Uèè tr’moun, viaggio semiserio nel colorito gergo “made in Puglia”

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di Mimmo Verrigni

Ieri ero in giro per le vie della mia città a sbrigare certi affari con amici quando, mi sono imbattuto in un gruppetto di adolescenti che litigavano animatamente fra loro, fortunatamente solo in forma verbale, uno di questi rivolgendosi ad un altro componente del gruppo lo ha apostrofato con un epiteto in lingua dialettale: «Uèè tr’moun a viend».

Mi sono avvicinato a quel ragazzotto e incuriosito e affascinato dall’uso di quel epiteto dialettale antico, gli ho chiesto sorridendo:

«Scusa, sai cosa significa esattamente ciò che hai appena detto?»

Mi ha guardato stranito per la mia domanda, avrà pensato sicuramente: “E questo che vuole?” e, dopo un attimo di silenzio, rigorosamente in dialetto e anche un po’ infastidito mi ha risposto:

«Non lo so, so soltanto che lui è un trimone!»

Provo a tradurre e spiegare per coloro che non conoscono il dialetto tranese, le nostre terminologie e ancor meno, hanno a che fare con il modo colorito e diretto che noi terroni meridionali abbiamo per esprimerci e rendere reale ogni nostra affermazione.

Tr’moun, che tradotto in lingua italiana diventa: “trimone”, da non confondere con “timone”, quello è lo strumento utile a governare la direzione delle imbarcazioni, “trimone” invece, è il termine per descrivere l’atto dell’autoerotismo maschile che da noi viene attribuito generalmente agli esseri umani privi di vitalità e spirito di intraprendenza e iniziativa, a quelli un po’ statici per usare un eufemismo elegante.

Per evidenziare ancor di più il concetto di staticità dell’individuo in oggetto, al termine “trimone” solitamente si accosta il rafforzativo: “a viend” la cui traduzione letteraria in italiano è: “a vento”. Il motivo per il quale si aggiunge il rafforzativo “a vento” sta nel voler sottolineare la totale incapacità dell’individuo apostrofato persino nello svolgere un compito così naturale e spontaneo per cui, ha la necessità di affidarsi a probabili folate di vento che aiutino il movimento della propria mano al fine di portare a compimento l’atto intrapreso.

Avrei voluto spiegare tutto questo a lui e ai suoi amichetti, ma li ho guardati in faccia uno per uno e mi sono reso conto che non meritavano, da parte mia, questa piccola lezione etimologica e di vita, erano solo quattro piccoli “trimoni a vento”.

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