di Alessandro D’Orazio
Inoltre è stato riscontrato che i focolai da Sars-Cov 2 che accadono in classe sono molto rari (sotto il 7% di tutte le scuole) e la frequenza nella trasmissione da ragazzo a docente è statisticamente poco rilevante. È invece quattro volte più frequente il contagio tra gli insegnanti. La ricerca pone per questo l’accento sul fatto che la scuola dovrebbe essere l’ultima a chiudere e la prima a riaprire. In Italia gli adolescenti delle superiori sono andati a scuola mediamente, quest’anno, solo 30 giorni e i rischi connessi ai disagi psichici sono molto elevati.
Va poi rilevato che da un’analisi dei tassi di contagio della popolazione per fasce d’età a partire dai mesi autunnali, l’incidenza di positivi tra gli studenti è inferiore di circa il 40% per le elementari e medie e del 9% per le superiori rispetto a quella della popolazione generale.
A fronte di un elevato numero di test effettuati ogni settimana negli istituti, meno dell’1% dei tamponi eseguiti sono risultati positivi. Infine, alla riapertura delle scuole non è corrisposta una crescita della curva pandemica: i contagi salgono prima di tutto per le classi di età 20-59 anni e solo dopo due o tre settimane tra gli adolescenti.
I ragazzi non possono, dunque, in nessun modo essere definiti responsabili della diffusione dei contagi e la riapertura delle scuole dovrebbe essere un tema di dibattito da parte di tutta la classe politica nazionale.