2021: Odissea nell’ospizio. O quasi…

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di Pasquale Di Fenzo

Fino agli anni 2000, prima della crisi editoriale determinatasi con l’avvento dei social, negli USA erano molto diffusi i giornali della sera, i cosiddetti “Tabloid” che arrivavano nelle edicole nel tardo pomeriggio, giusto in tempo per essere comprati dalle persone che tornavano a casa dal lavoro. Alcuni direttori di questi giornali si accorsero che mettendo in prima pagina un articolo su otto colonne dal titolo “Sperimentata miracolosa cura contro il cancro!”, le vendite aumentavano vertiginosamente. A causa della sregolata alimentazione cui sono abituati gli americani, l’incidenza del cancro nelle famiglie americane è molto presente.
Quasi una famiglia su due è costretta a confrontarsi, più o meno direttamente, con questa tragica esperienza. L’articolo proseguiva con termini medici e paroloni incomprensibili, ma alla fine non diceva assolutamente niente di nuovo, se non che la cura miracolosa era ancora lontana anche dalla fase di sperimentazione. Così dopo poco tempo questo sistema del titolo acchiappa-clienti cominciò a non funzionare più, anche perché molte persone notavano il giornale al supermercato, dove facevano la spesa prima di rientrare a casa la sera. Ma se cominciavano a leggere l’articolo mentre erano in fila, si rendevano subito conto che non diceva assolutamente niente, e riponevano il giornale negli scaffali prima di arrivare alla cassa. Ma i giornalisti sono una brutta razza e i direttori sono ancora peggio. Sicché cominciarono relegare l’articolo che non diceva niente all’interno del giornale, continuando a sparare in prima pagina solo il titolo con l’aggiunta: “segue all’interno”. Senza però specificare a che pagina.
Il potenziale lettore si ritrovava impossibilitato a sfogliare il giornale alla ricerca dell’unica cosa che gli interessava mentre era in fila alla cassa, e si vedeva costretto a comprarlo se voleva approfondire la notizia. Una vera e propria guerra di nervi, cui misi fine l’avvento dei social. Ma la battaglia mediatica ha solo cambiato le armi, non le modalità di combattimento.
Nell’ultima settimana, oltre che su wapp e msg, un articolo si è intrufolato su fb peggio di Radio Maria che si capta anche nell’inesistente tunnel del Brennero di toninelliana memoria. Un certo Prof. F.S. parla di un serio pericolo per chi sta per essere vaccinato riferito a un non meglio specificato “RISCHIO ADE”: Tornano i caratteri cubitali! Seguono paroloni incomprensibili e termini medici che richiamano l’infarto e le trombosi. Tanto basta perché il lettore si faccia attento. Poi scopri che è un fenomeno noto fin dagli anni ’70 e che riguarda tutti i vaccini. Ma ormai la breccia è aperta. ADE, dall’inglese Antibody-Dependent-Enhanchement, traducibile come “intensificazione (dell’infezione) anticorpo-mediata”. E che vor di’? Direbbero a Roma.
Ma a colpirti è un’altra parolina magica che schianterebbe pure un bufalo imbufalito: Dependent! Vuoi vedere che questi ti drogano! Poi la botta finale: il sunto si traduce che “un’eventuale infezione in atto al momento della vaccinazione potrebbe aggravare la situazione favorendo un passaggio del virus e compromettendo le naturali difese immunitarie”. Come a dire: vai p’aiuto e truovi scarrupo!
Ora, se sei temprato, le naturali difese immunitarie potrebbero pure resistere all’urto. Ma chi le mantiene le difese psicologiche? Poi cercano di “appararsi” aggiungendo (letteralmente) : “Non è ben chiaro quanto il fenomeno dell’ADE possa incidere realmente nella mancata o opposta risposta ai vaccini Anti-Covid”. Ma ormai il dado è tratto. Chi sta per vaccinarsi viene assalito dai dubbi, anche perché sottoposto a continue sollecitazioni da parte dei famigliari: “Ha detto una mia amica che ha parlato col portiere di un medico del Cotugno che prima di vaccinarsi è meglio fare il test sierologico”.
Un altro ti fa leggere uno stralcio dal famoso articolo:“Fare l’esame sierologico prima di fare il vaccino, è una scelta intelligente e permette di evitare la maggior parte delle reazioni più violente come restare stroncati da in infarto o da un’embolia che il vaccino stesso può determinare”. Il “può” al posto del “potrebbe” è un’altra finezza lessicale. Per non parlare del verbo “stroncare” al posto di “sopraggiungere”. E poi il test sierologico costa solo 35 euri! Che faccio, desisto? E qua i titolari di laboratori di analisi privati si fregano le mani peggio di quei direttori di giornali americani di cui poc’anzi. Il fatto è che da neo settantenne, domenica pomeriggio, per ingannare l’ansia pre-partita derivante da Milan-Napoli, mi ero diligentemente premunito di iscrivermi sulla piattaforma regionale per le vaccinazioni riguardanti la mia fascia di età: operazione riuscita con successo!
Ma con mia grande sorpresa, lunedì mattina mi è arrivata una e-mail con la quale mi avvertivano che avrei dovuto fare il vaccino mercoledì. Ma non hai fatto il sierologico! Hanno tuonato in famiglia, dove l’articolo incriminato, oltre che criminosamente allarmistico, ha trovato terreno fertile. Ho cercato di difendermi dicendo che non avrei avuto nemmeno il tempo per poterlo fare il test sierologico. E invece martedì mi arriva un’altra e-mail con la quale mi avvertono che il mio turno vaccinale è stato spostato di una settimana.
Sono cadute le mie difese logico-immunitarie. Ben presto ho fatto la fine di Manolas che tenta di uscire indenne dalla sua area con la palla al piede che gli ha inopinatamente rifilato Ospina. Inevitabilmente perdi palla mentre cerchi di difenderti buttandola, unitamente a qualche famigliare, in fallo laterale e dicendo che il tuo medico di famiglia, unitamente a un’altra mezza dozzina di amici tra medici e infermieri ti ha assicurato che il sierologico non serve assolutamente a niente. Inutile passare dalla difesa a uomo a quella a zona. Neanche tentare il cambio modulo funziona. Alla fine ho perso palla e ho dovuto capitolare. E sierologico fu! Risultato negativo. In attesa di capire se sia un fatto positivo. Vuoi mettere tutto questo in cambio di solo 35 euri? Sempre che da qui alla vaccinazione, prevista tra una settimana, non intervengano altri fattori esterni a modificare lo stato delle cose.

Pasquale Di Fenzo, PDF per gli amici, tifoso di Napoli prima che del Napoli. Non lesina critiche a Napoli e al Napoli, ma va “in freva” se qualcuno critica Napoli e il Napoli. Pensa di scrivere, ma il più delle volte sbarèa. L’obiettività è la sua dote migliore. Se il Napoli perde è colpa dell’arbitro. O della sfortuna. Sempre. Se vince lo ha meritato. Ha fatto sua una frase di Vujadin Boskov, apportando però una piccola aggiunta: “è rigore quando arbitro fischia, a favore del Napoli”. E’ ossessionato da Michu che, solo davanti alla porta del Bilbao passa la palla ad Hamsik invece di tirare in porta. Si sveglia di notte in un bagno di sudore gridando “Tira! Tira!”.