Un milione di giovani in fuga dal Sud negli ultimi 16 anni: una emorragia sociale devastante

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di Alessandro D’Orazio
È di recente notizia la drammatica fotografia scattata dal rapporto Svimez di quest’anno relativamente al milione e 883mila residenti al Sud, che negli ultimi 16 anni hanno abbandonato  l’area meridionale del Paese. Di questi, metà sono giovani.

 

In questa devastante emorragia sociale ad incidere principalmente sono l’assenza di lavoro ed una eccessiva pressione fiscale. Nonostante le elevate tasse a cui i contribuenti devono far fronte, i servizi sono per lo più carenti. Senza contare poi i numerosi deficit in termini di vivibilità, di sicurezza, di adeguati standard di istruzione, di idoneità dei servizi sanitari e di cura per le persone.

“Nel Mezzogiorno il disagio socioeconomico è indice di una occupazione precaria, conseguenza di politiche territoriali inefficaci. Il fenomeno del working poor fa da padrone: quelli occupati risultano comunque poveri e hanno difficoltà ad arrivare a fine mese”, ha dichiarato in una nota Paolo Capone, Segretario Generale UGL in merito al rapporto Svimez 2018.

In particolare, nell’anno 2017 la crescita dei posti di lavoro è stata determinata quasi esclusivamente da contratti a tempo determinato (+61mila), mentre restano stabili quelli a tempo indeterminato (+0,2%).

I giovani italiani sono i più colpiti da questa situazione in quanto studiano, si istruiscono, eppure sono costretti a fuggire dalle loro terre di appartenenza, dove non c’è il futuro che meritano.  Pur tenendo conto delle diverse esigenze territoriali di ogni regione, le periferie offrono scarse opportunità, presentando una carenza di servizi, spesso sotto lo standard minimo nazionale. I trasporti inoltre contribuiscono a rendere difficile ogni tipo di spostamento, arrecando danni ai cittadini e al turismo che impatta sull’economia locale di queste zone.

A questa difficile situazione, delineata con tinte fosche dal report Svimez ed oramai in atto da diversi anni, bisognerà porre rimedio con politiche attive, volte a non far trasmigrare le grandi risorse di queste eccellenti terre.

Classe 1992. Una laurea in Giurisprudenza ed una in Operatore giuridico d’impresa. Nel mezzo l’azione: paracadutista, sommozzatore e pilota d’aerei. Classicista convinto, quanto Cattolico. Appassionato di viaggi, lettura e scrittura. Un’esistenza volta alla costante ricerca delle tre idee che reggono il mondo: il Bene, la Giustizia e la Bellezza. Senza mai perdere di vista la base di ogni cosa: l’Umanità. Se fosse nato sostantivo, sarebbe stato il greco aretè e cioè, la disposizione d’animo di una persona nell’assolvere bene il proprio compito. La frase che lo descrive: “Darsi una forma, creare in se stessi un ordine e una dirittura”. Il tutto allietato da un bel dipinto di Giovanni da Fiesole.