Fenomenologia di Sebastiani Amedeo, in arte Amadeus. Ama per gli amici

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di Pasquale Di Fenzo

Un buon presentatore per essere apprezzato, oltre a saper presentare, non deve praticamente sapere fare niente. O meglio: non deve essere bravo in nulla di particolare. Cosa sa fare Pippo Baudo? E cosa sapeva fare Mike Bongiorno? Fatta eccezione per Corrado, che riusciva a trasmettere qualcosa solo con la mimica facciale, e al quale forse, il solo Bonolis, pur restandone a distanze astronomiche, si avvicina un poco.

Gli altri non sapevano cantare, o ballare, e forse nemmeno recitare. Altro discorso per le donne presentatrici. La Carrà su tutte, cui si chiedeva di ballare, cantare e pure recitare. E, scusatemi se è poco, lo fece al fianco di Frank Sinatra! Ma anche questo è un altro discorso. Mike Bongiorno, che rappresenta il vertice irraggiungibile della categoria, sublimava la mediocrità, come scrisse di lui Umberto Eco, al quale ignobilmente mi sono ispirato per queste mie considerazioni. Oggi gli eredi di questi colossi sono indubitabilmente Carlo Conti e, per l’appunto, Amadeus.

Come vedremo, le loro carriere si sono spesso incrociate, ma mai contrapposte. Anzi. Il primo fa parte della schiatta dei toscanacci, assieme ai vari Pieraccioni, Panariello e Ceccarini. Grandi amici, rimasti tali nel tempo, anche perché non si sono mai pestati i piedi. Panariello cominciò con le imitazioni, Pieraccioni si diede al cinema, e Ceccarini, dall’alto della sua follia artistica, poteva spaziare ovunque. E Carlo Conti? Non poteva che fare il presentatore. Nessuno di loro era in concorrenza con glia altri. Mettici pure la comune fede calcistica viola, ed il gioco della eterna amicizia è bello e fatto. Di contro, “I ragazzi di C.C.” (Claudio Cecchetto), con Fiorello, Max Pezzali, Nicola Savino e, appunto, Amadeus, guarda caso anche loro legati dalla comune fede calcistica, e nessuno in concorrenza diretta con gli altri: Fiorello sa fare praticamente tutto, Pezzali si diede alla musica leggera, Savino bravissimo nelle imitazioni.

E Amadeus? Poteva fare solo il presentatore. E si badi bene, sia per Conti che per Ama, questa non è una diminutio, ma semmai un’aggiunta alla loro bravura. E’ facile fare il cantante se madre natura ti ha dotato di una bella voce, oppure della capacità di imitare qualcuno. Non potendoli identificare diversamente, di loro si dice che siano dei “grandi professionisti”. Ma pure un geometra del catasto, un ragioniere di banca o un maestro delle elementari, deve essere almeno un “buon professionista”. “Il bravo presentatore” (invenzione del genio “arboriano”), deve avere l’intelligenza di non voler mai prevaricare l’ospite di turno, deve farsi da lui maltrattare al limite della ridicolaggine.

Ve le ricordate le vessazioni che subiva Pippo Baudo da parte di Benigni? E qua entra in gioco un’altra virtù che sia Conti che Amadeus hanno: l’umiltà. Anche quella di ammettere e capire gli errori fatti. Forse non tutti ricordano che Amadeus, partendo dalle seconde serate di Mediaset, tipo “Meteore”, arrivò al pre-serale di Rai1 con “L’eredità”, una trasmissione geniale nella sua semplicità. Ma in un delirio di onnipotenza, lasciò la Rai per riapprodare alle più remunerative sponde di Mediaset. Fu un errore clamoroso, perché inanellò una serie di insuccessi. Ma lui non si diede per vinto: ricominciò a fare quasi da tappezzeria nella trasmissione mattutina di Magalli, per poi, un passo alla volta, approdare di nuovo al “prime-time” di Rai1 con “I soliti ignoti”, una trasmissione che personalmente non sopportavo, così come non sopporto “Affari tuoi”, ma questo è un altro discorso ancora. Nel frattempo, Carlo Conti, che aveva preso il suo posto a “L’eredità”, iniziò la cavalcata che avrebbe portato anche lui a Sanremo prima ancora di Amadeus. Ma, forse, riconoscente della fortuna che gli era capitata quando si era liberato il posto a “L’eredità”, Carlo Conti volle l’amico-rivale al suo spettacolo “Tale e quali”, che contribuì al rilancio ufficiale di Amadeus, dove dimostrò doti fino ad allora nascoste di versatilità e soprattutto di intelligente auto-ironia: non sapeva imitare, non sapeva cantare, men che meno ballare, ma risultò di gran lunga il vincitore morale di quella edizione, tanto che poco dopo, fini dritto a Sanremo.

E anche qui diede prova della sua intelligente umiltà: resosi conto che quel Festival non decollava, non esitò, in corso d’opera, a chiamare l’amico di sempre Fiorello, che portò gli ascolti a livelli vertiginosi. Adesso “Mamma Rai” se lo coccola Giustamente. E altrettanto giustamente, intelligentemente e umilmente, lui riesce a strappare ingaggi milionari: Lassù qualcuno ti Ama! Per il momento. Ma siccome nessuno è perfetto neanche nella imperfezione, si è fatto strappare in diretta un accenno a “Bella ciao”. Coraggio o incoscienza, adesso che Mamma Rai è diventata Sorella Rai? Lo ha capito benissimo “La Sora Mara” che non esita a strappare il microfono a chi cerca di avventurarsi in terreni ritenuti paludosi. Bisogna adeguarsi! Come diceva Totò del ragioniere Casoria. A chi andrà la direzione artistica del prossimo Sanremo? Lo scopriremo solo vivendo. Per tutto il resto c’è sempre “La Nove”.

Pasquale Di Fenzo, PDF per gli amici, tifoso di Napoli prima che del Napoli. Non lesina critiche a Napoli e al Napoli, ma va “in freva” se qualcuno critica Napoli e il Napoli. Pensa di scrivere, ma il più delle volte sbarèa. L’obiettività è la sua dote migliore. Se il Napoli perde è colpa dell’arbitro. O della sfortuna. Sempre. Se vince lo ha meritato. Ha fatto sua una frase di Vujadin Boskov, apportando però una piccola aggiunta: “è rigore quando arbitro fischia, a favore del Napoli”. E’ ossessionato da Michu che, solo davanti alla porta del Bilbao passa la palla ad Hamsik invece di tirare in porta. Si sveglia di notte in un bagno di sudore gridando “Tira! Tira!”.