L’estate, noi e gli altri

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di Anna Iaccarino

“Non c’è che una stagione: l’estate. Tanto bella che le altre le girano attorno. L’autunno la ricorda, l’inverno la invoca, la primavera la invidia e tenta puerilmente di guastarla”.

Ennio Flaiano lo ha mirabilmente spiegato in queste poche righe.

Si comincia a pensarla già molto prima del tempo dovuto, inizialmente ad annusarla, poi ad averla negli occhi, a sospirarla, a immaginarla e infine a toccarla. Ma quando arriva è per tutti? E lo è nella stessa maniera di percezione, fruizione, vissuto?

Un breve excursus.

Partiamo dai giovani, che in quanto tali al suo arrivo decollano già vincenti o comunque in prima fila. La gioventù, l’età della crescita, del capire chi si è e chi si vorrà essere, della formazione, dell’incognita di un dentro in cammino, degli ideali di lotta, dell’incertezza del domani. Ma anche del vigore fisico, del divertimento, della passione per il proibito, dell’affronto esplorativo di terre lontane, della gioia del sentirsi audaci condottieri di forza e libertà. Tutte proiezioni che trovano una felice connessione proprio nell’estate.

Estate e giovani: la bellezza in viaggio, in spiaggia, in moto, sui monti, al mare, a ballare, a far l’amore in ogni fremito del mondo. Un connubio dai mille dipinti di ali e colori, incrocio a intermittenza tra anime in subbuglio di felicità e tenerezze sguarnite in cerca di sole, per rubarne abbracci di luce. Ma nati per “viversi”, come terra e raccolto, alberi e rami, steli e boccioli. In riserbo di avance per i più sognatori, in grande offensiva per i più arditi, pronti a tuffarsi, fieri e osteggianti dei loro giovani corpi, nelle sere stellate come nelle lunghe calure asfissianti di un bruciare senza tregua. Non la panacea a ogni desiderio, non l’epilogo del tutto bello, ancor più in una fase storica dove i giovani sono stati defraudati dei loro diritti d’identità e della loro centralità di motore, ma certamente la stagione dell’anno più rappresentativa di fluidità connettiva di vita e foriera di sguardo sul mondo.

E con una molla su tutto, la resistenza giunonica al caldo bollente che nei giovani non perde colpi, e stravolge invece la seconda fascia di età, ovvero quella intermedia, nella quale, per diritto anagrafico (di cui farei volentieri a meno) rientro anch’io. Quella parte di “umanità” al limite tra ex giovani e nuovi maturi, che è vissuta nel mito della propria estate che fu, e di quella che oggi, con qualche limite di convivenza, continua ad essere la bella stagione per ritrovarsi “vacanza”.

1.

 Ricordando che gioventù non vuol dire giovinezza, che la prima passa, ma quest’ultima resta, perché è quel “dentro” che rimane oltre il tempo. Un modo di continuare a “vedere” la vita, di mantenerne lo spirito, la curiosità, quel sentire propositore che determina il nostro esserci pensante e innamorato. Insomma, quel “noi” con cui vogliamo ancora camminare passi e occhi d’insieme. Uno stato mentale da trasformare in coscienza e sentimento.

Ma torniamo all’estate. Una occasione, quindi, da vivere come spazio di tempo da “dedicarsi”, nelle modalità più disparate e proprie. Come fermo dalla quotidianità di un anno, come relax e dolce far niente, come possibilità di momenti di esplorazione, come diverso abitare vecchi luoghi ritrovati, ma anche come rifugio per riaversi dopo fatiche silenti e resilienze nascoste. Ed a volte anche standosene semplicemente a casa, persi nella lettura di un buon libro in compagnia della nudità di sé. Oppure a spasso per parchi con quei pochi amici complici a far due chiacchiere. O ancora alla riscoperta dei vicoli d’infanzia, o in giro per la città libera dal vociare e sdraiata sulla bellezza spoglia, in ascolto delle sole anime in cammino.

Anche in questo caso, non una risposta all’abitare dei giorni, tantomeno di compiutezza esistenziale, ma di certo un bell’appuntamento con il tempo a respirare vita.

Di altro tenore ancora si presenta il binomio: estate e terza età.

La terza età si divide a sua volta in anziani dallo stato socio economico medio-elevato che consente loro di esserci e di scegliere il voluto e il desiderato, e anziani ai minimi livelli pensionistici a cui è concesso solo di essere vecchi, tra solitudini e qualche piccolo svago rubato alle famiglie o concesso dal buon cuore di associazioni e organismi solidali. Insomma con poteri di “acquisto” di vita, anche in estate, totalmente differenti.

La centralità di sentirsi e permettersi di essere ancora assi portanti di mete e vacanze, attraverso vissuti di esperienze e target privilegiati, e dall’altra parte spazi da riempire di struggente esistenza, tra bellezze antiche di vecchi ricordi e disagi emotivi di destabilizzazione e senso di inutilità.

Una realtà da sempre esistita, oggi solo più accentuata.

Infine c’è la “categoria” neutra. Quella per la quale le percezioni, le aspettative, i vissuti, non cambiano. Per la quale tutto scorre uguale nella nullità del non essere. Perché? Semplicemente perché per i soggetti ivi inglobati, l’estate non ARRIVA.

 

2.

Chi sono? Gli ultimi, gli invisibili, gli emarginati, gli esclusi, i poveri veri, i socialmente fuori, al punto da dimenticare (di questi) persino l’esistenza fisica oltre che umana. Oscurandone ogni filo di voce, dignità, diritto.

Per chi non ha voce, per chi non riesce a farsi ascoltare, per chi vive ai margini, per chi si è ritrovato senza lavoro, non esiste una stagione particolare per “riemergere”, per tuffarsi nel mondo che ha perso. E la stagione estiva, a maggior ragione, spinge questi ancora più indietro.

Quando si abbassano i riflettori, quando nella mente delle persone “inserite” non vi è spazio per pensare a chi sta sotto, quando è il momento della fuga, della spensieratezza, del viversi oltre il sé, gli ultimi si vedono cadere attorno anche quel mondo che già prima li allontanava, li ignorava. Rimangono da soli senza potenziali relazioni né attenzioni fugaci. E in questo particolare periodo dell’anno, la non vita diventa non esistenza, cade ogni velo di ipocrisia, come rimanere su un’isola deserta, bella e fascinosa, ma senza vita. Ed è qui che avanza il maggiore senso di solitudine per queste anime, che spesso viene “affogato” in problemi psichici e di dipendenze, oltre che di tenuta fisica. Qui degenera ogni promessa di riaversi, crepa ogni barlume di speranza per risollevarsi, la stagione estiva esclude tutti quelli che non rientrano nel pensiero unico ed omologante.

Si rimane da soli, in un mondo immaginario, senza più contatti con la realtà, senza quel brusìo di persone e cose che almeno negli altri mesi dell’anno si muovono attorno. Ad agosto poi cala il silenzio totale, il tempo si ferma, non si distinguono buoni e cattivi, il giorno e la notte. Tutto è maledettamente uguale, un eterno presente che spegne finanche i sogni di chi è già solo ombra.

Il mondo normale, quello che cammina e comunica, in questo periodo ha ben altro da fare che pensare a chi è “fuori” dalla vita.

Anna Iaccarino nasce e vive a Napoli. Laureata in Scienze del Servizio Sociale, dopo un lungo percorso professionale presso Ente Pubblico, attualmente è dedita alla scrittura e ad interessi e percorsi a impegno sociale. Ha collaborato con il quotidiano giornalistico on line Il Mondo di Suk in qualità di Operatore della Comunicazione con articoli a tematiche di attualità culturale. Per Guida Editori ha pubblicato: il Racconto Il tempo di noi (2019); la Raccolta di Poesie Passi in cammino di parole (2019); Il libro di Riflessioni e Poesie: Di vita e frammenti (2021). È stata insignita del conferimento di Menzioni di Merito nell’ambito dei Concorsi Letterari: V° Premio Internazionale “ Salvatore Quasimodo” sezione narrativa ; VI Premio Internazionale “CET Scuola Autori di Mogol ” e XI Premio Internazionale “Parole in Fuga” per la sezione Poesie. È stata inserita previa selezione da apposita Commissione Letteraria con sei opere a propria firma d’autrice, nell’Enciclopedia “ Poeti Italiani Contemporanei” - 2021 (Aletti Editore)