Intervista a Simona Molinari protagonista di El Pelusa e la Negra, un omaggio ed un racconto della straordinaria storia artistica e umana di Diego Armando Maradona e di Mercedes Sosa,

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di Maria Rusolo

Il 10 novembre nell’ambito della Rassegna Musicale del Teatro Partenio di Avellino, a cura del Teatro Pubblico Campano e con la direzione artistica de I Senzatempo arriva sulle tavole del palcoscenico un progetto di grande impatto emotivo: El Pelusa e la Negra, un omaggio ed un racconto della straordinaria storia artistica e umana di Diego Armando Maradona e di Mercedes Sosa, a cura e con la partecipazione di Simona Molinari e di Cosimo Damiano Damato. Accanto a loro degli straordinari musicisti: Pietro Agosti, Gianni Iorio, Egidio Marchitelli e Mimmo Campanale.
Insieme daranno vita ad un racconto corale di una terra che è la terra con le sue contraddizioni, i suoi limiti, le sue difficoltà, ma anche e soprattutto con la sua grande forza e resistenza.
Ho pensato fosse interessante scambiare qualche battuta con la protagonista dello Spettacolo, Simona Molinari, artista di grande spessore, dalla voce particolare e melodiosa che ha davvero nel proprio cammino compiuto scelte mai banali e soprattutto non omologate a quello che è il panorama culturale e musicale del nostro Paese. A voi il giudizio su questa chiacchierata e buona lettura.
Il sei novembre esce il suo ultimo lavoro Hasta Mercedes Siempre, dedicato alla straordinaria interprete Mercedes Sosa come nasce questa sua passione e soprattutto come nasce l’accostamento con el Pelusa, Diego Armando Maradona? Cosimo Damiano Damato mi aveva proposto di prendere parte allo spettacolo che nasce dalla narrazione sul palco della storia di Maradona, protagonista del suo ultimo libro, mi è sembrato che oltre ad arricchire lo spazio ed il tempo solo di brani fosse importante trovare e dare la possibilità ad una voce femminile di narrare la propria storia e la propria vita. Non conoscevo bene lo straordinario cammino di Mercedes, ma ho cominciato a studiarne il vissuto, le origini, le parole, la determinazione ed allora ho proposto a Cosimo di inserirla come altra voce all’interno di questo racconto. Di qui nasce questo accostamento di storie che seppure diverse hanno tanti punti di contatto.
In effetti entrambi seppure attraverso strumenti differenti hanno lasciato un segno nella cultura, Maradona non è stato solo la divinità del mondo del calcio e non è stato solo l’imputato, Mercedes non è stata solo l’artista, pensa che sia importante la rappresentazione dei vissuti di questi personaggi all’interno del Teatro e quale è la finalità di questo tipo di narrazione?
Gli artisti raggiungono ad un certo punto della propria vita un momento in cui sentono il bisogno di comunicare altro, di usare le proprie doti come strumento e mezzo di divulgazione e di ricerca. Giunta a questa fase della mia carriera sentivo l’esigenza di parlare di qualcosa che potesse lasciare un segno, di incidere in maniera positiva sulle future generazioni, prendendo spunto dall’opera e dalla vita di chi si era battuto per l’affermazione di diritti per gli ultimi, i fragili, per il riconoscimento dei diritti civili e per i diritti delle donne.
E’ una grande responsabilità in un momento storico così complesso e soprattutto va aldilà di quello che oggi viene diffuso anche nella cultura, la gente ascolta musica commerciale e tutto si consuma velocemente, sentite come interpreti ed autori, il peso di una scelta di questo tipo? Assolutamente si e lo facciamo con piena consapevolezza e con la volontà di difendere e diffondere il più possibile un messaggio autentico e di speranza. Quello che vogliamo raccontare sono le vite di un uomo e di una donna, sotto molti aspetti diverse ed uguali a quelle di tanti altri, che grazie al proprio coraggio ed al proprio talento sono riuscite a trasformare la propria esistenza in qualcosa di più grande della semplice realizzazione di se stessi. Hanno capito e si sono impegnati, cercando di capovolgere un sistema  oppressivo, senza preoccuparsi delle conseguenze. Maradona ha rappresentato la rinascita per Napoli e non è mai stato solo un calciatore e Mercedes ha fatto lo stesso molto aldilà dei confini nazionali e delle sue origini.
Sta per uscire il suo album omaggio a Mercedes Sosa “Hasta Mercedes Siempre”, è contenta del risultato ed ha coinvolto altre voci ed artisti in questo progetto? Si, volevo che ci fosse una traccia di questo mio amore per Mercedes, e che potesse essere conosciuta il più possibile, per cui ho messo a disposizione la mia voce come cassa di risonanza del suo messaggio. Ci sono nell’album dei duetti con Tosca, Paolo Fresu e Bungaro, artisti di sensibilità e di impegno che ringrazio per il loro contributo.
Le faccio un’ultima domanda ringraziandola per la bella chiacchierata, molti teatri oggi sono in notevole difficoltà e lo è il sistema cultura in generale, ritiene che un progetto di questo tipo potrebbe avere accoglienza nelle scuole superiori? La scuola e la formazione dei giovani sono di fondamentale importanza ed utilizzare anche il teatro e la musica per consentire loro di comprendere che si può lottare e che esistono persone che lo hanno fatto, con mezzi diversi, rischiando la propria vita sarebbe davvero bellissimo.”
Chiudo questa mia intervista, che spero sia la prima di tante altre con una frase di Mercedes Sosa: “La cosa peggiore che può succedere ad una persona è non credere a nulla. Chi non crede in niente diventa straniero della vita.”

Nasco in un piccolo paese della provincia di Avellino, con il sogno di girare il mondo e di fare la giornalista, sullo stile della Fallaci. Completamente immersa, sin dalla più tenera età nei libri e nella musica, ma mai musona o distante dagli altri. Sempre con una battaglia da combattere, sempre con l’insolenza nella risposta verso gli adulti o verso chi in qualche modo pensasse che le regole non potessero essere afferrate tra le dita e cambiate. Ho sempre avuto la Provincia nel cuore, ma l’ho sempre vissuta come un limite, una sorta di casa delle bambole troppo stretta, per chi non voleva conformarsi a quello che gli altri avevano già deciso io fossi o facessi. Decido di frequentare Giurisprudenza, con il sogno della Magistratura, invaghita del mito di Mani Pulite, ma la nostra terra è troppo complicata, per non imparare presto ad essere flessibile anche con i sogni e le speranze, per cui divento avvocato con una specializzazione in diritto del lavoro prima e diritto di famiglia poi, ma anomala anche nella professione e mal amalgamata alla casta degli avvocati della mia città. La politica e la cultura , i cuori pulsanti della mia esistenza, perché in un mondo che gira al contrario non posso rinunciare a dire la mia e a piantare semi di bellezza. Scrivo per diletto e per bisogno, con la speranza che prima o poi quei semi possano diventare alberi.