Ucraina – Russia : La guerra in Europa e gli interessi economici, politici e commerciali

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di Pasquale Lucchese

Ci sono date che entrano di diritto nella Storia. Ci entrano dalla porta principale della Storia. Il 24 febbraio 2022 è una di queste. Uno stato sovrano, la Russia, invade un altro stato sovrano, l’Ucraina. A “due passi” da casa nostra. Dentro casa nostra! In Europa.

Certo non è il primo conflitto che sconvolge il vecchio continente dopo la seconda guerra mondiale. La Jugoslavia è stata teatro di genocidi e bombardamenti nell’ultimo squarcio di millennio scorso (1991-1999). Eppure non ci fu un’invasione a danno di una forza straniera, e soprattutto non si ebbe mai la sensazione che la situazione potesse degenerare. La violenza e l’odio etnico-religioso divamparono tanto da rendere necessario un massiccio (e controverso) intervento della Nato, ma mai si ipotizzò una terza guerra mondiale. Né si paventò un’opzione nucleare.

Era un altro mondo. Un mondo che da bipolare si scopriva unipolare. La guerra fredda conclusasi senza un “face to face” diretto e “caldo”, aveva sentenziato: l’Urss, dissoltasi nel 1991 con la Russia che ne riceveva il testimone, sconfitta e gli Usa, con i suoi satelliti europei e il suo sistema capitalistico, vittoriosi e “padroni” del mondo.

Nelle macerie di quella che fu l’Urss e dell’intero blocco comunista il primissimo germe di quanto stiamo vedendo e vivendo oggi. Un antipasto rapido e fortunatamente meno cruento lo abbiamo avuto nel 2008 con l’intervento russo in Georgia. Una ex repubblica socialista sovietica, indipendente dal 1991, rivendicava il suo diritto di difendere i propri confini (anche quelli a maggioranza russofili) e di scegliere leader che strizzavano l’occhio all’occidente. Dal canto suo, una Russia ripresasi almeno in parte dallo shock della frammentazione sovietica e con un rampante Putin alla guida del paese da otto anni, rivendicava il suo “diritto e privilegio” di essere e sentirsi una potenza. E come tale di tenere lungo i propri confini nazioni amiche, governate da leader malleabili e/o quanto meno non ostili. Senza dimenticare i dieci anni (1999-2009) di sanguinosi scontri, attentati e violenze in Cecenia, repubblica caucasica a maggioranza musulmana. Questione di politica interna si potrebbe dire.

L’allargamento della Nato a est, scelta azzardata, controproducente e che ha irritato l’orso. Certo, all’indomani del 1991, gli Usa avevano promesso (a parole) che il Patto Atlantico non avrebbe oltrepassato la cortina di ferro oramai arrugginita. Giova tuttavia ricordare quanto l’adesione non sia (stata) scelta unilaterale e solo occidentale. Chi aveva sùbito e patito mezzo secolo di influenza sovietica, leggasi Polonia, Romania, Cechia, Slovacchia, Ungheria e leggasi in grassetto Estonia, Lettonia e Lituania , le tre repubbliche baltiche che erano state parte integrante dell’Urss, volevano la Nato, volevano l’ombrello atlantico. Un ombrello che forse per noi occidentali “occidentali” aveva perso valenza, valore, significato. Non per i “nuovi occidentali e nuovi europei” che avevano fatto parte del “Patto di Varsavia”, corrispettivo sovietico e comunista della Nato. Non per una parte di Ucraina che guarda, storicamente e geograficamente, all’Europa, agli Usa, all’Occidente.

La data che resta e resterà nella Storia è 24 febbraio 2022 dicevamo. La Verità, che spesso non è “amica” della Storia (o di chi questa la detta e scrive), però è un’altra: questo conflitto ha origine otto anni prima. Nell’anno 2014 l’Ucraina, già soggetta a movimenti rivoluzionari anti-russi e filoeuropei (la rivoluzione arancione e pacifica del 2005) vive un suo momento cruciale. La Storia, in base a chi ne scrive il copione può avere ed ha letture diverse. Per gli occidentali nel 2014 quanto accade in Ucraina si chiama rivoluzione; per la Russia nel 2014 in Ucraina, paese in buona parte etnicamente e culturalmente slavo, vi è un golpe orchestrato da forze straniere.

Fatto sta che la situazione da quel momento precipita: la Crimea, penisola di strategica importanza commerciale (‘regalata’ da Kruschev, successore di Stalin alla guida dell’Urss, all’allora Repubblica Socialista Sovietica di Ucraina nel 1954) a stragrande maggioranza russa ma appartenente all’Ucraina, viene annessa unilateralmente alla “madre” Russia. Contemporaneamente la crisi tra i due paesi sempre meno “fratelli” continua nell’area orientale dell’Ucraina, laddove parte della popolazione russofila non gradisce questo avvicinamento netto e deciso all’Occidente e agli Usa. Divampa uno scontro armato tra l’esercito ucraino e i ribelli filorussi delle regioni separatiste del Donbass.

Sempre un conflitto, sempre qualcosa che ha un solo nome: guerra. E sempre in Europa. Ma noi occidentali “occidentali”, nonostante le sanzioni alla Russia fossero già in atto, ignoravamo o quasi la realtà.In fondo noi europei ci eravamo illusi di essere oramai immuni alla guerra. Una società civile convinta e speranzosa di non dover più fare ricorso “alla continuazione della politica con altri mezzi”. Ed invece la guerra è tornata prepotente e angosciante in tutta la sua virulenza dal 24 febbraio 2022. Tornata nella nostra quotidianità dopo i due anni di “guerra” alla pandemia. Aleggia la paura di un allargamento del conflitto su scala non solo territoriale, si materializza finanche l’incubo nucleare. In tv e nei media, dopo due anni dominati dalle virostar (che resistono e non mollano la presa) è la volta degli esperti di politica estera e di geopolitica. Lo scontro comunicativo segue la solita logica fatta di fazioni che non dialogano, non cercano il contraddittorio né una sintesi, ma solo di prevalere attraverso il trionfo della propria visione-verità dogmatica.

Non resta che provare a scavare in profondità per quanto possibile, tentare di avere un approccio il più possibile equidistante ed oggettivo. Comprendendo che in politica-geopolitica non ci sono buoni o cattivi, ci sono interessi economici, politici, commerciali, territoriali. Sperando che questi, i vari interessi nazionali, possano tornare a coincidere quanto basta per un cessate il fuoco e per un ripristino della pace. Carl von Clausewitz ha ragione: ma è anche vero che la guerra è UNA delle opzioni politiche, non L’unica, ed è certamente quella da evitare.

Nato 43 anni fa a Napoli, da sempre residente a Casoria. Laureato in Storia alla Federico II, militante politico, impegnato nel mondo dell'associazionismo e del volontariato. Oltre alla storia, e alla politica, l'altra passione è il calcio, in particolare il Napoli. Il colore preferito è, ovviamente, l'Azzurro!