Se le parole fossero pietre

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di Claude De Bray

Per meglio comprendere gli ultimi accadimenti dobbiamo partire da lontano, aprire la scatola dei ricordi, e tornare al lontano 2011. Gli italiani dimenticano in fretta ma sono statisti, giudici, allenatori e tanto altro ancora; siamo un popolo di tuttologi.

In quel lontano 2011 gli italiani, pur tuttologi, nemmeno conoscevano lo spread, lo capiranno e come, quando nel novembre dello stesso anno il Presidente Berlusconi salì al colle per rassegnare le dimissioni.

Ad attenderlo fuori quella sera c’era una discreta folla di persone che oltre ad epiteti di vario genere lanciarono anche ortaggi ed insalate varie. Pochi mesi prima lo spread aveva già superato la soglia dei trecento punti ed al termine di una riunione del consiglio europeo, in una conferenza mitica quanto mesta per la nostra Nazione, ci fu una conferenza stampa i cui partecipanti erano Angela Merkel e Nicolas Sarkozy.

La domanda che posero i giornalisti fu perentoria: “avete fiducia del premier italiano“

La non risposta fu eloquente e la foto di quell’attimo è diventato l’emblema della considerazione che il resto del mondo avesse per le istituzioni italiane in quel periodo. Giusto per citare le cariche del governo Berlusconi di quel tempo emergono persone di spicco e grande peso politico come Umberto Bossi, Raffaele Fico, Calderoli, Brambilla e Maroni; definirli una accozzaglia è puramente riduttivo.

Lo spread raggiunse quota cinquecento punti e in pratica non avevamo nemmeno i soldi per pagare pensioni, dipendenti pubblici ivi compresi pianisti ed uscieri di Montecitorio; eravamo sull’orlo della bancarotta. Il resto, con il governo Monti, fu lacrime e sangue e non solo quelle della Fornero ma soprattutto le nostre.

Ora in questi giorni, ma da oramai molto tempo, come un mantra, Tajani e compagni definiscono Berlusconi uno “statista” al netto delle vicende tipo Ruby, qualche accusa infondata di evasione fiscale scontata con qualche giorno in poltrona in una casa di cura.

È cosa buona e giusta ricordare che per “statista”, secondo il vocabolario si intende una donna o uomo di stato; persona che ha una profonda esperienza, teorica e pratica, dell’arte di governare uno stato. Ora un Presidente del Consiglio che ci ha condotto quasi alla bancarotta non mi sembra risponda ai canoni sopra citati ma noi cittadini abbiamo la mente troppo labile e dimentichiamo in fretta.

Mi viene in mente quando Berlusconi in una trasmissione televisiva, il cui conduttore era un certo Santoro, definì Dell’Utri un uomo integerrimo e grande bibliofilo; come è andata a finire spero lo sappiate tutti. In questi giorni addirittura, in virtù di grande statista e figura rappresentativa in Europa e nel mondo, il nome di Berlusconi è emerso tra i papabili alla carica istituzionale quale Presidente della Repubblica.

Ci vuole una faccia come il…granito per giungere a questo e la nostra classe politica la tiene e come questa faccia!!! Abbiamo assistito ad una delle pagine più tristi della nostra repubblica e soprattutto al fallimento della politica senza sé e senza ma.

Una classe politica legata ad interessi di parte, connivenze, compromessi, poltrone, potere, e con il timore di poter perdere quel sussidio paritetico al reddito di cittadinanza con qualche agevolazione in più. Populismo, di questo si tratta; hanno agito con un termine che si intende dispregiativo della politica di bassa lega attribuito al popolo.

Gli stessi che in qualunque elezione, fosse pure quella del Sindaco di Roccasecca, se ne attribuiscono il merito. No, miei cari, il popolo nella costituzione sarebbe sovrano ma noi non lo siamo mai stati e qualora un tempo lo eravamo ne abbiamo fatto proprio cattivo uso, altrimenti non si spiegano accadimenti passati e presenti.

Oggi i politici ci hanno privato di tale denominazione e spesso li sentiamo dire “gli italiani” oppure “i cittadini” mai che ci definiscano “popolo”.

Così abbiamo politici che fanno comizi col rosario ma poi vanno al Papete, altri che votati in uno schieramento passano in un altro agli antipodi di quello per cui è stato votato e addirittura assistiamo alla nascita di partiti che nessuno abbia mai votato; tutto questo nell’ambito della costituzione che assurge quasi alle regole del Monopoli di cui noi, popolo, a male pena è destinato Vicolo Corto e Vicolo Stretto.

Assistiamo poi al rinnegare del termine partito per sostituirlo con “movimento” “forza” “noi” “vivi” solo perché questa non politica è M O R T A.

A darne l’estrema unzione è stata l’elezione del nuovo presidente della Repubblica, ovvero il vecchio caro nostro amato Presidente Mattarella che nel discorso ha letteralmente distrutto la politica dicendo: “Accetto per responsabilità, che prevale sulle considerazioni personali”

Le sue considerazioni, pur sottintese, sono fin troppo chiare e adamantine; se le parole fossero pietre Mattarella ha lapidato la politica se tale la vogliamo ancora definire.

Nato a Napoli non ho frequentato scuole degne di tale nome. Al compimento dei diciott’anni dopo il conseguimento del diploma sono subito stato assorbito dal lavoro soprattutto per motivi di sostentamento precludendomi la cosiddetta “Laura”. In compenso ho la laurea della strada, un master in sopravvivenza e vivo tutt’ora di espedienti. Amo leggere più che scrivere ed avendo raggiunto un’età che mi concede il lusso di dire ciò che penso non percorro strade che conducono al perbenismo bensì all’irriverenza. Non amo molto questo tempo e la conseguente umanità per cui sono definito un misantropo; ciò non toglie che la solitudine non precluda l’essere socievole e come tutti i solitari le persone le scelgo; il resto le guardo da lontano, senza avvicinarmi troppo. Se è vero che ogni mattina ognuno di noi fa una guerra per combattere il razzista, il moralista, il saccente che vive in noi, non ho alcun interesse nello scoprire che qualcuno questa guerra l’abbia persa e dunque la evito. Il resto sono cazzi miei e non ho intenzione di dirvi altro altrimenti, come Sanguineti, dovrei lasciarvi cinque parole che vi assicuro non vi piacerebbero.