Giampiero Galeazzi, ” The medium is the message”

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di Giuseppe De Silva

Lo cito due volte, in due miei libri.  Ne ho cominciato un altro sulla storia della telecronaca nel quale lui è lo spartiacque:  prima di Galeazzi, dopo Galeazzi.
Preso da altri progetti e dal vivere quotidiano non l’ho mai finito, glielo avrei portato, umilmente, per farmelo autografare.
Non ho fatto in tempo.
Giampiero Galeazzi
(all’anagrafe Gian Piero) è stato un Maestro.
Di quelli veri.
Capace di coniugare il narcisismo del giornalista con l’umiltà del cronista. Inventore delle telecronache passionali dove l’urlo e il pathos venivano fuori solo quando era veramente giusto per sottolineare l’impresa,  mai andò fuori dalle righe in milioni di ore di diretta o nei servizi realizzati in “presa” diretta.
Sempre educato, gentile, spiritoso, ma spietato nei suoi “marcamenti ad uomo” per portare a casa la notizia o il pezzo.
Memorabili: il racconto del primo scudetto del Napoli;  la cortesia, mai piaggeria, delle interviste all’avvocato Agnelli punteggiate da ironia e puntualità nelle domande;  l’inseguimento a bordo campo dei protagonisti degli scudetti da lui raccontati. 
Indimenticabili per la delicatezza dell’uomo e i nervi saldi del cronista: il “vaffa” rimediato a San Francisco da Adriano Panatta (del quale sarà sempre grande amico) dopo il match perso con McEnroe in finale di Davis ’79 e il suo aplomb nel giustificare il nervosismo del campione sconfitto;
la sigaretta data a bordo campo a Paolo Rossi dopo una sostituzione (segreto professionale svelato dopo il tempo della prescrizione) al Mundial ’82 quando il nostro centravanti stentava a ritrovarsi;
Il “cazziatone” al presidente della Fit Galgani: “presidente, il cronista è stanco, quando tiriamo fuori un campione”;
La definizione “dritto anomalo” per Borg, che si spostava sul dritto per colpire in luogo del rovescio;
L’intervista sempre a Borg dopo la vittoria su Panatta a Roma ’78 ripagandolo delle intemperanze del pubblico, nel dire: “quando avremo ancora il piacere e l’onore di vederla giocare a Roma?”;
I servizi alla Domenica Sportiva, quando cominciava facendo vedere il suo copricapo western e per omaggiare l’eroe del giorno diceva: “allora, giù il cappello davanti a..”;
Il racconto dei fratelloni di Castellammare, gli Abbagnale, campioni olimpici le cui imprese appaiono ancora più spettacolari grazie alle sue telecronache.
Tennis, calcio, canottaggio.
Canottiere lui stesso alle Olimpiadi del 68, amante dello Sport. Di tutto lo Sport.
Un amore irrefrenabile che veniva fuori dalla sua partecipazione ad ogni evento che raccontava, facendolo fino al sacrificio fisico personale: finì in ospedale in India per un colpo di sole dopo sei ore di diretta durante un incontro di Coppa Davis. Il giorno dopo era lì, nuovamente a bordo campo, per raccontare il match.
Il giornalismo moderno, popolare (mai populista, mai volgare, mai strillato) capace di raccontare andando oltre la cronaca del semplice evento, in Italia è nato con lui.
Nella Scienza della Comunicazione si usa la frase “the medium Is the message” per significare l’importanza che assume chi veicola il messaggio giornalistico che quasi diventa più importante della notizia, diventando per autorevolezza egli stesso “la notizia”.
Questo, che è il titolo di un famoso volume di Marshall McLuhan (padre della Scienza della Comunicazione) si adatta benissimo a Giampiero Galeazzi: è stato talmente grande da diventare il nostro “medium is the message”.
Grazie, Maestro
Salutami tutti gli eroi che sono aldilà dei sogni.
Prendi cuffia e microfono e comincia a raccontarli, come solo tu sai fare.

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