Caino e Abele

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di Claude De Bray

Non ho nessuna intenzione di adeguarmi, conformarmi, piegarmi a questo tempo.

Non mi appartiene, il più delle volte ho un rigurgito, il fetore nauseabondo di marciume e carne morta non la sopporto, a mala pena tollero il mio di fetore.

È tutto imperniato sul potere, sulla competizione; mai una volta che si parlasse di condivisione, anzi, dalla fondazione di questa repubblica già di per sé discutibile cantiamo l’inno…” fratelli d’Italia”.

Ma, fatta eccezione del primo ventennio, siamo più Caino e Abele.

Queste disuguaglianze sembrano anzi aumentare e la forbice non basta nemmeno più.

Ora siamo alle autonomie differenziate, come la munnezza, che in antitesi ai principi costituenti che determinano eguaglianza e pari diritti di ogni cittadino sono sempre più calpestati tanto da giungere alle “eco-balle”, non a caso ho scelto questo termine, di munnezza che spacciamo per sostenibilità e giustizia sociale che non sappiamo nemmeno più dove stipare tanto sono immense le fandonie che ci propinano.

Tutto per glorificare il potere che è oramai robetta di poco conto, ancor meno per noi comuni cittadini di questo stivale che si nutre di propaganda mediatica e qualche like sui social.

Oggi il potere è finanche sopravvalutato, desinato alla casta, che a sua volta si illude di aver raggiunto l’apice.

A noi restano le illusioni, una bella casa, la macchina, che diventano sempre più irraggiungibili come fossimo levrieri da cinodromo a cui mostriamo la lepre che puntualmente non si raggiunge mai.

Si gioca con il potere d’acquisto, l’inflazione, la recessione, con cui ci fanno sentire una illusione quasi a portata di mano, ma poi… ecco sopraggiungere l’imprevedibilità che vede allontanarsi il realizzarsi di un sogno e continuiamo ad avere l’illusione che forse, un giorno, questa illusione, sogno, diventi raggiungibile.

Da un balcone non molti anni fa c’era chi, aizzando la folla, il popolino, gridava: “ abbiamo il dominio dei cieli, del mare e della terra “, l’ennesima illusione.

Dunque, il potere è in subordine al dominio ed è questa la nuova frontiera; mentre noi ci accontentiamo di una illusione, altri bramano il potere anch’esso presto mera illusione.

Il dominio della mente è il vero traguardo a cui si aspira e non ci siamo lontani; robot, menti artificiali che sono in grado di comporre poesie, romanzi, poemi, come grandi sinfonie e musica e quadri e colori.

I social gestiscono già i nostri pensieri con algoritmi, per ora ancora imperfetti, che ben presto determineranno il domino assoluto che ci condurrà a conformarci non al potere.

Non sarà più il capitalismo a renderci schiavi senza catene, saranno algoritmi che subdolamente otterranno il dominio.

A gestirlo saranno ancor una minor parte di disumana umanità, sarà come aver scoperto la fusione che utilizzammo per compiere efferatezze senza eguali e non per evolvere l’umanità.

Non ci sto, spero di morire prima, non sarò come mi vogliono.

Continuerò, come ho fatto sempre nella vita, a commettere errori dei quali non mi pento e senza i quali non sarei diventato come sono, un essere umano.

Macchina imperfetta che a volte compie cose sbagliare per fare la cosa giusta, un uomo che ha provato ad amare senza regole, a volte barando, mentendo, altrimenti dove andrebbero a finire tutte le emozioni, tutti i sentimenti che riempiono anima e cuore.

Senza questa imperfezione non avrei sofferto e fatto soffrire perché anche questo fa parte della vita e non sarà mai un algoritmo a gestire le mie emozioni, ci potete scommettere.

Nato a Napoli non ho frequentato scuole degne di tale nome. Al compimento dei diciott’anni dopo il conseguimento del diploma sono subito stato assorbito dal lavoro soprattutto per motivi di sostentamento precludendomi la cosiddetta “Laura”. In compenso ho la laurea della strada, un master in sopravvivenza e vivo tutt’ora di espedienti. Amo leggere più che scrivere ed avendo raggiunto un’età che mi concede il lusso di dire ciò che penso non percorro strade che conducono al perbenismo bensì all’irriverenza. Non amo molto questo tempo e la conseguente umanità per cui sono definito un misantropo; ciò non toglie che la solitudine non precluda l’essere socievole e come tutti i solitari le persone le scelgo; il resto le guardo da lontano, senza avvicinarmi troppo. Se è vero che ogni mattina ognuno di noi fa una guerra per combattere il razzista, il moralista, il saccente che vive in noi, non ho alcun interesse nello scoprire che qualcuno questa guerra l’abbia persa e dunque la evito. Il resto sono cazzi miei e non ho intenzione di dirvi altro altrimenti, come Sanguineti, dovrei lasciarvi cinque parole che vi assicuro non vi piacerebbero.