Pure a sparire ci si deve abituare

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di Alfredo Carosella

“E stavolta quando chiuderò gli occhi non voglio sognare, perché pure a sparire ci si deve abituare.” Così cantavano I Cani nel loro ultimo album inciso nel 2016 (Sparire. Aurora, 42 Records). È l’ultima frase dell’ultimo brano: quasi un testamento. Il loro addio è passato sotto silenzio per la maggior parte degli utenti musicali, ed è un vero peccato.

Promettenti sin dall’inizio, con l’album “Il sorprendente album di esordio de I Cani”, hanno inciso 3 album e poi sono spariti (appunto). Peccato, perché cantavano qualcosa di diverso dall’indistinta marmellata che ci affligge ogni giorno attraverso le radio (per chi le ascolta ancora).

Siamo poco rilevanti, effimeri, dovremmo farcene una ragione. C’è chi difende i confini nazionali senza considerare che l’Italia, tra qualche milione di anni, non ci sarà più perché completamente ammassata sotto all’arco alpino, spinta dalla placca africana inarrestabile ben più – e inesorabilmente – dei barconi che danno l’assalto alle nostre sacre coste.

Chi ha provato a rompere gli schemi e a proporre qualcosa di “eterno” è stato rapidamente dimenticato. Nella migliore delle ipotesi viene ricordato dopo quattromilaquattrocento anni (se pensiamo alle piramidi di Giza): nulla, se rapportato ai tempi geologici.

Ha senso, quindi, fare avanguardia? C’è da precisare che con tale termine ci si riferisce al ‘900, un tempo recentissimo. La risposta è: forse sì, per il semplice motivo che al predatore più feroce e pericoloso della Terra – cioè all’uomo – è concessa una vita media di 76 anni per i maschi e 83 anni per le femmine, e in qualche modo dovremmo pure occupare questo breve tempo che ci è concesso di vivere su un pianeta straordinario dove, per una serie di combinazioni incredibili, è stato possibile sviluppare la vita così come la conosciamo.

Negli anni ’60 è nato il movimento Underground – così battezzato da Marcel Duchamp – una rete sotterranea di resistenza che sognava di cambiare il mondo attraverso laboratori teatrali, cinematografici, musicali, spazi sociali, riviste politiche e letterarie. Guardare i documentari che parlano di quell’onda culturale è, allo stesso tempo, commovente e avvilente. Cosa ha prodotto? I Pink Floyd hanno inventato il light show, c’erano letture di poesie nei teatri più grandi delle principali capitali europee, a Londra, in particolare. Eppure, c’è chi continua a cercare consolazione nel “bel canto”: è conosciuto, riconoscibile, etichettabile, rassicurante.

Nel campo dell’architettura c’erano gli Archigram che immaginavano una città connessa (Plug-in City) o composta da edifici intelligenti (Walking City) ma il fallimento della città contemporanea è sotto gli occhi di tutti: cementificazione indiscriminata, sperpero delle acque, surriscaldamento delle aree urbanizzate, ghettizzazione delle classi meno abbienti, incapacità di gestire i rifiuti urbani, assenza di una seria programmazione per lo sfruttamento di energie rinnovabili. Se avessimo avuto la concreta possibilità di usare l’ecobonus per il 10% dei condomini italiani, avremmo davvero cambiato questo nostro strampalato paese: immaginate cosa avrebbe significato installare impianti solari termici per la produzione di acqua calda e fotovoltaici per l’energia elettrica – connessi alle colonnine di ricarica dei veicoli elettrici – in una porzione anche minima dei nostri caseggiati. Invece, la legge è stata scritta in modo approssimativo e ha aperto la strada alle “solite” truffe dei soliti rapaci. Per tale motivo è stato necessario creare una serie di ostacoli che rischiano di gettare sul lastrico professionisti e imprese oneste che avevano scommesso onestamente sulle nuove opportunità e sull’innovazione.

Oggi abbiamo svariati miliardi di euro da spendere grazie al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) eppure, non c’è un solo progetto che si prefigga di attuare interventi strutturali per mitigare la penuria e lo spreco di una risorsa primaria qual è l’acqua.

Il poco tempo a disposizione per rispondere ai bandi internazionali ha indotto le amministrazioni pubbliche a riproporre vecchi progetti – già semi-pronti – che giacevano in un cassetto in attesa della manna dal cielo. È comprensibile, soprattutto per quelle amministrazioni locali che non hanno in organico tecnici capaci di produrre progetti innovativi e di respiro internazionale. Però, che tristezza!

Siamo davvero destinati a smettere di sognare e ad abituarci alla nostra scomparsa?

Il "Domenicale News" fondato e diretto da Pasquale D'Anna nel 2011, nasce dall'idea e dai bisogni di un gruppo di persone che attraverso il giornale e l'Associazione culturale Kasauri, editrice dello stesso, concretizzano la voglia e l'aspirazione di un desiderio di informazione libera, indipendente e generalista. Resta immutata la volontà di rivolgerci ad un pubblico che dalle idee è incuriosito perchè "Il Domenicale" è soprattutto frutto di una idea.