Il trionfo della mediocrità

Condividi su

di Maria Rusolo

“I grandi spiriti hanno sempre trovato la violenta opposizione dei mediocri, i quali non sanno capire l’uomo che non accetta i pregiudizi ereditati, ma con onestà e coraggio usa la propria intelligenza.”

Si è chiusa un’altra tornata elettorale ed ancora una volta per chi si impegna oltre lo schermo di un pc, resta l’amaro in bocca, ben intesi non per la eventuale sconfitta di chi si sosteneva o per l’idea che non è riuscita a passare, ma per l’immagine che il Paese restituisce in queste circostanze.

Un Paese che comunque vada non premia i più competenti ed i più bravi, non premia le idee e le visioni di costruzione per il futuro, non sostiene i principi democratici e di rappresentanza, ma asseconda le logiche dell’arena in cui i gladiatori offrivano uno spettacolo di forza bruta ed in cui all’imperatore toccava il diritto di vita o di morte, assecondando il gusto ed i bassi istinti della massa.

Una sensazione quasi brutale nello scorrere le liste degli eletti, in cui mancano donne e giovani, manca chi davvero ha contribuito a costruire una comunità senza chiedere nulla in cambio, ed emergono quelli che in un modo o nell’altro usano il potere per il proprio tornaconto personale, anche senza farne mistero e senza una quale banale forma di pudore.

La partecipazione alla vita politica è diventata appannaggio di pochi, anche per ragioni di carattere economico, basti pensare a quanto possa costare una campagna elettorale per le regionali, e quelli che decidono di scendere in campo e di cimentarsi forti anche di storie personali e professionali di tutto rispetto, rimangono fuori dalle assemblee elettive e dalla gestione della cosa pubblica. Oggi viene privilegiata la fedeltà, l’adesione cieca ad un gruppo che non richieda alcuna riflessione, come se in fondo si trattasse di una partita di calcio e si decidesse di abbracciare una squadra piuttosto che un’altra. Le campagne elettorali finiscono per essere povere di contenuti, e perde in partenza chi usa un linguaggio serio, misurato ed intellettualmente evoluto. Bisogna parlare alla pancia, organizzare aperitivi in piazza, un po’ di fuochi d’artificio, pane e salame, qualche posto in fabbrichetta ed il gioco è fatto.

Qualcuno mi potrà obiettare che prima non fosse così diverso, che la clientela ha sempre determinato l’elezione di questo o di quello, ed a tale obiezione io dovrei rispondere, che i politici di una volta, erano culturalmente evoluti, che nel nostro Parlamento sono stati seduti i figli dei contadini, dei sarti di paese, di insegnanti delle scuole elementari, che studiavano ed emergevano, oggi la carica si tramanda di padre in figlio a determinate e precise regole.

Ed a queste condizioni, quelli che dovevano aprire il Palazzo come una scatola di tonno, non hanno certo migliorato le cose, anzi hanno avvelenato i pozzi rendendo la democrazia, un fatto personale, sempre più fragile e chiusa ermeticamente. Non ci sono vantaggi per la comunità, non vi illudete, e quei pochi che saranno ammessi nella stanza del re, avranno benefici solo nel breve periodo, perché le nubi all’orizzonte non promettono nulla di buono e ci attende un lungo inverno, in cui a pagare saranno quelli senza protezione che rimangono la maggioranza di un Paese che non li vede.

Ed allora a chi ha sempre lottato e creduto nel riscatto attraverso l’emancipazione delle masse, rimane lo scontento, rimane il rammarico, una stanchezza fisica che spinge quasi a rinunciare ed a chiudere la porta di casa sul resto del mondo, ma in fondo come diceva Rossella ” domani è un altro giorno!”

“I paurosi tirano per i piedi chi è intento a volare, per riportarlo a terra. Nella meschinità si sentono meglio se tutti strisciano, li umilia che qualcuno possa contemplare da un piano a loro inaccessibile.

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.