Numeri speciali…

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di Maria Rusolo

Tra i numeri primi ce ne sono alcuni ancora più speciali. I matematici li chiamano primi gemelli: sono coppie di numeri primi che se ne stanno vicini, anzi quasi vicini, perché fra di loro vi è sempre un numero pari che gli impedisce di toccarsi per davvero.”

In questo caos feroce siamo ormai dei numeri primi, diversi, isolati, che mal si amalgamano con il resto della banda. Non che non siano indispensabili gli esseri umani così speciali, ma forse più degli altri scontano la loro particolare unicità, scontano la incapacità di adattarsi a ciò che la massa impone, alle verità assolute e che prescindano da un momento di riflessione. E’ tutto troppo rapido, tutto banalmente uguale a se stesso, incapace di mutamenti richiesti dal variare degli eventi e delle stagioni.

Si vive in uno stato di sopimento abitudinario, la strada percorsa diventa parte costante di una vita che si vuole priva di ogni scossone, di ogni alterazione, e quando qualcosa che sfugge al nostro controllo piega le nostre solite vite, ci si lega ad una certezza per continuare a sopravvivere.

Siamo figli della omologazione a tutti i costi, figli cresciuti pensando che tutto per noi sarebbe stato possibile ed invece ci troviamo al cospetto della accettazione di regole e di decisioni prese da altri per noi e non osiamo reagire, pieghiamo il capo e ci adattiamo ad una catena di montaggio dei sentimenti, delle pulsioni, impariamo i gesti ripetitivi che ci appaiono come l’unica possibile salvezza, pronti a rinunciare a tutto quello che riguarda il nostro Io per essere come il mondo ed il nostro tempo ci ha immaginati. ” Fai questo e sarai felice”; ” Compra questo e sarai bello e vincente”; in realtà finiamo per essere dei perdenti della normalità. Sono i numeri primi, le eccezioni, i differenti che hanno cambiato la storia, nel bene e nel male, quando la strada era dritta e tranquilla, hanno preferito scegliere sentieri tortuosi che attraversassero boschi e mondi sconosciuti.

Pensate cosa sarebbe accaduto se un esploratore si fosse posto il problema delle distanze e degli spazi sconosciuti, o se un artista avesse scelto di imitare quello che gli altri avevano immaginato prima di lui. La diversità non è felicità, ahimè nella maggioranza dei casi, spesso conduce alla solitudine, alla follia, alla esasperazione; spesso si diviene nemici per chi ha il vantaggio a lasciare tutto immuto, per chi scorge in essa una luce che possa scuotere il potere costituito.

Ci vogliono tutti sufficientemente dediti alla abitudine, alla ripetitiva assenza di slanci, ci vogliono rinchiudere in famiglie ” normali”, nelle quali tenere a bada il mostro delle passioni e del dissenso. L’essere umano disprezza le catene e per quanto tu possa tenerlo rinchiuso in un recinto fatto di finto prato all’inglese, alla prima occasione si farà trascinare da quei solitari numeri primi, guarderà la propria immagine riflessa in uno specchio e non si riconoscerà e sarà pronto ad uscire dalla Caverna per poter godersi il gusto dell’ignoto. Il mio è un appello a tutti i numeri primi, ai solitari pensatori, ai sostenitori della rivoluzione gentile, ma potente, a coloro che nel proprio mondo riconoscono i colori nascosti dietro il buio ed il grigio del cemento, affinché possano finalmente incontrarsi senza diffidenze, avvicinarsi agli altri e costruire un cammino condiviso, indipendentemente da ogni forma di ottusa e cieca resistenza.

Non è un percorso semplice, non è un percorso agevole, ma qualcuno lo deve compiere ed occorre partire da qualche parte, e quale migliore treno da prendere al volo, se non quello di una isolata stazione di provincia mentre intorno scoppia un incendio che brucia tutto e tutti. Non c’è nulla di filosofico in quello che scrivo, pensateci per un attimo, cari amici lettori, fermatevi un solo istante e pensate a quello che vi accade in questo preciso istante, e vi riconoscerete e ci riconosceremo, io ne sono certa. Non c’è fantasia che non sia retta dalla grande capacità di osservare pragmaticamente quello che accade a pochi passi da noi. In fondo tutto è possibile, anche quello che abbiamo solo immaginato.

“Ogni volta che un uomo combatte per un ideale… emette una minuscola onda di speranza e queste onde, intersecandosi da un milione di centri differenti di energia e di audacia, producono una corrente in grado di spazzare via i più poderosi muri di oppressione e resistenza.“

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.