Amori tossici e meravigliosi…

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di Christian Sanna

Ovidio scriveva “Ego nec sine te nec tecum vivere possum” (Amores III, xi, 39), in Giugno ’73 Faber archivia un amore destinato a consumarsi fra differenze caratteriali, sociali ed incomprensioni con un finale tanto famoso quanto amaro ” Io mi dico è stato meglio lasciarci che non esserci mai incontrati”.  In Hey thats’s no way to say goodbye il cantautore canadese Leonard Cohen canta “Many loved before usI know that we are not new” Molti hanno amato prima di noi, so che non siamo una novità e conclude con “Your eyes are soft with sorrow.Hey, that’s no way to say goodbye” I tuoi occhi sono bagnati di tristezza.Ehi, non è questo il modo di dire addio.  Nel romanzo francese L’amore dura tre anni, l’autore Frédéric Beigbeder scrive  “Una zanzara dura un giorno, una rosa dura tre giorni. Un gatto dura tredici anni, l’amore tre. È così. C’è prima un anno di passione, poi un anno di tenerezza e infine un anno di noia”.

È  chiaro che l’amore fatica ad essere all’altezza della propria fama, di una millenaria notorietà che gli riconosce (meritatamente?) presunzione di infinito. Basti pensare al mito di Orfeo ed Euridice, dove l’uomo disperato per la prematura scomparsa della sua amata decide di riprendersela scendendo negli inferi e, giunto dopo aver superato una serie di ostacoli, al cospetto degli dei degli inferi  chiede di restituirgli la donna. Persefone intenerita dallo struggimento dell’innamorato esaudisce il desiderio, ma ad una condizione: nel tragitto che conduce fuori dall’Ade, egli non deve voltarsi per guardare Euridice.

Durante il percorso, la donna ignara del patto, chiama più volte Orfeo il quale seppur combattuto continua il suo percorso senza voltarsi per non rischiare. Raggiunta la luce, l’uomo credendo di essere uscito dagli inferi, si volta e rompendo il patto, vede la sua amata sbiadire per sempre.  Questa leggenda si accompagna ad altre leggende più o meno famose  sui grandi amori, dove le storie vengono sublimate dal dolore e dalla disperazione, dall’impossibilità di stare insieme e dalla tragedia. C’è probabilmente molto di romanzato in certi rapporti, ma forse è proprio questa esasperazione che fa sognare.

Prendete le donne: tutte desiderano essere amate alla follia; non se ne fanno niente di un sentimento statico, monocorde, privo di slanci. Nelle storie d’amore non si può essere ragionieri, non è sufficiente tenere sotto controllo la contabilità degli umori, non è abbastanza risolvere il problema delle bollette a fine mese o avere la possibilità di un paio di viaggi all’anno; questa sicurezza può tenere due persone insieme all’interno di quella che si può ritenere a tutti gli effetti l’azienda familiare dove i conti dell’economia familiare sono a posto. Ma il cuore è “un girasole impazzito di luce”, ha “più stanze di un bordello” ed ha “ragioni che la ragione non conosce”, il cuore ha bisogno costante rifornimento ed il carburante sono le emozioni.

Le emozioni sono croce e deliza: da un lato alimentano il sentimento, dall’altro rischiano di bruciarlo per eccesso di carica. Non si è mai sazi di emozioni, si chiede sempre di più. L’amante sembra dire ” ancora”, la richiesta che quel momento di piacere e di estasi si prolunghi a tempo indeterminato. Quando si è innamorati ci si scopre strafottenti; sei talmente preso che non te ne frega niente di quello che gli altri pensano, si è scemi in due e si è felici di esserlo. Quando si è innamorati ci si rade più frequentemente per non pungere il viso della persona che ci apprestiamo a baciare, si fanno progetti per l’eternità, si consumano parole di deandreana memoria come ” non ci lasceremo mai, mai e poi mai”.

Quando si è innamorati ci si sente al di sopra di ogni cosa ed il concetto di spazio e di tempo si azzera. Ce lo ricorda anche Walt Whitman nel celebre verso “Eravamo insieme, tutto il resto del tempo l’ho scordato”. Tutta la nostra vita ruota intorno all’amore e l’amore, suppongo, c’entri abbastanza con il senso della vita stessa; amore per il prossimo, verso se stessi, nei confronti del creato. L’amore è indescrivibile, incontenibile, ingestibile. Impossibile rinchiuderlo dentro la coppia, si nutre di evasioni intellettuali, di affinità elettive, di pathos.

La grandezza di un sentimento non è misurabile con i parametri della durata: stiamo insieme da trent’anni e quindi è un grande amore. Non funziona così! Si può riconoscere come l’amore della propria vita una storia di gioventù o una persona frequentata per breve tempo in un periodo particolare. Chi ama deve avere in mente una cosa: amare è una rischiosa azione a fondo perduto. Non è detto che ci sia un ritorno in termini di sentimenti. Chi è molto amato, tende a dare di meno e non è un luogo comune. È come se l’altro amando così tanto amasse per due. Una stabilità la si può raggiungere solo bilanciando questo dare e avere sentimentale. E poi bisogna ricordarsi di una cosa: avere cura di se stessi e mai annullarsi per l’altro per non finire nella spirale di un amore tossico che porta dritti all’infelicità.

Anche le grandi storie finiscono. I grandi amori finiscono. Finiscono come finisce una canzone, un film, uno spettacolo a teatro. Si chiude il sipario e si spengono le luci. Restano gli scritti, qualche piatto che si è salvato, le parole, le fotografie. Restano i momenti belli e brutti, comunque un pezzo di vita insieme. Inutile recriminare, prendersela con l’educazione che abbiamo ricevuto e con le favole che ci hanno letto. Inutile litigare con se stessi per aver creduto che la vita reale fosse come in “Pretty woman”, non serve a niente andare a vedere se i livelli di dopamina sono bassi.

 Scriveva Dino Buzzati “Un po’ più in là della tua solitudine, c’è la persona che ami”. Non aveva torto.

Per Madeleine Engle “Dire a qualcuno io ti amo equivale a dire tu dovresti vivere per sempre”. Aveva ragione.

L’amore è l’armonia delle contraddizioni. La sintonia dei contrasti.

Indecifrabile. Inspiegabile.

Un mistero.

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