Fenomenologia di Enrico Montesano, un grande artista e niente più

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di Pasquale Di Fenzo

Fenomenologia di Enrico Montesano, un grande mancato attore. Un artista che aveva tutto per sedere al tavolo dei grandi del cinema italiano, assieme a Sordi, Manfredi, Tognazzi, Gassman e Mastroianni. Anzi, per alcuni versi si può considerare anche più completo di questi mostri sacri, perché lui, oltre a recitare, sa pure, cantare, ballare, imitare, come ha dimostrato di saper fare in tanti spettacoli teatrali e televisivi.
L’unico “Rugantino” in grado di reggere il confronto col capostipite Nino Manfredi, oppure nello spettacolo “Bravo” di cui fu anche co-autore e dove si seppe guadagnare gli elogi dell’allora Presidente Pertini. Prima di lui stessa sorte era toccata a Walter Chiari, bravissimo in teatro e in TV, ma che al cinema non sfondò mai definitivamente. Dino Risi che lo diresse ne “Il Giovedì”, fece autocritica dando chiaramente ad intendere che aveva sbagliato nella scelta del protagonista: “Walter è bravissimo, ma non avrà mai successo nel cinema, perché ha due buchi al posto degli occhi” E la cinepresa è impietosa nei primi piani.
Altro film che se fosse stato interpretato da uno dei colossi italici citati prima, sarebbe diventato, assieme a “Il giovedì”, una pietra miliare della commedia all’italiana, fu “La rimpatriata” diretto da Damiano Damiani, dove il protagonista Cesarino, interpretato da Walter Chiari, viene quasi sopraffatto dagli altri attori caratteristi, che avrebbero dovuto fare da contorno, e che invece, grazie alla loro bravura, diventano protagonisti della storia. Sicché, due magnifici film, che avrebbero potuto segnare un punto fermo nella cinematografia italiana, passarono quasi inosservati e solo qualche appassionato ne serba un buon ricordo. Enrico Montesano non è da meno. Anzi. La sua imitazione di Andreotti, col braccio destro Evangelisti che gli fa il buffetto, è rimasta nella storia della TV.
I suoi personaggi televisivi e radiofonici sono impressi nella memoria di tutti. La romantica signora inglese: “Molto pittoresco, molto pittoresco!” Oppure il Gagà: “ O come mi sono divertito o come mi sono divertito”. Per non parlare di Torquato, il pensionato tartassato: “Possino ammazza!” Al cinema aveva iniziato col botto, grazie a quel volpone di Dino De Laurentiis, che prima di trasferirsi negli USA, ne aveva intuito le potenzialità commerciali, inventandolo spalla al fenomeno comico del momento che era Alighiero Noschese. Poi alcuni film a episodi o in coppia con Pozzetto, Verdone e Celentano divennero campione di incasso, ma non convinse mai definitivamente la critica. In “Grandi Magazzini”, pur facendo un personaggio a tratti esilarante, quasi scompare al confronto con attori veri quali, Placido, Manfredi, Alessandro Haber e persino Lino Banfi. Come Walter Chiari ebbe la sua grande occasione in alcuni bei film: “Il Ladrone” diretto da Pasquale Festa Campanile, che poi lo diresse pure in “Più bello di così si muore” un film solo apparentemente leggero, ma pregno di amari significati, tratto da un romanzo di Antonio Amurri, che trattava argomenti allora ritenuti tabù anche nel mondo del cinema.
Poi venne “I Picari” affianco a Giancarlo Giannini e diretto dal solito Dino Risi, che forse, anche in questa occasione, ebbe a pentirsi per la scelta del co-pratagonista. Sebrò riscattarsi in “Febbre da cavallo”, dove, diretto da papà Steno, riusci a tenere testa a un superbo Proietti, ma poi precipitò nelle grinfie dei fratelli Vanzina che lo resuscitarono nel sequel “La mandrakata”, dove avrebbe fatto bene a non partecipare, come aveva saggiamente fatto Caterine Spak. Ma cosa aveva Montesano che non andava bene per il cinema, anche se era riuscito nell’impresa di girare oltre sessanta film?
Se Walter Chiari aveva un buco al posto degli occhi, dove ce l’aveva questo benedetto buco Enrico Montesano? Non certo nella testa, visto che si era impegnato anche in politica, prima nel PSI, poi si sposto verso sinistra, divenendo un piccolo ingranaggio della “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto, risultando uno dei più votati al consiglio comunale di Roma prima e al parlamento europeo dopo.
Ma poi si scopri antieuropeista. La qual cosa non era certo compatibile col ruolo di parlamentare europeo, anche se a suo merito, va detto che coerentemente si dimise prima di aver maturato il diritto dl vitalizio, E non è poco. Il suo travaglio politico lo portò prima a saltare il fosso alla destra del sindaco Alemanno, e poi simpatizzante dei 5stelle. Ma, come diceva il suo concittadino Corrado: non finisce qui! All’orizzonte c’era la pandemia, e quando finalmente l’Italia e il mondo tirano un sospiro di sollievo per l’arrivo del vaccino, lui si scopre prima convinto no-vax e poi tenace no-green-pass. Quanto talento sprecato! E non solo in campo artistico. Proprio come in “Febbre da cavallo”. Parte seconda. Sperando che la terza parte, se ci sarà, “è bella e l’he vere’!”.

Pasquale Di Fenzo, PDF per gli amici, tifoso di Napoli prima che del Napoli. Non lesina critiche a Napoli e al Napoli, ma va “in freva” se qualcuno critica Napoli e il Napoli. Pensa di scrivere, ma il più delle volte sbarèa. L’obiettività è la sua dote migliore. Se il Napoli perde è colpa dell’arbitro. O della sfortuna. Sempre. Se vince lo ha meritato. Ha fatto sua una frase di Vujadin Boskov, apportando però una piccola aggiunta: “è rigore quando arbitro fischia, a favore del Napoli”. E’ ossessionato da Michu che, solo davanti alla porta del Bilbao passa la palla ad Hamsik invece di tirare in porta. Si sveglia di notte in un bagno di sudore gridando “Tira! Tira!”.