Per allenarsi a sognare. Lunga vita ai fumetti

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di Maurizio Zaccone

Stamattina ho visto in edicola un fumetto che mi ha sbloccato un ricordo. E’ il numero 1 di una nuova serie di Nick Raider, un poliziesco. Il primo numero della prima serie, che uscì circa 30 anni fa, aveva la stessa copertina. Lo comprai e lo collezionai per tutti i 200 numeri, fin quando non cessò le pubblicazioni.
Era la mia serie preferita tra le tante che leggevo; quasi tutte del mondo “Bonelli”, la stessa casa editrice dei più noti Tex e Dylan Dog.
Devo molto ai fumetti; direi tutto. Li ho sempre letti in maniera avida fin da bambino. In principio erano i “Topolino” e tutte le serie Disney collegate, all’epoca edite da Mondadori. Ma anche quelli delle edizioni “Metro”, Braccio di Ferro, Geppo, Poldo, Provolino, Soldino e altri ancora. Su quegli albi ho imparato a leggere.
Erano disegnati e scritti benissimo.
Poi sono venuti i supereroi, i Bonelli e tanto altro.
Se riesco a mettere due parole insieme in maniera decente, se ho acquisito una discreta padronanza di linguaggio, sono sicuro di doverlo ai fumetti. E a loro devo anche la capacità di sognare. Ho vissuto un mare di avventure con loro: da bambino, da adolescente e anche da adulto.
La mia paghetta settimanale andava via sempre e solo in fumetti. Le poche fiere che c’erano all’epoca me le facevo tutte. Da solo, perché non avevo molti amici che condividevano questa passione.
L’edicola era il mio parco giochi. Con gli anni sono scomparsi i fumetti dalle edicole e poi le edicole stesse. Ho cercato per i miei figli, man mano che crescevano, fumetti dei loro personaggi televisivi preferiti, ma era rarissimo trovarli.
Riviste sì, gadget quanti ne vuoi, ma fumetti no.
Leggere è sempre più difficile. Le edicole, che prima traboccavano di fumetti, ne hanno pochissimi. Certo, ci sono le fumetterie specializzate; il fenomeno dei manga tra gli adolescenti, di Zero calcare; riviste come Scottecs. Ma, credo, siano numeri distanti rispetto a un tempo. Qualcuno dirà che c’è il progresso; la tecnologia. Che la carta stampata è obsoleta.
Ma i nuovi sistemi d’intrattenimento penalizzano molto la lettura in genere. Stesso discorso per i social.
Questo sul quale scrivo, il più “vecchio” tra i social network, ancora non ha limiti di battute. Ma sugli altri scrivere, e quindi leggere, è a volte proprio vietato. O ci sono limiti ai caratteri.
Si è deciso che si deve comunicare con foto e video. Con gli hashtag.
Ci chiedono comunicazione veloce, rapida, affinché sia efficace. Dicono che la gente si annoia a leggere ma in realtà la si è diseducata a leggere. E un mondo che non sa leggere sarà un mondo che non saprà scrivere; e quindi comunicare.
Il sostituto dei fumetti, per ragazzini e adolescenti, non esiste. Non lo erano e non lo sono i cartoni animati, le serie tv o i videogiochi. Non lo sono i social, così concepiti.
Leggere un fumetto (e vale anche e soprattutto per i libri è ovvio) presuppone uno sforzo, una partecipazione, una collaborazione attiva. Fruire esclusivamente di contenuti audiovisivi stimola ben poco. E questo è un mondo che ti chiede di sforzarti sempre meno; c’è qualcuno che legge per te, che riassume per te, che lavora per te, che sogna per te. Tu devi stare inerme, passivo, a ricevere i suoi input. Il tavolo va ribaltato.
Bisogna tornare a leggere; lo devono fare prima ancora i nostri figli.
Per allenarsi a sognare. Lunga vita ai fumetti.

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