Il VAR, l’Inter e le rette coincidenti…

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di Pasquale Di Fenzo

Le coincidenze non esistono!
Lo afferma il giallista americano Michael. Connelly in numerosi suoi romanzi.
Quando poi le coincidenze diventano troppe (due negli ultimi tre turni di campionato), allora bisogna cominciare a preoccuparsi. Perché, al netto di tanti, troppi errori arbitrali che si possono definire “normali” e che una corrente di pensiero vorrebbe che alla fine si compensassero, quelli che hanno determinato che l’Inter avesse ben quattro punti in più in classifica, non hanno niente di normale. Ascoltando la registrazione audio intercorsa tra arbitro di campo e VAR nel corso di Torino-Inter, e riguardante il presunto fallo di Ranocchia su Belotti, si sente l’arbitro chiedere:
  • Ha preso la palla? Fammela vedere?
  • Si! ha preso palla. Ti confermo, prima palla e poi piede. Vai!
Ma de che? Le immagini hanno clamorosamente dimostrato che il difensore interista aveva rifilato un calcione all’attaccante granata, e la palla non l’aveva mai nemmeno sfiorata. Immagini nitidissime. Mai in questo caso il VAR non ha neanche ritenuto opportuno intervenire, in barba a qualsiasi protocollo o regolamento. E ci può stare. Come avrebbe detto Benitez.
Ma domenica sera  si è perpetrato un altro episodio, sempre a favore dell’Inter, clamorosamente a danno della Juve. E stavolta non si trattava di stabilire se il difensore avesse toccato prima la palla oppure il piede, né tanto meno valutare l’intensità del contrasto. Non c’era contatto da valutare. C’era solo da stabilire unicamente quello cui è preposto il VAR: dentro o fuori area. Come nel caso di “gol-no gol”, oppure determinare, mediante linee immaginarie tracciate in video, se un giocatore si trovi o meno in fuori gioco. In questo caso non c’erano linee immaginarie da tracciare con l’ausilio della tecnologia.
Non c’era la possibilità di sbagliare di mezzo grado la diagonale tracciata, oppure far partire l’immagine una frazione di secondo prima o dopo. Il che ti può compromettere l’intera azione registrata. C’era solo da stabilire la posizione “geografica”, l’esatto punto in cui era avvenuto il contatto falloso, Il VAR se non solo quello, deve principalmente fare quello, senza possibilità di errori. Bisogna fidarsi della bravura e naturalmente della buona fede degli arbitri. Almeno così ci hanno sempre spiegato. Nel caso di valutazione di posizione geografica nello stabilire un probabile fuori gioco, l’arbitro di campo non viene neanche invitato a rivedere le immagini: si fida solo del suo collega al VAR che stabilisce la verità col supporto della tecnologia. Allora perché in Juve-Inter, il VAR Mazzoleni (toh, chi si rivede!) ha inteso chiamare Irrati al VAR visto che il fallo, mai messo in discussione, era stato accertato e che si trattava di stabilire se fosse avvenuto dentro o fuori area. Nella concitazione della diretta non si era capito granché neanche da casa.
Ma poi in serata le immagini sono state impietosamente sviscerate e approfondite da alcune trasmissioni televisive: il piede del giocatore juventino era fermo, stabile, sulla linea che, è bene ricordare, fa parte dell’area di rigore. Non si trovava su una linea immaginaria o tecnologica, soggetta a fattore umano: un’inclinazione errata di mezzo grado oppure una linea fatta partire una frazione di secondo prima o dopo il lancio della palla, ti stravolge l’intera “scena del crimine”. Perché di questo si è trattato: una vera e propria scena del crimine. Lo scrittore giallo citato all’inizio, avrebbe parlato di inquinamento delle prove. La verità in questo caso è incontrovertibile, non mutabile, non soggetta ad opinioni. Il VAR, e con esso l’arbitro, avrebbe dovuto solo certificare il resoconto notarile di quanto effettivamente successo sul terreno di gioco senza possibilità di interpretazioni soggettive: fallo oggettivamente commesso in area, e propedeutico rigore assegnato alla Juve. Campionato completamente falsato! Comunque vada sarà un insuccesso. Non si possono ammettere due errori di questo tipo a distanza di soli 15 giorni. E sempre a favore della stessa squadra.
Qualche dubbio comincia a venire. Questo non è il fallo su Ronaldo da interpretare se fosse sfondamento del brasiliano o ostacolo irregolare dal difensore juventino. Non è il gol annullato a Turone per fuori gioco, errore umano e ammissibile, perché all’epoca non esisteva la tecnologia. Di quegli episodi si parla ancora a distanza di trent’anni. Di questi episodi si dovrebbe e si deve parlare nei prossimi duecento anni. Poi ci lamentiamo che il calcio italiano non ha appeal all’estero.
Per leggere qualche verità bisogna affidarsi a giornali stranieri.. E la Nazionale non partecipa ai mondiali per la seconda volta consecutiva, dopo che nelle due precedenti occasioni si era fatta eliminare ai gironi da Costarica e Nuova Zelanda. C’è bisogno di un repulisti generale, a cominciare dalla classe arbitrale. Altrimenti qualcuno comincerà a non credere più alle coincidenze. E nemmeno alla buona fede.

Pasquale Di Fenzo, PDF per gli amici, tifoso di Napoli prima che del Napoli. Non lesina critiche a Napoli e al Napoli, ma va “in freva” se qualcuno critica Napoli e il Napoli. Pensa di scrivere, ma il più delle volte sbarèa. L’obiettività è la sua dote migliore. Se il Napoli perde è colpa dell’arbitro. O della sfortuna. Sempre. Se vince lo ha meritato. Ha fatto sua una frase di Vujadin Boskov, apportando però una piccola aggiunta: “è rigore quando arbitro fischia, a favore del Napoli”. E’ ossessionato da Michu che, solo davanti alla porta del Bilbao passa la palla ad Hamsik invece di tirare in porta. Si sveglia di notte in un bagno di sudore gridando “Tira! Tira!”.