Il deserto delle idee…

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di Maria Rusolo

“La questione meridionale è una questione economica, ma è anche una questione di educazione e di morale. […] L’Italia meridionale non deve chieder nulla: deve solo formare la sua coscienza, perché reagisca alla continuazione di uno stato di cose che impoverisce e degrada. Deve, soprattutto, volere maggior sicurezza di ordinamenti; maggiore rispetto della legge; deve, più ancora, preferire agli aumenti di spese per qualsiasi ragione, la diminuzione delle imposte più tormentose. Continuerà ancora l’equivoco presente? Continuerà fino a quando noi non vorremo vedere la verità così com’è; fino a quando noi attenderemo la nostra salvezza dagli altri e non da noi stessi.“
Nel Post- Covid ci attendono le Elezioni Regionali che dovrebbero essere tra le più difficili della nostra storia per le enormi implicazioni sociali, culturali ed economiche, che la Pandemia ha determinato nel nostro Paese e nel resto del Mondo, ma come accade spesso, per chi vede nella Politica un punto di arrivo e non di partenza sono ancora una volta un orizzonte corto per speculare sui bisogni e sulle paure, e per continuare a detenere lo scettro della gestione tra le mani, incuranti di ciò che realmente ci circonda.
La battaglia delle candidature ha il massimo spazio  nella opinione pubblica,  una guerra fratricida nell’ambito delle coalizioni per un posizionamento giusto che garantisca una elezione, in dispregio di ogni considerazione del principio di rappresentanza e del valore che gli elettori dovrebbero assumere in questo tipo di competizione. Si seguono spot, dirette e pellegrinaggi con il chiaro intento di raccogliere adesioni verso una persona, piuttosto che verso una visione ed un progetto, una idea che partendo dall’analisi corretta, brutale degli eventi, dei bisogni, della realtà e del deserto che ci circonda proponga finalmente delle risposte, dei progetti, delle soluzioni.
Questo diventa insopportabile soprattutto nella nostra Regione e nella nostra Terra, che vive in maniera perenne una Questione Meridionale, mai volutamente risolta. L’assistenza panacea di tutti i mali diventa il terreno di scontro per alimentare i clienti e per continuare ad amministrare indisturbati consolidando una posizione personale. Non c’è di fronte a noi un campo largo, ma tanti piccoli orti coltivati con l’intento di lasciare tutto quanto come si trova. Ogni evento, conferenza, incontro, ripropone in maniera asfittica da ormai decenni sempre le stesse questioni, e la stessa classe dirigente, un vuoto cosmico fatto di espressioni ripetute all’infinito, senza nessuno sforzo di novità utile alla comunità.
Questa condizione ha creato il terreno fertile perché attecchissero fenomeni vuoti, ma di massa, come il populismo ed il sovranismo, due facce  di una stessa identica medaglia, che non hanno che un’unica speranza di sopravvivenza, data dal continuare ad agire come se nulla fosse cambiato intorno a noi. La popolazione invecchia, i giovani scappano, la mobilità sociale è un miraggio, la scuola è in agonia, le università continuano ad essere terra di baroni e di protettorati, la politica continua a selezionare uomini e donne più per obbedienza che per capacità, il welfare è una parola vuota, i servizi sono per i ricchi e potenti, la povertà un dato, l’emarginazione una costante furiosa che smuove il terreno dalle viscere.
E nonostante tutto  ci si accapiglia per un posto in una lista, perché esserci diventa più importante che fare, dire, proporre. Il deserto avanza e noi rimaniamo immobili a guardare in attesa di essere chiamati ad esprimere un voto, ma senza avere davvero il potere di cambiare le cose. Non è un invito alla rivoluzione armata il mio e ci mancherebbe, ma mi aspetto molto di più questa volta di vuoti proclami, o della esaltazione delle nostre bellezze arroccate sulle alture, in cui non ci sono più giovani, le scuole chiudono o mancano i servizi essenziali per le persone. Si siamo persone, siamo individui con bisogni che vogliono essere diversi ma ugualmente importanti , ma vogliamo vivere di sogni e non elemosinare attenzioni, non vogliamo più essere i clienti di turno, da usare a piacimento, ma parte attiva di un cambiamento.

“Scordatevi la possibilità di avere nel Sud partiti puliti e lustri se la realtà meridionale, per tante parti, resta quella che è. Anche se una certa, diffusa mentalità legalistico-formalistica porta tanti a non comprenderlo, una nuova «regola», quale che essa sia, per esempio in materia di composizione delle liste, se cade in un ambiente con essa incompatibile, verrà necessariamente aggirata o stravolta. Passata l’emergenza, tutto ricomincerà più o meno come prima.“

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.