Come combattere la “fatica da selezione”. Suggerimenti per la visione, tre serie per il lettori…

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di Giosuè Di Palo

“Ansia della scelta”, “indecisione da streaming”, “fatica da selezione” sono tutti termini per indicare la situazione di limbo in cui chiunque almeno una volta nella vita si è trovato a dover affrontare nel vano tentativo di ricercare qualcosa da vedere sui vari siti di streaming. Per evitare di passare la serata a fare “binge watching” fra Superquark e una puntata a caso di Èlite, ecco una triade di suggerimenti di serie tv, recenti e non, da poter guardare nelle prossime settimane.

1. ANATOMIA DI UNO SCANDALO (Netflix) Miniserie Netflix composta di soli sei episodi è basata sull’omonimo romanzo inglese di Sarah Vaughan. Siamo nell’era del Me Too e del movimento femminista per eccellenza. Quando James Whitehouse (Rupert Friend) viene a conoscenza dello scoop pubblicato dalla rivista Daily Mail su un presunto flirt avvenuto fra lo stesso e un’ex dipendente, l’apparente solida immagine della famiglia perfetta con moglie e figli, che si era costruito, inizia a vacillare. Il carico aumenta nel corso delle puntate quando da una semplice notizia di gossip diventa una vera e propria accusa di stupro nei suoi confronti, con conseguente ritorno di episodi scabrosi avvenuti nel passato e, con fatica, apparentemente eliminati dalla memoria. La serie è ben scritta e strutturata, non cade nello stereotipo di una narrazione dove ogni personaggio ricopre un ruolo monodimensionale, senza ambiguità, zone d’ombra. Anzi, sarà proprio nelle zone di ombra che si cela la realtà di un mondo imperfetto, sbagliato e, proprio per questo, reale come non mai.

2. L’ASSISTENTE DI VOLO (HBO-Sky Serie) Due stagioni e sedici episodi complessivi, basata sull’omonimo romanzo del 2018 di Chris Bohjalian. Kaley Cuoco prova a levarsi di dosso il personaggio della “bionda svampita”, che studia recitazione e sogna di fare l’attrice in “The Big Bang Theory”, con questa miniserie dark-thriller dal taglio grottesco e comico. Cassandra Bowman è un’assistente di volo con evidenti problemi di dipendenza dall’alcol che, dopo aver passato la notte con un giovane uomo conosciuto sul volo per Bangkok, si sveglia in preda al panico poiché scopre che l’uomo con cui è andata a letto è morto dissanguato accanto a lei. La storia parte da un blackout di eventi e va a ritroso cercando di ricostruire il passato in un susseguirsi di scene dal taglio incredibilmente bilanciato fra il thriller e il comico. Kaley Cuoco è formidabile nel mettere in scena un personaggio complesso, vivo, pieno di fragilità e, con le sue espressioni facciali, riesce a far cogliere a pieno le varie sfumature di sé. La serie non è solo un crime, un’indagine di come si sono svolti i fatti, ma anche una sorta di psicoanalisi, di elaborazione del lutto che permette alla protagonista di interrogarsi sull’origine dei suoi problemi, in un confronto costante con scheletri del passato mai del tutto affrontati.

3. EUPHORIA (HBO-Sky Serie) Serie Televisiva statunitense creata e scritta da Sam Levinson per HBO Max e basata sull’omonima miniserie israeliana ideata da Ron Leshem. Non potevo non concludere questa triade con una tra le serie, a mio avviso, meglio riuscite degli ultimi anni. Euphoria racconta le vicende di un gruppo di liceali alla ricerca di se stessi e della propria identità tra amicizie, sesso, traumi passati e presenti e droga. Per capire la portata rivoluzionaria di questa serie basterebbe guardare i primi fotogrammi del primo episodio. Nulla è edulcorato, tutto è raccontato minuziosamente nei dettagli, senza censure. L’opposto di una qualunque serie della tv generalista del nostro paese. L’intero racconto è filtrato dalla narrazione fatta in prima persona dalla protagonista Rue, un’eccezionale Zendaya che, per il ruolo ha anche vinto il prestigioso Emmy come Migliore attrice Protagonista in un una serie drammatica. Euphoria è una serie che affronta il tema delle dipendenze a 360 gradi. Dalle droghe alle dipendenze affettive, la voglia di non deludere gli altri, le aspettative sempre più pressanti della società, al desiderio che si rivela illusione di avere controllo su di sé e sugli altri. Traumi nascosti ed altri ben visibili portati in scena con una naturalezza impressionante e un utilizzo sapiente e maniacale delle luci e della scenografia. Le musiche di Labirinth, poi, fanno il resto e riescono a trasportare lo spettatore in un’altra dimensione, così come si trovano i protagonisti quando vivono alcuni momenti.

La mia maestra alle Elementari diceva sempre la solita frase che a ogni ragazzo, un po’ svogliato e con la testa già proiettata al dopo, si dice: “suo figlio è intelligente, ma non si applica”. Ne ho fatto uno stile di vita. Studente di giurisprudenza presso la Federico II e di recitazione cinematografica in CinemaFiction. Appassionato di scrittura e di cinema. Scrivo opinioni, non richieste, su tutto ciò che a mio avviso merita di essere raccontato e discusso. Perché nella vita ho imparato che è sempre meglio avere un opinione che subire passivamente il corso delle cose.