Il dialogo fra le istituzioni

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di Rosario Pesce

Il dialogo fra le istituzioni non solo è necessario, ma auspicabile soprattutto nei momenti di crisi particolarmente gravi, quale può essere certamente il Covid.

Gli Stati moderni vantano delle architetture giuridiche molto complesse, per cui sovente diviene, finanche, difficile individuare il limite dove finisce la competenza di un’istituzione ed inizia quella dell’altra.

Non è un caso che, nel corso del Novecento, la distinzione netta fra centralismo e federalismo si è sfumata molto, per cui le Costituzioni, come la nostra, prevedono la diffusione e la distribuzione di poteri su più livelli, che talora possono confliggere fra di loro.

Il caso più evidente è quello di questi ultimi giorni, che vede il Governo centrale ed alcune Regioni su posizioni diverse relativamente all’opportunità dell’attivazione della didattica a distanza in una contingenza – come quella odierna – che fa registrare un’impennata significativa dei contagi in tutto il Paese.

Senza voler entrare nel merito della questione, a favore di una tesi o dell’altra, non può sfuggire che su un tema delicatissimo – qual è quello afferente al diritto all’istruzione ed alle modalità di erogazione dell’offerta formativa – entrano in gioco competenze plurime: quella del Governo, che eroga il servizio scolastico; quella delle Regioni, dei Comuni e delle Asl che sono – sia pure in forma diversa – autorità sanitarie; quella degli operatori scolastici (dirigenti e docenti in primis) su cui ricadono responsabilità di natura organizzativa e didattica; quella delle famiglie e dei discenti, che hanno diritto – per legge – a ricevere il migliore servizio di istruzione possibile nelle condizioni storiche date.

Tutti questi soggetti, orbene, sono arrivati ad un cortocircuito evidente, se le posizioni si sono così distanziate, a tal punto che la diversità delle opinioni – e dei conseguenti atti amministrativi – è sfociata in un contenzioso, che verrà dipanato solo dal giudice amministrativo nella sede giurisdizionale naturale.

Ed, allora, è chiaro che – al di là dell’esito della vicenda, a tutt’oggi imprevedibile – in questa contingenza hanno perso un po’ tutti, perché mai come in una simile situazione, al di là dei rispettivi punti di vista, sarebbe opportuno che le istituzioni procedano all’unisono, anche dopo il legittimo ed ovvio dibattito, poiché l’immagine della divisione fra poteri dello Stato è la peggiore percezione che possono avvertire i cittadini, quando si deve salvare un Paese da una pandemia che, dopo due anni, sembra ancora un mostro indomabile.

E, dunque, l’invito alla discussione ed alla sintesi non può che essere giusto e ragionevole, se si vuole portare l’Italia fuori dal cul de sac dove, oggi, purtroppo ristagna.

Che sia, perciò, didattica a distanza o didattica in presenza, prevalgano le ragioni del diritto e del buon senso, che sole possono garantire un futuro possibile ai tifosi dell’una e dell’altra opzione.

Dirigente scolastico, dapprima nella secondaria di primo grado e, successivamente, nella secondaria di II grado. Gli piace scrivere di scuola, servizi, cultura, attualità, politica. I suoi articoli sono stati già pubblicati da riviste specialistiche, cartacee ed on-line, e da testate, quali: Tecnica della scuola, Tuttoscuola, Edscuola, Ftnews, Contattolab.