Democrazia, partecipazione e altro…

Condividi su

di Maria Rusolo

“Troppe voci si levano a pontificare nel mondo della politica. Troppi sapienti, arroganti, opportunisti e falsi. Occorrerebbero uomini intelligenti, onesti, chiari nel parlare, difensori delle classi più umili. Alieni da ogni compromesso, capaci di affrontare l’incerto per un ideale.”

Siamo di nuovo in Campagna elettorale, l’ennesima, anche se in realtà forse siamo il Paese in cui si amministra a qualsiasi latitudine geografica ed istituzionale, solo in vista dei rinnovi degli organi politici. Il clima non è dei migliori e questa volta a settembre ormai iniziato non possiamo prendercela neanche con il ciclone africano.

Le temperature sono miti, ma quello che scorgiamo all’orizzonte non ci consente di avere più fiducia nel sole dell’avvenire. Oltre vent’anni di civismo hanno determinato la assoluta impossibilità di rinnovare radicalmente la classe dirigente politica. C’è qualcuno che ha pensato di poter risolvere il problema della corruzione dilagante e degli scandali che hanno attraversato la nostra storia civile e sociale ricorrendo ad una cooptazione dal basso, determinando uno tsunami culturale ed aprendo le porte al populismo più esasperato. Nessun miglioramento in termini di qualità di uomini e donne, nessun miglioramento nella scelta delle politiche da promuovere, la cancellazione di ogni tipo di programmazione futura, con un appesantimento di costi di gestione ed inefficienza dei servizi.

Bisognava divulgare il verbo del dissenso contro il cosiddetto uomo delle istituzioni per professione, perché era quello il feticcio di ogni male e di ogni ruberia. Mi sembra che i risultati siano sotto gli occhi di tutti, soggetti ignari e privi di competenza hanno pensato bene, che forti di qualche consenso nel bar della piazza del paese, o della famiglia numerosa potessero entrare nella stanza dei bottoni. Mi pare scontato dire che io sia contraria al civismo, o meglio, non lo sono per pregiudizio radical, ma semplicemente perché come mi ha detto una volta un ex Presidente del Consiglio ” quando le cose non funzionano, cara mia, non si butta mai l’acqua sporca con il bambino”.

Ecco per quanto mi riguarda alla luce dei fatti del ’92 ci si sarebbe dovuti confrontare al fine di realizzare una radicale trasformazione dei partiti e delle formazioni sociali, prescindendo dalla necessità di utilizzare tecnici e la gente del popolo per mantenere sotto mentite spoglie le redini del potere. La volontà era quella di sedare le piazze affamate di teste da far saltare, di calmare la sete di vendetta. La massa a volte, purtroppo, è acciecata da quello che percepisce anche grazie ad una stampa che inquina i pozzi e ad una magistratura che volontariamente ha preferito i mezzi di comunicazione di massa alle aule di giustizia. La storia purtroppo spesso non insegna nulla, o più semplicemente ci si gira altrove per non dover fare i conti con la propria coscienza. Insomma il dato incontestabile è che la crisi dei partiti ed il mai realizzato ricambio generazionale hanno causato un tale impoverimento che come capita dalle mie parti alle elezioni amministrative per il rinnovo dei Consigli Comunali, molto spesso si corre da soli senza liste antagoniste, senza antitesi, senza contraddittorio, nell’annientamento più totale di ogni forma di democrazia.

Potrei poi soffermarmi sul fatto che nei Comuni al voto, quasi nessuna donna si presenti alla carica di sindaco, dimostrando che anche nelle società che si definiscono civilizzate, rappresentiamo ancora un problema e non una risorsa, e che forse ci dovremmo interrogare sui progressi della parità di genere nel nostro Paese, altro che Talebani. Se questo non bastasse c’è un altro elemento che suscita il mio sgomento, nel silenzio generale, i candidati si presentano come battitori liberi, sostenuti da questo o quel politico, ma senza simbolo. Una minestra inodore ed insapore che determina e consente ogni forma di trasformismo, e la cancellazione di ogni storia e di ogni visione ideale, si badi bene ho volutamente evitato di dire ideologica, per evitare che qualche populista d’accatto mi contestasse che le ideologie ormai sono morte e sepolte.

Dovrei dire, con una certa vena polemica, che forse qui casca l’asino. La democrazia merita la nostra costante partecipazione ed attenzione, e bisogna farlo costruendo nuovi strumenti di dialogo e spazi di discussione, affinché sulla bilancia siano posti i diritti ed i doveri, gli obblighi e le facoltà, con la volontà di aprire ad un miglioramento della società, che abbia come obiettivo non il presente ma l’avvenire. Ha senso chiedere che i politici si riducano le indennità di carica, se poi negli anni di gestione riescono attraverso la conoscenza dei meccanismi a costruire basi di consenso stratosferiche, finalizzate al radicamento in qualche modo eterno e familiare? E’ come se guardassimo il dito e non la luna, o come se fossimo rassegnati alla immutabilità della realtà che ci circonda.

Cari amici miei come ha detto qualcuno, più saggio di me, ” tutto scorre” e nulla rimane mai uguale a se stesso, ma ciascuno di noi può e deve fare la propria parte, ogni giorno, in qualsiasi settore in cui opera, la ammuina non ci ha premiato, anzi ha consentito il ritorno ad una forma strisciante di feudalesimo nella quale siamo servi della gleba e non cittadini. C’è speranza? C’è sempre solo se ciascuno agisce consapevole che la vita civile presuppone delle responsabilità e nessun tentennamento.

“La politica è l’arte di cercare guai, di trovarli sempre e dovunque, di farne una diagnosi inesatta e di applicare i rimedi sbagliati.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.