Cento anni di ipocrisie

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di Claude de Bray

Non è facile scrivere di Israele, la linea di confine tra una nazione ed una religione è impercettibile. È altrettanto facile essere tacciati per antisemiti o qualunquisti quando si nuota in senso contrario ad una opinione pubblica sommersa da informazioni non sempre scevre da condizionamenti.

Israele si è sempre fatta scudo della religione per poi vomitare accuse di antisemitismo contro chiunque tenti una sia pur minima e pacata critica.

Israele è uno stato come lo è la Palestina, riconosciuto da tutti dal 2012. Su Israele incombono svariate risoluzioni ONU tra le quali quella di ritirarsi dai territori occupati. Superfluo dirvi che tanto Israele quanto gli USA non riconoscono queste risoluzioni e il risultato non è evidente ma silente.

La striscia di Gaza è ritenuta universalmente il più grande ghetto del mondo creato da chi di ghetti ne conosce bene il significato ed è una diaspora pretendere che sia evacuata da oltre un milione di persone tra cui ovviamente donne e bambini. A dirlo non sono certo io ma l’ONU e qualche altro centinaio di organizzazioni umanitarie. Lo scopo è semplice; liberarsi per sempre da una spina nel fianco di Israele.

Ma qualcuno si è indignato quando la famosa torre di telecomunicazione di Gaza è stata letteralmente buttata giù finanche con preavviso per permettere ai reporter e alle varie emittenti di evacuare in quanto quella torre era ritenuta covo di estremisti?

Ora mi domando, avranno avuto il tempo oltre ai reporter di evacuare anche questi ipotetici estremisti o no, saranno rimasti lì in attesa che la condanna divina si abbattesse su di loro, voi avreste fatto lo stesso?

Il risultato fu che da Gaza emittenti e reporter non avevano più mezzi per informare il resto del mondo.

Informare, questo è il punto. Il mondo vive su questa illusione di essere informati ma da chi, con quali fondamenti si accertano le notizie?

Fece scalpore nel 1990 la dichiarazione di una infermiera che in una conferenza dichiarò delle atrocità commesse dai soldati di Saddam che lasciarono i neonati a morire sul pavimento.

Ci vollero due anni e la caparbietà di una giornalista per scoprire che l’accorata denuncia fu tutta una messa in scena e l’infermiera che fece piangere il mondo intero nemmeno era una infermiera; era la figlia dell’ambasciatore del Kuwait a Washinton.

Il risultato fu che il mondo intero che pianse non batté ciglio per l’invasione dell’Iraq salvo dopo quando Blair ammise che di armi nucleari non si trovarono nemmeno l’ombra. Torniamo ai giorni nostri, quelli in cui massacri e condanne fioccano come coriandoli; sia ben chiaro che li considero un atto di una ferocia inaudita quanto imperdonabile, ma, ma i Palestinesi sono gli artefici e gli Israeliani scevri da ogni colpa. Non lo so, ma posso dirvi che chi semina sangue non raccoglie ramoscelli d’ulivo e l’ultima delle cose sensate è quella di rispondere con l’odio ad altro odio.

Sono quasi cento anni d’ipocrisia che covano sotto questo odio e nessuno è scevro, tantomeno il resto del mondo.

Però so di non potermi fidare dell’informazione e del bombardamento mediatico per quanto accade ora come per tutto quello che accadde in passato o nella storia recente, addirittura c’è qualcuno che vuole riscrivere eventi storici.

Al di là di dare per scontato che si sia perpetrato un massacro di Israeliani ed ora di

Palestinesi chiedo a tutti, giornalisti e non; qualcuno ha visto questa povera gente decapitata? Certo, è fin troppo facile dire che è deplorevole mostrare scene di crudeltà in rispetto della dignità umana, ma chi lo ha detto per primo e chi poi ha cavalcato l’onda? La notizia è stata diffusa da I24 più precisamente da Nicole Zedek. Lo sanno anche le pietre d’inciampo che è un giornale completamente gestito da Netanyahu. Il risultato è che molte emittenti turche, francesi e finanche IDF, le forze di difesa israeliane e le stesse grandi testate giornalistiche americane dichiarano che non ci sono prove o documenti che accertino questa tesi; resta ad ogni modo la brutalità e la condanna di queste azioni.

In merito alla Tv, agli oramai interminabili dibattiti che sciorinano le tesi più disparate, non vorrei nemmeno giungere ad un commento visto che, lo confesso, è da tempo che nemmeno l’accendo. Forse un giorno, quando la Tv sarà scevra da condizionamenti politici, quando la politica ed i politici saranno cancellati con le loro ingerenze la accenderò anche se temo che ciò accadrà, forse, ben oltre il tempo che mi è concesso di vivere o sopravvivere. Intanto il mondo, ancora una volta, si rende partecipe del più grande sterminio dei nostri giorni sulla base dell’indignazione, dell’odio e di una informazione che definirla tale è, come oramai da tempo, un eufemismo.

In questa storia, come in tante altre, la realtà è che gente innocente, comprese quelle dei Kibbutz, degli insediamenti in terre occupate, sono morte in nome di una religione, di una presunta ragione o di un irrimediabile torto.

Per la cronaca Israele mette in atto quello che fa da sempre, toglie l’acqua, l’elettricità e bombarda case, affonda pescherecci, in quello che è il più grande ghetto del mondo dove vivono persone che nulla hanno a che fare con questa scia di sangue e odio. Il risultato non può che essere uno, uno soltanto, continuare a coltivare l’odio di generazione in generazione come nelle faide calabresi tra famiglie dove oramai si è dimenticato il perché e il quando.

L’ultima cosa da fare di certo non è rinvangare che come sempre non porta a niente ma fare quello che in cento anni non è mai stato fatto cercando di giungere ad una definitiva risoluzione di cui nessuno è all’altezza o capace di tesserne la trama o solo per niente interessato a porre fine a questa scia di morte da ambo le parti; il mondo ha imparato ad essere Ponzio Pilato dimostrando tutta la sua ipocrisia.

Del resto ancora oggi anche in terra italica non sappiamo niente di Ustica, di Bologna e di tanto altro ancora, non siamo capaci nemmeno di scoprire chi nel condominio butta le cicche dal balcone figuriamo giungere alla verità in questo tempo dove il fake è capace di rispolverare finanche vecchi game per spacciarli come fatti a testimonianza di brutalità inenarrabili.

Personalmente sono certo di una sola cosa; sono consapevole di non sapere e che forse i terrapiattisti, i negazionisti della Shoa, potrebbero avere finanche un barlume di fondamento a questo punto giungendo al ridicolo.

Ma la sovranità di uno stato di certo non può porre le sue fondamenta, come la libertà di un popolo non si può avere, fin tanto che qualcuno decida quando bere e quando illuminare le case, sarebbe come nei campi di sterminio nazista in cui qualcuno decideva per gli altri la vita e la morte.

Questi giorni sono e saranno cupi per il popolo israeliano come per quello palestinesi e forse potremo finanche scoprire che comprando SodaStream e cedri abbiamo contribuito ad armare Israele rendendoci di fatto non solo artefici ma carnefici, come facendo il pieno alla nostra macchina abbiamo permesso all’Iran di fornire armi ai terroristi.

Lo ripeto fino allo sfinimento, so di non sapere e sfido chiunque a dirmi la verità perché nel tempo che la verità si allacci le scarpe la menzogna avrà fatto già il giro del mondo.

C’è un tale poesia bellissima che vorrei tutti la leggessero, ogni giorno…per non dimenticare.

Mahmud Darwish, Carta d’identità (1964) Prendi nota/sono arabo carta di identità numero 50.000 bambini otto/un altro nascerà l’estate prossima.

Ti secca?

Prendi nota/sono arabo taglio pietre alla cava/spacco pietre per i miei figli per il pane, i vestiti, i libri solo per loro non verrò mai a mendicare alla tua porta.

Ti secca?

Prendi nota/sono arabo mi chiamo arabo non ho altro nome sto fermo dove ogni altra cosa trema di rabbia ho messo radici qui prima ancora degli ulivi e dei cedri discendo da quelli che spingevano l’aratro mio padre era povero contadino senza terra né titoli la mia casa una capanna di sterco.

Ti fa invidia?

Prendi nota/sono arabo capelli neri/occhi scuri/segni particolari fame atavica/il mio cibo/olio e origano quando c’è ma ho imparato a cucinarmi/anche i serpenti del deserto il mio indirizzo/un villaggio non segnato sulla mappa con strade senza nome, senza luce ma gli uomini della cava amano il comunismo. Prendi nota/sono arabo e comunista Ti dà fastidio?

Hai rubato le mie vignee la terra che avevo da dissodare non hai lasciato nulla per i miei figli soltanto i sassi e ho sentito che il tuo governo esproprierà anche i sassi ebbene allora prendi nota che prima di tutto non odio nessuno e neppure rubo ma quando mi affamano mangio la carne del mio oppressore attento alla mia fame, attento alla mia rabbia.

Nato a Napoli non ho frequentato scuole degne di tale nome. Al compimento dei diciott’anni dopo il conseguimento del diploma sono subito stato assorbito dal lavoro soprattutto per motivi di sostentamento precludendomi la cosiddetta “Laura”. In compenso ho la laurea della strada, un master in sopravvivenza e vivo tutt’ora di espedienti. Amo leggere più che scrivere ed avendo raggiunto un’età che mi concede il lusso di dire ciò che penso non percorro strade che conducono al perbenismo bensì all’irriverenza. Non amo molto questo tempo e la conseguente umanità per cui sono definito un misantropo; ciò non toglie che la solitudine non precluda l’essere socievole e come tutti i solitari le persone le scelgo; il resto le guardo da lontano, senza avvicinarmi troppo. Se è vero che ogni mattina ognuno di noi fa una guerra per combattere il razzista, il moralista, il saccente che vive in noi, non ho alcun interesse nello scoprire che qualcuno questa guerra l’abbia persa e dunque la evito. Il resto sono cazzi miei e non ho intenzione di dirvi altro altrimenti, come Sanguineti, dovrei lasciarvi cinque parole che vi assicuro non vi piacerebbero.