti, invece, aveva dichiarato che sarebbe stato da coglioni essere estromessi. Forse è stato troppo severo, considerata la difficoltà del girone. Probabilmente ha ragione il presidente: non è dramma ma è sicuramente uno shock da cui bisogna prontamente riprendersi. Oltre che un evidente ridimensionamento delle ambizioni stagionali: anche quest’anno ci tocca la coppa di consolazione.

Gianluca Spera, classe 1978. Di professione avvocato da cui trae infinita ispirazione. Scrittore per vocazione e istinto di conservazione. I suoi racconti “Nella tana del topo” e “L’ultima notte dell’anno” sono stati premiati nell’ambito del concorso “Arianna Ziccardi”. Il racconto “Nel ventre del potere” è stato pubblicato all’interno dell’antologia noir “Rosso perfetto-nero perfetto” (edita da Ippiter Edizioni). Autore del romanzo "Delitto di una notte di mezza estate" (Ad est dell'equatore)" Napoletano per affinità, elezione e adozione. Crede che le parole siano l’ultimo baluardo a difesa della libertà e dei diritti. «L'italiano non è l'italiano: è il ragionare», insegnava Sciascia. E’ giunta l’ora di recuperare linguaggio e ingegno. Prima di cadere nel fondo del pozzo dove non c’è più la verità ma solo la definitiva sottomissione alla tirannia della frivolezza.