Dolore dell’anima: riconoscerlo e superarlo

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di Christian Sanna

Democrito afferma che il  perseguimento dell’euthymìa, ossia della serenità dell’animo può rappresentare una valida cura del dolore. Con Platone il dolore ha anche un origine morale dall’anima che ha sede nel cuore di chi viene punito, colpevole di non aver frequentato la verità, così attraverso la sofferenza l’individuo può riscattarsi e riappropriarsi del bene.  Per lo stoicismo il dolore è un nostro atteggiamento che assumiamo di fronte alle cose che non dipendono da noi, mentre per Schopenhauer il dolore è rappresentato dal bisogno e dal desiderio non appagato, ma quando il desiderio trova l’appagamento si rischia di restare presi dentro la rete di un circolo vizioso poichè subentra la noia, quindi la vita è un continuo alternarsi fra dolore e noia. 

Nel cristianesimo sembra esserci una venerazione del dolore, ma con l’accettazione della croce da parte di Cristo e la mortificazione del corpo, tutta quella sofferenza fisica e morale andrebbe interpretata a parer mio in altro modo, non come venerazione del dolore da parte del cristiano che invece dovrebbe leggere il sacrificio di Cristo come il più alto atto d’amore verso gli altri. Senza amore, sofferenza e morte perdono di valore.

Il dolore è un sintomo oggettivo e reale, ma gli stati d’animo possono fare la differenza; paura, ansia e disagio rischiano di aumentare l’intensità del dolore, mentre un atteggiamento più positivo e propositivo tende a ridurne la percezione. Quindi si può affermare che lo stato psicologico derivante anche da traumatiche esperienze trascorse, momenti difficili e delusioni, fattori culturali e sociali possono correre in soccorso del dolore e rafforzarlo.

A volte, il pensiero del dolore fa più male del dolore stesso.  Nel pensiero di Jiddu Krishnamurti il dolore non è un fenomeno osservato dove io sono l’osservatore che lo subisce; fra me e il dolore non c’è dualismo e non c’è distanza, il dolore sono io ed io sono il dolore quindi lo accolgo, lo scruto, lo accetto e lo lascio andare. In fondo, il dolore non è diverso da colui che soffre. La persona che soffre vuole scappare via, fuggire, fare ogni sorta di cose. Ma se contemplate il dolore come si contempla un bambino, un bel bambino, se lo tenete stretto, e non gli sfuggite mai, a questo punto vedrete da soli, se veramente guardate a fondo, che il dolore cessa. E con la fine del dolore c’è la passione; non il desiderio, non l’eccitazione dei sensi, ma la passione.

Fino al Medioevo i pittori raffiguravano soggetti rassegnati alla sofferenza, mentre verso la seconda metà dell’ottocento nel periodo romantico emergono sfumature del dolore quali il dolore interiore, il mal di vivere e la malinconia, basti pensare all’afflizione dell’anima e al disagio interiore che caratterizzano le opere Vincent Van Gogh. Nel dipinto Campo di grano con volo di corvi , gli elementi presenti hanno un significato molto preciso; i corvi presagio di malaugurio e di morte simboleggiano i tormenti dell’olandese e che dire di un altro emblema della sofferenza in arte a firma del norvegese Edvard Munch. Il suo dipinto più famoso Il grido è un grido di dolore e disperazione dove viene raffigurata una figura colta da un momento di terrore e sconforto.

Il dolore è una esperienza complessa che non si limita esclusivamente alla reazione dovuta ad una sollecitazione, non è un banalmente un riflesso automatico ad uno stimolo ma un contenitore dove ci stanno dentro fattori emotivi, cognitivi e biologici. Leggi Esopo e ci trovi che considera i dolori veri e propri insegnamenti, mentre fra le parole della Merini si può trovare che Il dolore non è altro che la sorpresa di non conoscerci. William Shakespeare, in Macbeth, invita a dare parole al vostro dolore; il dolore che non parla sussurra al cuore troppo gonfio e lo invita a spezzarsi.

In conclusione, non si possono prendere le distanze dal dolore poichè significherebbe rinunciare alla condizione umana, quindi non si può ignorarlo o far finta di niente, ma seppur con mille difficoltà, è conveniente accoglierlo, guardarlo in faccia, conviverci non vedendolo come altro da sè perchè il dolore sono io ed io sono il dolore. Però, bisogna fare in modo che il pensiero del dolore, la paura di stare male e di soffrire non prendano il sopravvento. Ed allora via i brutti pensieri e dentro quelli positivi, perchè la vita domanda gioia e chiede semplicemente d’essere vissuta senza preconcetti, tentennamenti e paure.

Provo a descrivermi in una frase, ma è un pò come rinchiudere il mare in un bicchiere. Allora potrei definirmi "Un solitudinista visionario animale sociale ed un cercatore di spiritualità, tutto occhi ed inquietudine, perdutamente innamorato dell'Idea che non è ancora riuscito ad afferrare, col cuore di cristallo. Fregato dai sentimenti". Ritengo superfluo aggiungere i titoli di studio conseguiti, i lavori svolti, gli eventi culturali organizzati e presentati, gli impegni nella politica e nel sociale. E se a qualcuno sta balenando in mente l'idea ( sbagliata) che io possa essere un insopportabile presuntuoso, sappia che è appena caduto nella rete che ho preparato. Io voglio che a parlare per me siano gli articoli; i lettori più attenti ci troveranno frammenti d'anima.