De Giovanni al Salone del libro di Torino

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di Nicoletta Lucheroni – Foto di Paolo Pavan

“Ci sarò – aveva detto – perché i libri non hanno bisogno di urlare per far valere le proprie ragioni”.

E c’era, infatti, Maurizio De Giovanni, al Salone del Libro 2021.

 

C’era eccome, con la sala piena di persone pronte ad assorbire con occhi e orecchie le parole tratte dall’ultimo dei bastardi – Angeli – che lo scrittore ha presentato ieri sera a Torino.

Ci lascia assaporare, dalla sua voce, un assaggio di Pisanelli, l’angelo custode in pensione, che attraversa il suo, ormai anche nostro, quartiere napoletano in cerca di indizi, segreti, sguardi che aiutino i colleghi a far luce sull’omicidio del meccanico Nando Iaccarino.

E la sala ascolta e sfoglia il libro che tutti ormai hanno tra le mani, con la voglia di buttarcisi dentro al più presto.

Poi si siede, De Giovanni, e risponde a qualche domanda sulla sua scrittura, sui suoi personaggi, sulla sua città.

Il centro dell’intervista è proprio sui bastardi. Sulla parola “bastardi”, anzi. Che come lo scrittore ci ricorda, non è un insulto. Perché bastardi vuol dire meticci, mescolanza di pelli, culture, lingue, religioni. Perché essere bastardi ci salva, ci rende forti, ci rende più belli, ci rende più sani.

Il meticciato rende i popoli accoglienti, aperti, liberi. Fieri delle proprie radici, ma pronti a farsi contagiare da culture, colori, storie e vite diverse.

“Mi fanno paura” – dice De Giovanni – “le razze pure”. Non c’è ricchezza nelle razze pure, non c’è libertà nei Paesi chiusi, non c’è cultura, crescita, progresso, giustizia.

Questo è quello che mi resta dell’intervento di De Giovanni al Salone. Questo e la sua lettura conclusiva: una carrellata dei suoi bellissimi bastardi che riflettono sull’amore. Questi angeli ammaccati, imperfetti, doloranti, che sembrano sempre cadere da un momento all’altro. Questi angeli che nel gruppo funzionano sempre, si completano, si alzano in volo, amano e soffrono.

Un grande scrittore, un grande regalo per me ascoltarlo qui a Torino, la mia città, dopo averlo sentito nella sua, anni fa. Un autore appassionato e appassionante e una serie, quella dei bastardi, che mi fa interrompere qualsiasi lettura all’uscita del romanzo nuovo. Diventano – Palma, Lojacono, Di Nardo, Aragona e gli altri – compagni di vita, amici, fratelli, colleghi. Sono me ed io loro. Penso, soffro, sogno con ognuno di loro e non succede con tutti gli scrittori.

E quindi, concludo col pensiero che, appena finito di scrivere, porterò la mia testa a Napoli, al commissariato dei bastardi. Sarò bastarda anche io.

 

 

Classe 72, torinese e profondamente torinista e anti-juve. Convinta notav, amante della satira e della comicità. Scrivere è tutto quello che vorrebbe fare da grande.