In una delle “città sospese” della Campania nasce “Coloriamo il lockdown”, un progetto gratuito rivolto ai bambini. Intervista all’artista Alfredo Troise

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di Maura Messina

Stiamo vivendo la seconda ondata della pandemia che ha colpito il mondo intero. Anche se era stata annunciata, ci ha colti sotto vari aspetti impreparati ad affrontarla. Durante il primo lockdown, abbiamo raccontato storie di speranza e, ancora una volta, in piena emergenza, ci siamo imbattuti in una vicenda di umanità. Entriamo nel vivo di un interessantissimo progetto nato dalla mente visionaria dell’artista Alfredo Troise che ha messo a disposizione il suo studio ad Arzano per accogliere i bambini. Obiettivo? Colorare con loro il lockdown.

Per chi non ti conoscesse ancora, presentati velocemente e senza censura: chi sei? 

Per chi non mi conoscesse ancora lo esorto a farlo. Potrei dire che sono alto, biondo, con un fisico da paura per suscitare curiosità ed interesse. La mia estetica invece è molto anonima e correlata da una irriverenza fastidiosa, oltre che da un “mandarti al quel paese” molto facilmente. L’autoreferenziarsi ha ammazzato un po’ gli esseri umani, soprattutto quelli nel campo delle Arti. Tutto questo per dirvi che se vi aspettate il pittore col cappellino ed il camicione bianco siete fuori carreggiata, mi avvicino più ad un pusher di un quartiere disagiato, posto che d’altronde vivo da anni. Sono un essere umano e questo mi basta per mettermi in gioco e farmi fare a brandelli dalla gente, in poche parole non mi risparmio.

Come nasce la tua vena artistica e da dove trai ispirazione per le opere?

Più che vena artistica credo riguardi tutto il sistema arterioso. L’Arte la uso per difendermi e spesso addirittura per attaccare. Un’arma di distruzione di massa dell’ignoranza emotiva.

Alfredo Troise

Le cosiddette ispirazioni non nascono, credo di averle nascoste dentro, ed ogni tanto si affacciano ed io cerco di acchiapparle per i capelli.

Da un po’ ti stai dedicando alla serie:”città sospese”, cosa vuoi comunicare con questi lavori?

Le città sospese sono nate nel 2019 quasi a voler pre-annunciare il lockdown che poi si è verificato. Sono state un’anticipazione di quello che stiamo vivendo a livello globale. Le città sospese appunto perché in sospensione, quasi a brillare di luce propria senza le brutture umane, come se non avessero bisogno degli uomini. Solo palazzi ed elementi architettonici. Forse siamo davvero inutili qui sopra, il mondo si basta da solo, è autosufficiente.

L’arte può essere uno strumento che allontana dalla realtà oppure che ti ci catapulta dentro con maggiore forza. Non abbiamo potuto fare a meno di notare in che modo stai affrontando la seconda ondata della pandemia. Puoi raccontare il tuo progetto: “Coloriamo il lockdown”? A chi è rivolto? Come ti è venuto in mente? 

“Coloriamo il Lockdown” più che un progetto è una risposta. Ho notato tante, troppe manifestazioni contro le restrizioni e su tutte la mancata libertà da parte degli operatori del campo dello spettacolo. Lamentele, manifestazioni ma nessuna alternativa o magari soluzione. Quindi se non hai un’alternativa fai parte del problema stesso. In questo periodo particolare oltre alle categorie tipo complottisti e negazionisti, se ne sono aggiunte altre: lamentosi e pragmatici. Ho riflettuto che, nonostante tutto, la vita mi ha dotato di una ricchezza, ed ho deciso di metterla a disposizione per una fascia ritenuta la più colpita da questa pandemia: i bambini. Vengono in studio, si accomodano, io li armo di colori e di pennelli, ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti. I veri maestri in grado di poterci impartire lezioni sono loro, nonostante tutto.

Puoi indicarci dei link da condividere con i lettori per mostrare i tuoi lavori? 

Potete trovare i miei lavori sul sito alfredotroise.com oppure seguirmi sul mio profilo facebook al link https://www.facebook.com/alfredo.troise.923

George Bernard Shaw diceva che: ”Si usa uno specchio di vetro per guardare il viso e si usano le opere d’arte per guardare la propria anima”, nel momento storico che stiamo vivendo è forse il caso di mettere via gli specchi e prendersi cura della propria anima, per non finire vittime, come suggerisce il Maestro Alfredo Troise dell’ignoranza emotiva.

Ci sono “storie e storie” e quella di Alfredo offre uno spunto di riflessione necessario: puoi essere parte del problema e alimentarlo, oppure mettere a disposizione della comunità il tuo talento. Essere umani, spiegata in questi termini, non sembra poi così difficile. 

Maura Messina, art-designer napoletana, classe 1985. Da sempre sensibile alle tematiche ambientali, in particolare al dramma della terra dei fuochi. Dal 2014 collabora con varie testate giornalistiche. Autrice del libro illustrato autobiografico “Diario di una kemionauta” e del romanzo distopico “4891 la speranza del viaggio”, editi da Homo Scrivens. Ha partecipato a numerose mostre d’arte come pittrice. Il suo motto è: per cambiare il mondo basta napoletanizzarlo.