di Elio Goka
Più il tempo, le esperienze e una fragile forma di maturità mi hanno avvicinato alla poesia di Pier Paolo Pasolini, più questo avvicinamento ha comportato inquietudini e scoperte. Più l’intima vicinanza si faceva insistente, più si faceva frequente la spinta della domanda che spesso accompagna la lettura e lo studio dei suoi versi. La sua attualità.
Quanto è attuale Pasolini? Oggi quanto dei suoi scritti può essere ancora adoperato? Quanto sopravvive di lui e quanto è destinato a restare perduto tra smarrimenti e dimenticatoi? Mille domande in mille forme perseguitano la letteratura di Pasolini in una misura di certo più sensibile e cauta di quanto faccia e abbia fatto la persecuzione intorno alla sua irrisolta e tragica fine. Il ricordo dell’uomo vaga tra l’oblio di avventate e pruriginose teorie e il rispetto di chi si domanda perché e come sia potuto avvenire, contenendo con pudica riservatezza il dolore a distanza per una morte così atroce e per tutti gli interrogativi che essa si porta dietro. La sua letteratura, invece, da una parte è in pasto al cortigianato che ne compie un superficiale e avventato utilizzo (un uso e consumo), dall’altra è a cura di chi le rivolge uno sguardo accorto e prudente, libero e incantato. Come, forse, si conviene per la poesia.
Perché questa introduzione, mi auguro non troppo avventurosa, a uno spettacolo teatrale? Spontaneamente, per omaggiarne lo scopo più nobile che ho percepito mentre vi assistevo (al Mercadante di Napoli, in scena tra il 14 e il 25 febbraio). Pa’ di Marco Tullio Giordana, per l’interpretazione di Luigi Lo Cascio e la partecipazione di Sebastien Halnaut, è un montaggio poetico sulle intenzioni letterarie di uno scrittore. Ovviamente, sarebbe superfluo soffermarvisi, senza la pretesa di dettarne un codice o una lettura assoluta, bensì restituendone una ricostruzione secondo gli autori e gli interpreti. Drammaturgia, quasi interamente tracciata attraverso gli scritti poetici di Pasolini, regia, messa in scena, recitazioni, costumi, luci e scenografia convergono a rappresentare un’istantanea da osservare sia attraverso il verso cronologico che la fuga di una prospettiva che ne consegnano un carteggio tridimensionale.
La rappresentazione teatrale è la sequenza dei momenti e dei pensieri e la fuga verso l’orizzonte è la poesia di Pier Paolo Pasolini. Una lucida devozione porta in scena le voci, i suoni e le immagini di uno spartito che armonizza tanto l’amorevolezza verso il poeta quanto il dovere di esprimerne la visione della sua opera letteraria. E, questa è forse tra le pochissime norme condivisibili per chi vuole avvicinarsi a Pasolini, la poesia è la regola irrinunciabile per poterne comprendere idee e sensibilità. Pasolini mai nella sua carriera di autore ha rinunciato alla poesia. Un registro reso ancora più complesso dalla sua scrittura, perché successivamente in sfida costante attraverso le sue commistioni prosastiche. E questo, merito non da poco, nelle scelte di Giordana e nel raffinatissimo e notevolissimo sforzo attoriale di Luigi Lo Cascio emerge con potente espressività.
Il meccanismo di Pa’ è un campione temporale della poesia di Pasolini. E questo campione viene accuratamente, amaramente e dolcemente analizzato nelle sequenze poetiche che attraverso l’efficacia della scenografia si legano grazie allo sfondo panoramico di un’epoca che si rivela in tutti i suoi mutamenti. L’interno familiare dello scrittore, nella dolorosa e tenerissima oscillazione tra il ricordo del fratello Guido e la presenza indispensabile della madre, sbiadisce solo apparentemente per fare posto alle incursioni e alle contaminazioni della modernità tanto temuta quanto affrontata dalla scrittura di Pasolini.
Luigi Lo Cascio nel suo lavoro attoriale assume in maniera consustanziale la parola del poeta. Ogni movimento, ogni variazione della voce, ogni pausa configurano l’impianto di una rappresentazione in continua confessione di sé, laddove è proprio il movimento del corpo dell’attore, che va inteso nella sua totalità (voce e respiro compresi), a suggerire e rappresentare la corporeità della poesia di Pasolini.
Lo Cascio è nei panni di Pasolini non per imitazione o rappresentazione soggettiva, ma come organismo parlante che presta la voce al verbo del poeta. Voce che, inevitabilmente e volutamente, scorpora i versi delle composizioni scelte per farle riaffiorare in un’essenza letteraria che è il risultato di una ricerca, autoriale e attoriale, che si approssimi alle intenzioni di Pasolini stesso. Dalla scrittura di scena di Lo Cascio, a mio avviso vale la pena di utilizzare questa espressione, emerge un lavoro rivolto alla possibilità di dire quello che Pasolini avrebbe voluto dire. E non per imposizione o presunzione interpretativa. Semmai tutto il contrario. È proprio lo sforzo portato in scena dall’attore, sostenuto e a sostegno di una messinscena che è polifonica, a scagionarsi da ogni forma di presunzione, perché tutto l’impianto si mette al servizio della parola del poeta.
Un’operazione che custodisce e al tempo stesso esprime l’essenza del teatro. Il grande teatro allea gli elementi scelti da chi lo pratica in nome della rappresentazione e mai per una delle immagini che la compongono. E, soprattutto, in Pa’ si avverte la funzione della rappresentazione di una parola, nel caso quella di un poeta, con una forza evocativa che si relaziona col tempo storico e con l’interiorità del poeta stesso. E uno specchio opaco e luminosissimo riflette le immagini di generazioni che si sono interrogate, si interrogano e probabilmente ancora si interrogheranno sull’attualità della poesia di Pier Paolo Pasolini. Nel dubbio che l’interrogativo nasconda, in realtà, la fuga da una responsabilità civile e letteraria. È sempre giusto chiedersi se la letteratura di un poeta e se la sua poesia siano da considerarsi attuali o meno, oppure se a processarsi in questa dignità, o indegnità, non siano proprio le generazioni che se lo chiedono? Un interrogativo imperfetto. Pa’ lo dice in maniera perfetta.
PA’
drammaturgia Marco Tullio Giordana, Luigi Lo Cascio
da testi di Pier Paolo Pasolini
regia Marco Tullio Giordana
con Luigi Lo Cascio
e la partecipazione di Sebastien Halnaut
scene e disegno luci Giovanni Carluccio
costumi Francesca Livia Sartori
musiche Andrea Rocca
aiuto regia Luca Bargagna
foto e video Serena Pea
produzione TSV – Teatro Nazionale