Napoli, la guerra di camorra tra tattoo e barbe lunghe

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  • di Simone Di Meo *

Giuramenti. Kalashnikov. P38. Proiettili. Le baby gang si tatuano la fede al clan. E portano la barba. Un po’ hipster un po’ jihadista. I nuovi simboli di affiliazione.

I nuovi barbari piombati su Napoli si acconciano, più o meno, come i loro antenati.
Non impugnano clave e scudi, ma più rapide e micidiali pistole.
E con queste ingaggiano brutali battaglie tra i passanti terrorizzati per conquistare una stradina, un isolato, molto più spesso un marciapiede su cui imporre la loro Sharia mafiosa.
HANNO IL LORO DRESS CODE. I baby killer, che da qualche mese hanno preso in ostaggio il centro storico e l’area orientale della città, sono diversi da tutti quelli che li hanno preceduti.
Non solo per la ferocia, ma anche per il loro dress code (codice di abbigliamento) che richiama le tribù di guerrieri impegnate in saccheggi e devastazioni.
UN PO’ HIPSTER UN PO’ JIHAD. Nella zona compresa tra i tribunali e Forcella, nel cuore della Gotham city vesuviana, c’è un gruppo criminale che i magistrati dell’Antimafia ha ribattezzato la «paranza dei bambini».
Sono poco più che maggiorenni e si stanno decimando a vicenda per prendere il controllo del racket e del traffico di droga nei rioni.
Quelli che fanno capo al clan Buonerba portano la barba lunga, lunghissima.
A New York direbbero in stile hipster, a Baghdad invece la definirebbero jihadista.

Volti rabbiosi e sguardi annebbiati dalla cocaina

Una massa di peli folta, poco curata che incornicia volti rabbiosi e sguardi annebbiati dall’uso della cocaina, compagna fedele di agguati e imboscate.
MA I BOSS SI RASAVANO. E pensare che i boss di un tempo, nelle foto d’antan, erano tutti perfettamente rasati.
Qualcuno – come Carmine Alfieri e Raffaele Cutolo per restare in Campania, o Totò Riina in Sicilia – rischiava addirittura una giacca e una camicia incravattata per non sfigurare.
SIMBOLOGIA DI AFFILIAZIONE. Oggi, non è più così. Quella che agli inquirenti pareva più una moda estemporanea, è diventata invece una chiara simbologia di affiliazione tra soldati dello stesso esercito.
Un modo per riconoscersi e per imporre paura alle vittime, probabilmente, sperando di evocare arcaiche angosce da alto Medioevo.

Un tatuaggio è per sempre: come la promessa al padrino

Bozza di tatuaggio trovato nel corso di una perquisizione. L'obiettivo: farne il nuovo brand di una cosca.

Bozza di tatuaggio trovato nel corso di una perquisizione. L’obiettivo: farne il nuovo brand di una cosca.

È successa persino una cosa che non si era mai vista a queste latitudini.
Nel corso di una perquisizione in un appartamento dalle parti di Scampia, è saltato fuori il bozzetto di un tatuaggio che, secondo la prima ricostruzione delle forze dell’ordine, un boss della camorra avrebbe inviato dal carcere ai suoi affiliati.
Lo scopo? Farne il nuovobrand della cosca.
MATRIMONIO MAFIOSO. Il versetto gioca un po’ con la formula del matrimonio.
Non un’unione sacra tra un uomo e una donna davanti a Dio, ma la promessa di ubbidire ai voleri di un solo dio: il padrino.
Nel bigliettino si legge: «Nella gioia e nel dolore Vanella Grassi unico amore».
RIONE DI SECONDIGLIANO. La Vanella Grassi è il rione che si trova a Secondigliano, il quartiere dov’è ambientata la fiction Gomorra e dove, nel biennio 2004-2005, il clan di Paolo Di Lauro ingaggiò una furibonda faida contro un manipolo di fuoriusciti che intendevano mettere le mani sull’affairecocaina.
SERVE IL SALTO DI QUALITÀ. La Vanella si è imposta, nella geografia della mala cittadina, perché sta velocemente monopolizzando il traffico di polvere bianca nell’area Nord della provincia partenopea.
Ora cerca il salto di qualità, la legittimazione definitiva con un propriotrademark.

Soprannomi sulla pelle e pallottole stilizzate

I nomi dei capi (Bodo, nella foto) vengono tatuati sui corpi degli affiliati.

I nomi dei capi (Bodo, nella foto) vengono tatuati sui corpi degli affiliati.

C’è poi chi, il nome del Capo, preferisce esibirlo sul petto o sull’avambraccio o sulle spalle.
È il caso dei Di Micco di Ponticelli che hanno messo a stipendio un tatuatore del vicino quartiere di Barra per consentire a tutti gli affiliati un servizio rapido, sicuro e di qualità.
I disegni più gettonati sono due parole: “Fraulella” e “Bodo”.
PER LA SANTISSIMA TRINITÀ. I nickname di due rampanti camorristi che spadroneggiano nella periferia Est del capoluogo.
Spesso ad accompagnare queste scritte ci sono motti del tipo “Rispetto, Fedeltà, Onore” o pallottole stilizzate.
Tre per la precisione, come la Santissima Trinità. Un caso?
MASTINI, FAMIGLIE E PISTOLE. Sono quasi passati di moda, anche se qualche nostalgico ancora li sfoggia con entusiasmo: sono i tatuaggi da galera della generazione dei 50enni.
I tattoo della camorra che fu.
A Miano, nel bunker della Masseria Cardone, il simbolo del clan è un mastino napoletano. Nella periferia occidentale vanno ancora forte le “P38” e i kalashnikov che si allungano dal gomito al polso, luccicanti e terribili come quelli veri.
La raccomandazione è sempre quella che alcuni affiliati esterofili hanno elevato a credo di vita: Don’t touch my family. Guai a toccare la mia famiglia.

*Articolo pubblicato su “Lettera43” – Lunedi 19 Ottobre 2015

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