Misoginia conclamata

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“Chi non può ragionare è un pazzo. Chi non vuole è un bigotto. Chi non si interessa è uno schiavo.”

Greta, Chiara, Laura, Ursula, Angela, Hillary, Maria Elena, e potrei citare decine di altri nomi, ed in tutta onestà contano poco anche i cognomi, sono facilmente riconoscibili! Tutte legate da un destino comune, essere oggetto costante di invettive e di offese, di commenti poco lusinghieri e di riferimenti ad aspetti umani più che a quello che fanno e che dicono.

La società è oggi più che mai infastidita dalle donne che ce la fanno, da quelle che piazzano il colpo, da quelle che riescono a tracciare un percorso, indipendentemente dal colore, dall’appartenenza politica, dall’età e dalla provenienza sociale. Hanno un solo peccato originale quello di essere discendenti di Eva, e pertanto meritano senza colpo ferire di essere massacrate ed etichettate, strapazzate sui social e sui giornali, senza riflessione, senza valutazione, senza che se ne contestualizzi l’operato.

Non ce la fanno proprio gli uomini a trattenersi dalla facile battuta sull’aspetto, o dal riferimento ad una malattia, o alle corna del marito di turno, non contano quanto siano istruite, quanti titoli abbiano conseguito nella loro esistenza, che fossero le prime della classe, o professioniste affermate, o che abbiano la capacità, l’allure di trascinare masse a parlare anche di temi scomodi, o che siano riuscite ad arrivare in posti chiave della economia e della politica, rimboccandosi le maniche e lavorando duro.

Le donne che ce la fanno destano scetticismo, ci deve essere il trucco, e qui parte la strizzatina d’occhio, e la facile battutina, per cui devono essere il risultato di qualche protezione da parte di un uomo. La verità è questa, ed è un fatto culturale, radicato in una società che finge di occuparsi della parità di genere, come dovere morale, piuttosto che come un diritto naturale. La cosa terribile è che spesso i commenti provengono anche dal gentil sesso, d’altra parte quegli uomini qualche donna li avrà educati.

L’ambizione nelle donne non può essere accettata, non si può riconoscere loro il merito di avere delle doti, fiuto per gli affari, di riuscire a trasformare in oro anche la semplice immagine di un prodotto su di un social, o di essere in vetta alle classifiche con un libro commerciale, o con un filmetto. Agli uomini è tutto concesso, e vi prego asteniamoci dalla ipocrisia piuttosto scontata e fastidiosa di dire che oggi le donne hanno più potere degli uomini, perché i dati parlano e sono inequivocabili, e le donne oggi sono ancora meno pagate rispetto a chi riveste il medesimo ruolo nelle aziende private, hanno maggiore difficoltà a raggiungere l’apice nel mondo della finanza o della politica.

E vi prego nel leggere, non abbiate l’impressione che chi scrive sia una femminista e che questo sia l’ennesimo pippone sulla condizione femminile, perché è una constatazione, dura, ma pura e semplice. Lo dico con l’amarezza di chi combatte nel mondo del lavoro, e fa fatica a farsi chiamare avvocato e non signorina; lo dico nella condizione di donna che opera nel mondo associativo e vede le stesse donne storcere il naso al cospetto della capacità; lo dico con la consapevolezza di chi vive da anni il mondo della politica, e vede le donne essere solo ” un obbligo” normativo a cui non è possibile sottrarsi nella compilazione delle liste, salvo poi puntare tutto sugli uomini.

Osservate le segreterie dei partiti, o il numero dei ministri, o ancora, il numero di donne elette. Una rivoluzione culturale è possibile e passa attraverso tutte quelle donne che combattono tutti i giorni per il riconoscimento della assoluta parità ed io sono fra quelle, pronta a lottare, a sostenere, e a non fare un solo passo indietro. Con coraggio e determinazione si può cambiare il mondo. Ha ragione la piccola- grande Greta è un dovere nei confronti delle future generazioni.

 “Chi non conosce la verità è sciocco, ma chi pur conoscendola la chiama menzogna è un criminale.” 

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.