Il coraggio di cambiare

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di Maria Rusolo

Si parla poco delle Amministrative, almeno sulle testate giornalistiche nazionali, eppure si gioca tutto nelle comunità, si gioca tutto nei comuni, piccoli e medi. Sono questi enti la vera ossatura del Paese e sono quelli che svolgono le funzioni più importanti, perché più vicini ai cittadini. L’aver deciso sull’onda degli scandali degli anni di Mani Pulite che i partiti fossero spazzatura ed aver spinto per la creazione di un sistema civico ha ridotto le nostre città, spesso a spazi vuoti incapaci di gestire servizi e di fornire serenità a chi li vive.

I comuni più piccoli vengono alla ribalta solo per uno scandalo di corruzione o per la incapacità di intercettare fondi, ma neanche la opinione pubblica si sofferma sulle cause originarie di queste situazioni. Bisogna viverci e provare a dare un contributo per capire che a queste latitudini non vi è foglia che si muova che una classe dirigente non consenta, i simboli dei Partiti spariscono, ma lavorano nell’ombra per la formazione di liste civiche, che di civismo non hanno nulla, una vera accozzaglia di persone prese a caso, chiuse in una scatola, che si celano dietro una immagine iconica da tecnico di qualche cosa e che subiranno pressioni di ogni genere in ossequio alle indicazione di un qualche riferimento istituzionale che serve a veri livelli il potente di turno.

I maggiori scempi sono stati autorizzati in nome di questa pulizia territoriale, che ha classificato chi invece si schierava apertamente, chi delineava una appartenenza nella categoria del facinoroso e polemico. Non bisogna avere la tessera di partito, non bisogna schierarsi da una parte o dall’altra, parole vuote e proclami gridati in piazza, senza dire come e quando si faranno le cose che contano davvero. Se si chiude un Ospedale, o si autorizza un termovalorizzatore in una zona di interesse storico o ambientale, senza che un sindaco civico eletto alzi la voce, che se ne fa la gente del civismo e soprattutto quella gente viene presa per il naso due volte.

Da una parte, perché è convinta di essersi liberata delle organiche lotte intestine dei partiti, e dall’altra perché le decisioni le continuano a prendere i politici che siedono altrove. Per cui non solo non si sa bene quale sia l’opinione di questi illustri sconosciuti, non solo non si conoscono le capacità amministrative, ma per giunta si eleggono eserciti a sostegno di riferimenti istituzionali che in questo modo consolideranno il proprio potere personale negli enti di secondo livello e nelle prossime campagne elettorali. I big se ne fregano se i piccoli comuni non hanno il personale sufficiente per garantire la sicurezza, la pulizia, la manutenzione ordinaria e straordinaria, se ne fregano se l’acqua costa più del vino, se ne fregano se non si accede ai finanziamenti del PNRR, perché non si sa quali pesci prendere, giocano una partita di scacchi fregando le pedine all’avversario.

La frase più comune è ” noi siamo nuovi e belli, non stiamo con nessuno, potete votarci tutti”. Pensateci bene, si preparano le liste ad un secondo dalla scadenza, senza prima presentare un programma elettorale di proposte, corredate dagli elementi necessari per la loro attuazione. I partiti andavano riformati e ripensati, ma erano quelle formazioni sociali nelle quali l’individuo realizzava la propria personalità, sapeva in qualche modo di appartenere ad un mondo, sapeva di avere una visione del futuro, sapeva che esistevano delle priorità da realizzare e come conseguire quegli obiettivi.

Oggi c’è il vuoto e chi non partecipa è colpevole, il cittadino che a capo chino si reca a votare, per un posto di lavoro in un call center o per una agevolazione nel rilascio di un qualche permesso, condanna se stesso e la propria terra alla schiavitù ed al servilismo. Non sono gli altri i colpevoli, o almeno non lo sono da soli, siamo noi che ci svegliamo di tanto in tanto, pur avendo in mano la possibilità di cambiare le cose che non vanno. La libertà, il diritto, presuppongono delle enormi responsabilità, per cambiare la realtà che ci circonda, non dobbiamo abbandonare la speranza, ma soprattutto dobbiamo indossare la corazza del coraggio, abbandonando le vesti della indifferenza.

Buon voto a tutti.

“È buonsenso prendere un metodo e provarlo. Se fallisce, ammettetelo onestamente e provatene un altro. Ma, soprattutto, provate qualcosa.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.