“Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano.”

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di Maria Rusolo

“Chiamare la donna il sesso debole è una calunnia; è un’ingiustizia dell’uomo nei confronti della donna. Se per forza s’intende la forza bruta, allora sì, la donna è meno brutale dell’uomo. Se per forza s’intende la forza morale, allora la donna è infinitamente superiore all’uomo. Non ha maggiore intuizione, maggiore abnegazione, maggior forza di sopportazione, maggior coraggio? Senza di lei l’uomo non potrebbe essere. Se la non violenza è la legge della nostra esistenza, il futuro è con la donna. Chi può fare appello al cuore più efficacemente della donna?”

Le donne muoiono ed è spesso una strage annunciata, allora oggi ho pensato di non scrivere un pezzo che snocciolasse statistiche, che vi spiegasse dal mio osservatorio di avvocato o di donna impegnata in politica da sempre, quali interventi sistemici siano necessari per poter capovolgere il patriarcato, che è una realtà a tutte le latitudini, Occidente ed Oriente, ma che forse raccontare una storia vera, reale e vissuta fosse il modo migliore per darvi gli strumenti per comprendere quello che è accaduto ed accade, anche tra le pareti domestiche. Non contano i nomi, per comodità narrativa la chiameremo Viola.

Viola nasce in un piccolo paese, cresce con fratelli e sorelle, con una madre che lavora, ma ha la colpa di avere in testa sin da bambina la libertà di muoversi e vivere come tutti, non condizionata dal corpo da femmina. Un corpo che esplode nella sua bellezza presto, e che la rende oggetto di desiderio e di cupidigia da parte di uomini senza scrupoli e senza intelligenza, per i quali le femmine contano poco se non come vestali e strumento di appagamento rapido e senza amore. Viola non ne è consapevole, corre tra i prati non cosciente di quello che suscita negli altri, canta e rincorre le farfalle, salta la corda, si sporca e si sbuccia le ginocchia.

E’ ingenua come si dovrebbe essere a 13 anni, pensa che il mondo sia un posto piacevole in cui stare, cammina spesso da sola, si stende su di un prato, con un filo d’erba tra le labbra e si gode il vento di settembre che le carezza il viso e la pelle. Non si preoccupa di tornare a casa da sola, non vede ad ogni angolo della strada mostri ed ombre, vive di luce e respiri, ed assorbe il profumo, felice di quello la circonda. Viola è una ottimista che però presto dovrà scoprire che essere nata donna non la rende uguale ai suoi fratelli, che dovrà sgomitare anche solo per dichiarare al mondo che esiste.

A Viola viene strappata la vita senza riguardo, senza una carezza, senza che abbia la forza di reagire, picchiata e schiacciata sulla terra umida, senza che abbia la contezza di cosa stia accadendo, da chi pensava adulto, amico di famiglia, persona di riguardo in una società in cui dietro l’immagine della normalità si celano lupi affamati di sangue e di fantasia.

Viola non ha il tempo di accorgersi di nulla, un dolore le soffoca la voce, non ha la forza di gridare, di graffiare, non sa e non capisce e quando tutto è finito, in un pianto silenzioso mentre prova a ripulirsi dal sangue, e dalla terra, scorge quell’ombra che si riveste e si allontana. Rimane muta, Viola, e non dice e non parla, non esce più di casa, le pesa la pelle, e decide che non avrà più fiducia in nessuno. Il suo mondo perde i colori, si lava continuamente, e pensa che in fondo sia colpa sua, di quel corpo troppo esposto, di quell’odore di femmina che attrae gli animali.

Si vergogna e quella vergogna la consuma. Taglia le trecce, si veste di nero, smette di andare a scuola, nel disinteresse di chi la circonda, che fa finta di non vedere e che la etichetta come ” strana”. Smette di mangiare, perché vuole sparire, così nessuno potrà più toccarla e guardarla, smette di vivere. Si lava e si lava, ma senza che la sua pelle possa più avere l’odore delle prime viole della Primavera. Viola chiusa nella sua stanza al buio pensa, e ripensa, ma il futuro non ha immagine, non ha porte, non ha finestre e non può scappare è una donna, e non può parlare perché la guarderebbero per strada come se fosse la responsabile.

Viola non vuole vivere così, le manca l’aria, gli occhi sono scuri ormai, ha perso il colore del mare di agosto, ed allora una mattina si alza, indossa il vestito più bello e decide che non vuole vivere in un mondo che le toglie la libertà, sale sul davanzale della finestra e vola, vola Viola. Non ci sono licenze poetiche, questa storia è realmente accaduta, quante Viola esistono nel mondo e quanto ne conosciamo, ci siamo mai realmente interessate alle loro storie affinché non accadesse mai più, abbiamo mai pensato che sono le nostre figlie, sorelle, amiche, compagne di banco, abbiamo mai cercato di educare, di creare un clima sociale e culturale in cui le Viola potessero crescere, desiderare, vivere, godere ed essere, semplicemente essere ciò che desiderano? Vi lascio così oggi, con la storia di Viola.

“Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano.”
(Margaret Atwood)

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.