Oltre i numeri e le statistiche, le storie drammatiche di solitudine e di abbandono

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di Maria Rusolo

“Alice: Sto diventando matta, papà?
– Padre: Ho paura di sì, Alice: sei matta, svitata, hai perso la testa… Ma ti dirò un segreto: tutti i migliori sono matti.”

La follia è il margine umano, la condizione che gli esseri umani fanno più fatica ad accettare, ad accogliere e comprendere. Uno spazio delimitato nel quale nessuno riesce ad entrare, quella sorta di terra di mezzo alla quale nessuno vuole approdare, come se la pazzia, la malattia mentale non potesse essere compresa, come se si trattasse di una circostanza contagiosa, la cui sola vicinanza potesse renderci deboli, come se d’un tratto potessimo perdere il controllo di noi stessi e di quello che ci circonda.

Negli anni ai malati mentali è stato destinato ogni tipo di tortura, ogni forma di isolamento, ogni forma di costrizione, e non dobbiamo andare molto indietro nel tempo, le cose non sono di molto migliorate nei tempi che definiamo civili e moderni. Se non esiste la costrizione degli antichi Manicomi o la violenza fisica, esiste una forma più subdola e dolorosa che coincide con la indifferenza e l’abbandono di chi non riesce ad integrarsi, con chi vive in un mondo proprio ed a volte oscuro, costretto dalle catene della propria anima e mente.

Esistono le difficoltà delle famiglie, lasciate al proprio destino di sofferenza e che non hanno controllo e non ricevono risposte da chi dovrebbe disporre attenzioni , cure, appoggio e strutture. Il trattamento è solo farmacologico, il disturbo un problema, l’esistenza non merita di essere vissuta, nessuna compassione, nessuna umana pietà, nessuna ricerca delle ragioni, nessuna possibilità o tempo per costruire gli eventi che hanno condotto a quella inspiegabile assenza di contatto con gli altri.

Ed allora il Matto diviene un costo sociale, ai margini della comunità, da sedare in attesa che compia l’insano gesto. Dei numeri, delle statistiche di cui si parla solo quando giunge la notizia drammatica della morte che tutto cancella, perché insopportabile alla vista, al tatto, al sentire, nessuno ha la vera e profonda comprensione, si preferisce guardare il dito piuttosto che la luna. Si rimane sgomenti per qualche istante e poi si prova ad ingabbiare gli effetti, senza cercare di comprendere in profondità le cause, le ragioni, le storie drammatiche di solitudine e di abbandono.

Ed allora come sempre tutto rimane in superficie e tutto diventa spaventosamente complesso e di difficile soluzione, ed i pazzi girano in preda al panico, senza parola, inascoltati e con essi i familiari che non sanno a quale santo votarsi per capire e per gestire. Si consumano lentamente senza risposte alle domande che affollano la mente, come una piccola candela, unica luce in una stanza buia, attendendo una mano che possa trasmettere un po’ di calore umano e liberarli dagli incubi di una notte eterna.

“Ero matta in mezzo ai matti. I matti erano matti nel profondo, alcuni molto intelligenti. Sono nate lì le mie più belle amicizie. I matti son simpatici, non così i dementi, che sono tutti fuori, nel mondo. I dementi li ho incontrati dopo, quando sono uscita”

 

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.