La cultura in lockdown

Condividi su

di Maria Rusolo

Cultura significa anzitutto creare una coscienza civile, fare in modo che chi studia sia consapevole della dignità. L’uomo di cultura deve reagire a tutto ciò che è offesa alla sua dignità, alla sua coscienza. Altrimenti la cultura non serve a nulla.”

Chi più della Fallaci per immergerci immediatamente in quello che oggi si palesa con forza dirompente, ma che in realtà covava sotto la cenere. Oriana nostra, della quale non puoi condividere alcune prese di posizione, ma che non puoi non rispettare, comprendere ed apprezzare non solo per la qualità della sua scrittura, ma per la sua enorme coerenza.

L’ennesimo Dpcm del Governo ha mostrato la incapacità di affrontare le questioni poste sul tavolo affidandosi a programmazione, e valutazione dei rischi. Nell’ultimo anno la pandemia non ha assunto dimensioni incontrollabili grazie alla grande capacità di controllo ed alla capacità degli Italiani di sacrificarsi e di accettare limitazioni delle proprie libertà, senza battere ciglio. Una comunità intera ha cambiato le proprie abitudini, ha prestato soccorso, ha dato accoglienza, si è rimboccata le maniche sostituendosi agli insegnanti, ha accetto di vedere in pochi mesi andare in fumo anni di sacrifici, investiti nelle proprie attività professionali, e le istituzioni hanno risposto ” chiudendoci” in casa, chiudendo le scuole, chiudendo le università, le aule di giustizia, le piazze e le strade.

Assediati ed impotenti, ci ha parlato di potenza di fuoco ed ha elargito pochi spiccioli, pensando di rendere tutto più sopportabile, ma non ha potenziato il trasporto pubblico, o la sanità, non ha previsto un piano vaccinale anti- influenzale serio che garantisse copertura a tutti, non ha preso atto del fallimento della macchina amministrativa, non è riuscita neanche per un istante a mettersi in discussione.

La risposta è stata che i problemi sono strutturali e quindi non ci si può fare nulla, in assenza di una bacchetta magica. Ha, insomma dichiarato apertamente la propria impotenza, facendo caro il motto del Principe De Curtis ” Arrangiatevi”. Ha terrorizzato una comunità intera con la diffusione di bollettini di guerra, ha mostrato come se ve ne fosse ancora bisogno tutta la propria inadeguatezza. Parliamoci chiaro il problema non è solo il covid, la gente già prima non riusciva ad accedere al servizio sanitario nazionale, pensate ai tempi biblici per accedere ad una mammografia, o pensate alla medicina territoriale, alzi la mano chi non deve fare centinaia di chilometri per un controllo specialistico.

Per non parlare della macchina della giustizia o della cultura. Ah ecco stamattina si sono svegliati tutti ed hanno scoperto che nel Paese del bel canto, del melodramma, della musica e del balletto, nel Paese più ricco di Opere d’arte, non esiste alcun rispetto o valorizzazione della cultura, nessuna volontà di sostenerla e di aiutare la gente a fruirne in maniera adeguata; stamattina tutti hanno scoperto che per decenni si sono finanziate sagre della salsiccia in dispregio di ogni valorizzazione del territorio e di crescita umana e sociale.

Hanno smantellato orchestre, hanno demotivato i giovani artisti pieni di talento, li hanno lasciati senza tutela ed oggi danno loro il colpo di grazia. Tutto chiuso ragazzi se ne riparla, non si sa bene quando, perché in pandemia, la salute viene prima di tutto. E’ tutto disgustosamente paternalistico, e non c’è appello che tenga, se domani passata la bufera, ci accomoderemo nuovamente nei nostri posti comodi e penseremo che in fondo nulla ci riguarda. Il problema è questo amici miei, qui nessuno nega l’impatto di un evento di portata mondiale, ma credo che non vi siano dubbi sulla necessità di una consapevolezza precisa che è compito nostro incidere con forza per il cambiamento radicale della classe dirigente di questo Paese.

Non è più possibile pensare che se il mio orto cresce florido non debba assolutamente interessare quello del vicino, le tempeste non guardano nessuno e se incontrano ostacoli li spazzano via, senza fare alcuna distinzione di censo o di posizione sociale. Mi chiedo a che punto della nostra esistenza abbiamo smesso di pensare che valesse la pena lottare per quello in cui crediamo, in quale momento preciso abbiamo elaborato che ci conveniva tacere in cambio di qualche minimo privilegio, che cosa è scattato in noi che ci ha spinto a pensare fosse più comodo chiedere un favore, piuttosto che esercitare e pretendere il rispetto dei nostri diritti a fatica conquistati. Esistono diverse forme di dittatura, quelle dell’uomo solo al comando che si circonda di militari in nome della propria idea di mondo, e quella strisciante che si alimenta di servilismo e di clientela, in entrambi i casi l’arma più potente è la cultura consapevole che un mondo diverso è ancora possibile, e che l’arma più potente è il senso di responsabilità delle proprie scelte.

“La cultura è organizzazionedisciplina del proprio io interiore; è presa di possesso della propria personalità, e conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti, i propri doveri.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.