Evita Peròn, il mito intramontabile di un’icona senza tempo

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di Alessandro D’Orazio

Maria Eva Duarte, meglio conosciuta come Evita Peròn, è stata una figura di enorme rilevanza nella storia argentina. Nacque nel villaggio di Los Toldos il 7 maggio del 1919 da una famiglia di umili origini. Prima di conoscere il suo futuro marito nel 1944, si era cimentata nel mondo della recitazione. Quando incontrò il colonnello Juan Domingo Peròn, lavorava in una radio filogovernativa; fattore che le stava assicurando una carriera notevole. Ufficializzata la relazione amorosa con il leader argentino, la sua popolarità crebbe a dismisura sia all’interno del panorama politico argentino che di quello peronista.

Eva fu comunque brava a sfruttare con grande efficacia la sua arte oratoria, imitando il cipiglio vibrante e combattivo del coniuge, tanto da renderla una figura amatissima dal popolo. A consacrarla come un personaggio stellare fu anche il modo in cui fece delle sue origini umili un motivo di vanto, disprezzando gli oligarchi e ottenendo un vasto seguito tra la classe operaia. La sua popolarità era cresciuta talmente tanto che Peròn le assegnò un ruolo di intermediazione tra le masse dei lavoratori e il loro presidente; un legame che costituiva l’essenza del regime e che veniva ribadito da Peròn con insistente frequenza durante ogni comizio.

Evita si dedicò con passione ai lavoratori, creò un vasta rete di assistenza e assicurò la giustizia sociale fino alle più remote periferie operaie. Ella riuscì in questo suo obiettivo servendosi della “Fondazione Eva Peròn”, una istituzione di cui era profondamente orgogliosa. Creata nel 1948, venne sostenuta non solo da ingenti fondi pubblici, ma soprattutto da donazioni di imprese e lavoratori. Eva aveva conquistato la sensibilità del popolo argentino; circostanza che contribuì a circondarla di un’aura mitica, quasi sacra. La sua popolarità toccò l’apice quando venne proposta come vicepresidente in vista delle elezioni del 1951. A risentirsi di questo furono, però, i militari peronisti, i quali – temendo che le politiche di Eva favorissero eccessivamente la classe operaia privandoli dei loro privilegi – si opposero alla sua candidatura. Fu il marito, infine, a convincerla a rinunciare alla carica.

Dopo la rielezione di Peròn, l’astro di Evita cominciò gradualmente a tramontare. Del resto, nel settembre del 1951, le fu diagnosticato un tumore che in breve portò il Paese in apprensione. L’ondata di affanno patita dai suoi sostenitori si protrasse fino al giorno della sua morte: il 26 luglio 1952. Evita aveva appena 33 anni e da lì in avanti la sua figura sarebbe rimasta un’icona sacra e immortale nel panorama politico argentino.

Classe 1992. Una laurea in Giurisprudenza ed una in Operatore giuridico d’impresa. Nel mezzo l’azione: paracadutista, sommozzatore e pilota d’aerei. Classicista convinto, quanto Cattolico. Appassionato di viaggi, lettura e scrittura. Un’esistenza volta alla costante ricerca delle tre idee che reggono il mondo: il Bene, la Giustizia e la Bellezza. Senza mai perdere di vista la base di ogni cosa: l’Umanità. Se fosse nato sostantivo, sarebbe stato il greco aretè e cioè, la disposizione d’animo di una persona nell’assolvere bene il proprio compito. La frase che lo descrive: “Darsi una forma, creare in se stessi un ordine e una dirittura”. Il tutto allietato da un bel dipinto di Giovanni da Fiesole.